Salah

Quando Salah si accorse del dolore alle dita del piede destro, si tolse la scarpa e la calza che non levava da tempo, vide che l’alluce e le dita vicine erano nere come di sangue raggrumato e non potè distinguerne la puzza.

Salah era venuto dalle zone desertiche a sud del Marocco, trovando, con altri, riparo dalle notti fredde, e dai giorni interminabili passati a temere le notti fredde in arrivo, nel capannone abbandonato della zona industriale della città, dalle travi e pavimenti inzuppati d’acqua e dalla carpenteria metallica mangiata dalla ruggine.

Il medico di base assegnatogli dal CSTP di via Vernieri gli prescrisse un lavaggio con acqua tiepida e con certa polverina bianca da diluirvi.

Salah non trovò nessun sollievo ma distinse bene il cattivo odore che proveniva da quel sangue raggrumito.

Il suo medico di base non ci capì nulla finchè non accompagnai Salah nel reparto di chirurgia del più vicino ospedale.

Fino ad allora Salah non sapeva che quelle dita annerite andavano estirpate, tagliate.

Fu così che chirurgicamente i medici gli tolsero la cancrena insieme con le falangi di ben tre dita.

Ma la chirurgia e il taglio delle dita marce non intaccavano la causa della cancrena.

Tornammo al centro di eccellenza ospedaliero dove lo ricoverarono nel reparto di chirurgia vascolare.

Le sue vene furono passate al setaccio dalle più avanzate tecnologie mediche.

In un angolo remoto di quelle vene le tecnologie di quel centro di eccellenza non arrivavano e ci mandarono a Benevento.

A Benevento furono precisi, il sangue di Salah arrivava al piede senza ossigeno, una clinica a metà strada con Avellino avrebbe risolto il caso.

Bisognava essere alla accettazione alle 7 del mattino presto e così Salah quella notte dormi nel dormitorio attrezzato di Via Luigi Guercio ed alle 5 era pronto per il viaggio.

Alle sette eravamo alla accettazione della clinica. In due giorni di ricovero gli sturarono le vene della gamba, proprio come per un intervento idraulico. Con una sonda che gli percorse tutta la vena della gamba gli sturarono le vene ed il sangue potè defluire ricco del suo ossigeno.

Salah mi disse che aveva sentito quel sangue caldo scendere per tutta la gamba.

Salah scampò una setticemia e sopravvisse.

Per tutto quel tempo la luce di Allah splendeva sulle nostre teste disponendo del cuore degli uomini, di medici, infermieri, impiegati di amministrazione che col cuore nelle mani di Allah favorivano ogni cosa.

Ma era me che Salah non sapeva come ringraziare.

 Io gli risposi con la saggezza suggeritami forse da Allah:

–       In questo modo potrai sdebitarti, mettendoti nelle condizioni di aiutare un altro come io ho aiutato te.

Non dissi aiutando un altro, e Salah capì e sorrise.

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