Omne initium grave. Parte II

I racconti di Nicola Quagliata

2° Capitolo

…Ma se proprio doveva essere un segreto di Stato allora lo dovevano pagare. Andava da solo? Si faceva pagare per due. L’aumentare della furia del vento e della pioggia gli impedì di pensare ad altro che a quello che stava facendo, doveva stare concentrato su quello che faceva e non distrarsi. La pioggia ad ondate si mischiava a nevischio e si attaccava alla spazzola del tergicristallo, la giornata si avvolgeva nella nebbia scura, densa e bagnata, e si capiva perché gli alberi si facevano trovare coi soli rami rinsecchiti e senza foglie, il vento passava e trovava solo i rami e niente da abbattere, così i fichi ed i mandorli, i noci ed i gelsi, i melograni, i pomi,  i cotogni, i loti, i sorbi, i peri, le viti ed i pioppi, tutti perdevano le foglie per non lasciarsi sradicare e portare via dal vento, e l’ulivo si abbarbicava al terreno ed alle rocce e si manteneva basso .

A casa arrivò che era già buio da un po’, lavò le mani e gli occhi, con acqua fredda, ed a tavola cenò pasta asciutta con salsa di bottiglia ed aggiunta di stratto che gli dava un sapore intenso, mangiò un uovo sodo e bevve un bicchiere di vino, senza dire molte parole, ma sua moglie c’era abituata, ed anche lei non era di molte parole. Finalmente disse che si metteva sulla sdraio e che se si fosse addormentato prima delle dieci lo doveva svegliare che aveva un appuntamento ed un viaggio da fare col camioncino durante la notte. La moglie fu contenta intanto per il lavoro, ma fu titubante con la nottata di tempesta che avevano davanti.

– Lontano devi andare? Se lavori tutta la notte allora vuol dire che vai lontano….

– Un viaggio del comune, a Castelvedere, sono soldi sicuri e non si tratta di un carico, forse devo trasportare una persona, mi hanno pure detto che il comune non vuole che si sappia, figurati che non hanno nemmeno voluto che portassi con me l’Attuppateddru, perché dicono che lanza tutti cosi.

La moglie era contenta che il lavoro fosse per il comune, si trattava di soldi sicuri, e pure pagato bene:

– e chi è questa persona che devi trasportare?

– Anna nunsacciu nemmeno se devo trasportare una persona e tu vuoi sapere come si chiama? È una ipotesi che faccio io, ma non è detto…

– Sai che ti dico? Essendo per il comune il trasporto, se non è una persona allora sono incartamenti, carte comunali…

– È vero, hai ragione, non ci avevo pensato.Ma ora lasciami stare che vado a riposare, chiamami prima delle dieci, e non farmi svegliare dai picciriddi.

Peppe aveva cinque figli, la più grande una femmina che era già in grado di aiutare sua madre, e si era detto che non ne avrebbero più fatti venire, anche a costo di abortire; la moglie era in parte d’accordo, ma non amava parlarne, dire che non voleva più figli per lei era come volere anche dire che avrebbe fatto a meno di quelli che già aveva? E la sola idea la faceva star male e torcere le budella, ed a lei sembrava che se ne parlasse come di una mucca o di una pecora, e si stabiliva se farla accoppiare o no, insomma per interessi. La stanchezza della giornata fece addormentare immediatamente Peppe, ed il vino che aveva bevuto, non molto per la verità, lo fece anche russare, ed alla moglie non le bastava il cuore di svegliarlo quando si avvicinarono le dieci. Peppe aveva già tutto sul camion, prese solo le chiavi di avviamento e se ne uscì.

– Sta attento…gli disse la moglie mentre chiudeva la porta, poi entrò in casa, prese del pane di Sangiuseppe dell’anno prima, benedetto durante la messa il 19 marzo, ne spezzò un tozzo e dal portello, che si apriva nella porta, lo buttò fuori con delle implorazioni sacre per allontanare i fulmini ed il maltempo. Peppe alle 10 meno qualcosa partì col camioncino da casa sua, si districò tra le stradine che conosceva a memoria, ed arrivo in corso dei Mille, all’altezza della chiesa del Crocefisso.

