Verrà presentato a Palermo, il prossimo 19 novembre (ore 17.30) presso la «Biblioteca Centrale della Regione Siciliana», il volume «L’Isola furba – Indicazioni e controindicazioni sulla Sicilia» di Fabrizio Fonte. In questo nuovo saggio l’Autore, da profondo conoscitore della Sicilia e della sicilianità, conduce il lettore in un affascinante viaggio tra le pieghe più o meno note della storia recente dell’Isola, facendo emergere, in tutta la loro essenza, le aggrovigliate contraddizioni sociali ed economiche che da sempre la caratterizzano. D’altra parte la Terra di Sicilia, nel corso del tempo, ha saputo, da un lato, generare un tessuto sociale, produttivo e culturale, grazie alla presenza di numerose eccellenze, anche di ottimo livello, e dall’altro, invece, ha consapevolmente tarpato le ali ad uno sviluppo diffuso tra la sua popolazione, relegandola ancora oggi, per i bassi livelli di qualità della vita, tra le ultime regioni d’Europa. C’è da dire che in passato in diversi hanno idealmente già provato a fotografare l’Isola tra le sue luci e le sue ombre. Su tutti va certamente ricordato Gesualdo Bufalino, che arrivò addirittura a coniare il neologismo di «isolitudine», che rappresenta in genere per i siciliani quel sentirsi «isole nell’Isola» e Fabrizio Fonte, già a partire dal titolo, prende spunto proprio dalle riflessioni del celebre maestro-scrittore di Comiso, che, tra assoluzioni e condanne, individua tra le sue «cento Sicilie» anche una «sperta», cioè furba. Di norma, per l’Autore, a mettere in campo questa presunta furbizia sono gli onnipresenti «centri decisionali del potere», che sono oltretutto, molto spesso, in stretto contatto con la criminalità organizzata, che non si può negare che goda ancora, in particolare in alcune province, di un ampio consenso sociale, continuando a stringere nel “silenzio”, con taluni apparati pubblici, accordi affaristici e condizionandone, chiaramente, la gestione a proprio favore. Tuttavia, in questo quadro a tinte fosche, Fabrizio Fonte intravede una luce in fondo al tunnel, che però è indifferibilmente legata ad una «rivoluzione culturale» che i siciliani, e su tutti le nuove generazioni, devono porre in essere per poter legittimamente auspicare ad un vero, quanto concreto, riscatto dell’Isola, puntando magari, seriamente, sulle proprie «materie prime». A partire, ad esempio, dagli stessi beni culturali ampiamente diffusi sull’intero territorio e che potrebbero fungere da veri e propri attrattori economici, al fine di realizzare, attorno ad essi, una redditizia filiera che consenta al turista/visitatore di ricondurre, dopo aver fruito di servizi degni di questo nome, nei suoi luoghi di origine l’affascinante narrazione di un’Isola che è, per antonomasia, la culla delle civiltà del Mediterraneo.