“Lo Stato sta lavorando” VIDEO

Mazara. Il prefetto Ricciardi ha incontrato i familiari dei pescatori tenuti prigionieri in Libia: “la vostra è legittima protesta, voi avete fatto conoscere al mondo questo vostro dramma

Tanti forse ma in mezzo ad una certezza, quella che lo Stato, il nostro Stato, si sta occupando della vicenda dei 18 marittimi mazaresi tenuti prigionieri in Libia, a Bengasi, dalle milizie del generale Haftar, oramai da oltre 100 giorni. Risale all’1 settembre il sequestro delle imbarcazioni sulle quali lavoravano, i motopesca Antartide e Medinea, fermati da motovedette libiche a 40 miglia da Bengasi. Acque internazionali per tutto il mondo, tranne che per i libici che le considerano proprie acque territoriali. In questi giorni la protesta dei familiari si è fatta più forte, vivace, non è mai trascesa in atti violenti, ma le voci, le loro voci, si sono fatte più forti, e non tanto per dire a sentire la voce oramai roca, quasi persa di tanti tra loro. Hanno protestato sotto la casa dei genitori del ministro della Giustizia Bonafede, mazarese di origine, hanno invocato l’intervento del Governo che non è riuscito a ottenere ancora la liberazione di quegli uomini, al contrario di quanto è riuscito a fare il presidente turco Erdogan che cinque giorni dopo il sequestro di una sua nave cargo, in viaggio verso Misurata, città della Libia occidentale, sotto il controllo della fazione del presidente alSarajSarraj, è riuscito a ottenere la liberazione della nave quanto dell’equipaggio. Oggi pomeriggio mentre i familiari si sono dati appuntamento nell’aula consiliare del Comune di Mazara, è arrivato il prefetto Tommaso Ricciardi accompagnato dal sindaco Salvatore Quinci e dal Vescovo mons. Domenico Mogavero. E’ stato il prefetto Ricciardi a portare prova del lavoro diplomatico che lo Stato, con il Governo, sta conducendo e soprattutto ha voluto sottolineare che il Governo “sta lavorando sulla spinta proprio del ministro Bonafede”. La stessa vicenda della liberazione “lampo” del cargo turco, seppure non sia un sequestro sovrapponibile a quello subito dai motopesca e dai marittimi mazaresi, potrebbe fornire una spinta alla definizione della trattativa diplomatica con l’Italia. Il prefetto Ricciardi non ha mosso rimproveri o richiami per così dire istituzionali ai familiari circa l’accentuarsi della loro protesta, anzi ha voluto dire che “la protesta ha il merito di far conoscere a tutto il mondo quello che qui sta accadendo, la prova di dolore vissuta ma anche la certezza che la speranza non si spegne, state facendo conoscere – ha detto il prefetto – il dramma che state vivendo, dramma umano nel quale anche io mi riconosco non solo come prefetto ma anche come uomo che è padre e nonno”. Parole di grande vicinanza e sensibilità umana. “Grazie di tutto – ha risposto Cristina Amabilino moglie di uno dei pescatori – ma noi oggi chiediamo certezze, da 105 giorni ci dite che il Governo sta lavorando, ma non abbiamo certezze è anche questo che ci strazia, oltre al pensiero di non sapere come stanno davvero i nostri mariti, i nostri figli, i nostri fratelli, non sappiamo come vengono trattati, se possono proteggersi dal freddo, considerato che quando sono partiti da qui era estate ed avevano indumenti per affrontare il caldo, non il freddo che è intanto sopraggiunto”. “E’ assurdo tutto quello che sta succedendo – ha lamentato Rosetta Ingargiola, mamma di Pietro Marrone comandante del Medinea – i nostri uomini sono passati dal lavoro alla galera”. Il dramma pieno poi è stato raccontato dalla figlia di un marittimo tunisino, “noi non siamo riusciti a sentire la voce di uno dei marittimi tunisini, io non sento da oltre tre mesi la voce di mio padre, se non possono tornare loro da noi e allora lo Stato ci porti da loro in Libia”. Tra i 18 marittimi sequestrati, otto sono italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi. “Ma al di là delle nazionalità – ha sottolineato il vescovo Mogavero – quando si mette piede su un peschereccio mazaresi si diventa tutti mazaresi”. Nonostante ciò l’unico contatto telefonico che risale all’11 novembre è stato possibile solo per i pescatori italiani, per i mazaresi. “Porterò questa situazione all’attenzione del Governo – ha assicurato il prefetto – ma vi dò certezza che il Governo si sta occupando di tutti i pescatori”. Parole di speranza sono state offerte dal vescovo Mogavero che ha anche rappresentato la difficoltà che la Chiesa incontra adesso in Libia: “Il vescovo di Bengasi non è in sede e non può rientrare nella città, il vescovo di Tripoli che si era detto disponibile a raggiungere a Bengasi i pescatori, si è sentito dire dalla milizia che sarebbe potuto arrivare senza però avere rassicurazioni sul suo ritorno a Tripoli, il Nunzio Apostolico è a Malta e in Libia non può arrivare. La Chiesa di Mazara è in costante contatto con la Santa Sede, il santo Padre è informato quotidianamente dalla Segreteria di Stato, e dopo le sue parole pronunciate ad ottobre può darsi che torni pubblicamente a parlare dei nostri pescatori che hanno pieno diritto a riavere la loro libertà”. “Non ci sono più plausibili spiegazioni perché tutto questo possa continuare – è tornata a dire Cristina Amabilino – se c’è una trattativa in corso significa che ci sono delle richieste, allora chiediamo al Governo di accettare queste richieste, qualunque esse siano, nessuno potrà dire una cosa contro il Governo riuscendo a far tornare a casa i nostri cari”. L’incontro si è concluso con un’altra protesta di uno dei familiari:_”Grazie della vostra presenza, delle vostre parole, le riconosciamo essere vere, sappiamo che non ci avete raccontato delle bugie, ma siamo delusi nello stesso tempo, oggi qui avevamo invitato anche la rappresentanza parlamentare di questa terra, ma non è venuto nessuno, non è venuto nessuno di quelli che nelle aule del Parlamento dovrebbero essere i nostri portavoce”. In coda potrete vedere ed ascoltare alcune fasi dell’incontro, servizio realizzato grazie al lavoro del collega Mezzapelle del sito primapgainamazara.it

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.