Dalla strada si intravedeva appena il portale di marmo bianco della chiesa e sotto al portale, come incollato al portone la salma di un uomo che evidentemente si stava riparando dalla pioggia e dal vento freddo. Non lo riconosceva ma vide che si piegava a guardare nella sua direzione e siccome erano le dieci e non c’era nessun altro nei dintorni quello doveva essere l’uomo che lo aspettava per il viaggio. Lo vide venire barcollante verso il camioncino e si sbalordì un poco, quell’andatura strana non gli era estranea, era un’andatura del paese, di qualcuno del paese, ma non gli veniva in mente di chi si trattasse. L’uomo allungò il braccio in segno di chiamata, lo alzò e volteggiò per aria, e con la mano gli fece segno di andargli incontro, poi capendo che il camioncino non poteva salire gli scalini gli fece ancora segno di aspettare che lui lo raggiungeva e quando la sagoma al buio si intravide meglio perché raggiunta dai bagliori delle luci del camioncino riconobbe TuriddruCrozza, lucampusantaru, dalla faccia bianca che rifletteva la poca luce e dai pochi capelli chiari sulla testa, le dita e le mani lunghissime e sottili.

– Peppi.. Peppi, eusugnu,eu, un mi canusci? Ultimamente seppellivi tuo suocero, ti ricordi di mia? Quella tomba è sempre liscia, sempre pulita, un trovi un filo d’erba o un filo di cera. –

Lo riconobbe, certo che lo riconobbe, ma che ci faceva qua a quest’ora? Stentava a credere che la persona che doveva incontrare per il comune fosse proprio TuriddruCrozzalucampusantaru. Non vedeva alcun nesso con il viaggio ed il trasporto, e non poteva trattarsi di lui, di trasportare lui a Castelvedere. Ma quello, con andatura basculante si dirigeva deciso verso lo sportello del suo camioncino e questo gli fece comprendere con una certa sorpresa che era lui che lo aspettava per conto del comune.Ma perché? Dovette scendere per aprirgli lo sportello, da solo non ci riusciva, non trovava la maniglia e benediceva le tombe tutte del camposanto; gli aprì lo sportello e lo fece salire.Fece svelto il giro del cabinato e salì pure lui, ed una volta seduto alla guida salutò, e rimase in attesa che Crozza parlasse. Ma Crozza stava muto ed anzi ad un certo punto disse,

–       ma non parti?

– Parto? E dove andiamo?

– Ma come non lo sai dove dobbiamo andare?

A questo punto Peppe tirò un sospiro di sollievo, sapeva finalmente che doveva trasportare, anzi chi doveva trasportare, TuruddruluCampusantaruMa un velo di preoccupazione gli increspava la fronte.Che bisogno aveva lucampusantaru di essere trasportato di notte, in segreto a Castelvedere e con tanta prescia da non potere nemmeno aspettare che il maestrale andasse via? Qualcosa non andava nel ragionamento, mancava di certo qualcosa. Quando mise la prima per partire girò verso sinistra per andare sulla strada per Castelvedere, ma Turiddru lo bloccò:

– Peppi chi fai? Unni vai? Sull’altro lato si trova il cimitero!

Peppe bloccò confuso il camioncino in mezzo alla strada, tanto non c’era anima viva.

– Devi prendere qualcosa che hai dimenticato?

– Peppi, tu hai a pigghiari, ma mi pari chi nun sai nenti,… sai nenti?

Confuso Peppi ammise di non sapere niente.

– Lu comuni nenti ti dissi?

– Mi dissi chi avia a fari un trasporto, un viaggio di notte. – E nun ti dissi che trasporto?

– No!

– Emu a lu campu santu e lo saprai.

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