“E’ socialmente pericoloso”

La Procura generale di Palermo ha chiesto la conferma dell’obbligo di dimora per l’ex senatore Tonino D’Alì

La procura generale di Palermo ha chiesto la conferma dell’obbligo di soggiorno per 3 anni a carico dell’ex senatore Antonio D’Alì, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, nell’agosto 2019. La discussione, nel procedimento di appello, si è svolta nei giorni scorsi. Il sostituto pg Rita Fulantelli ha chiesto la conferma della misura emessa in primo grado con cui si si riconosce la «pericolosità sociale» dell’ex senatore forzista. Nel provvedimento di primo grado i giudici ritengono che D’Alì «ha mostrato di essere a disposizione dell’associazione mafiosa cosa nostra e di agire nell’interesse dei capi storici (…) come il latitante Matteo Messina Denaro e Salvatore Riina». La difesa dell’ex senatore e sottosegretario agli Interni ne ha chiesto la revoca. I giudici di appello si sono riservati ed emetteranno la decisione entro i termini previsti di 90 giorni. Dal 2011 Antonio D’Alì è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: è in corso a Palermo il processo in appello dopo che la Cassazione ha annullato con rinvio il precedente giudizio di assoluzione (e dichiarato prescritti i fatti precedenti al 1994). L’ex senatore Tonino D’Alì, per il quale la procura di Palermo ha chiesto la conferma dell’obbligo di soggiorno per tre anni, è accusato di aver favorito il latitante Matteo Messina Denaro. Per vent’anni al Senato tra le fila di Forza Italia, da un decennio la Dda di Palermo lo accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e lo scorso anno è stato condannato all’obbligo di dimora dal Tribunale Misure di Prevenzione di Trapani. Erede di una famiglia blasonata, titolare dell’importante Banca Sicula e di ettari di terreni disseminati a Castelvetrano, D’Alì dal 17 agosto 2019 deve rincasare entro le 21 e non può uscire prima delle 7 del mattino perchè ritenuto “socialmente pericoloso”. Il processo penale – iniziato nel 2011 – è giunto per la seconda volta davanti ai giudici di Appello. L’ex senatore di Forza Italia era stato assolto e in parte prescritto sia in primo grado che in Appello, ma poi la Cassazione annullò il provvedimento, rispedendolo ai giudici palermitani. Secondo i giudici romani, era stato «illogicamente ed immotivatamente svalutato il sostegno elettorale di Cosa Nostra a D’Alì», creando uno spartiacque tra le contestazioni precedenti al 1994 (data della sua prima elezione) e quelle successive. Nel corso dei vari gradi di giudizio è stata messa nel mirino la compravendita di un terreno in contrada Zangara, a Castelvetrano, pagato in assegni da uno degli emissari di Matteo Messina Denaro, Francsco Geraci, che dopo il suo arresto divenne collaboratore di giustizia e raccontò che quel denaro D’Alì glielo resituì in contanti.
Il politico trapanese fu Sottosegretario agli Interni del Governo Berlusconi tra il 2001 e il 2006 e tra le accuse contestate dai pm della Dda di Palermo c’è quella di aver abusato del suo ruolo per far trasferire da Trapani l’allora prefetto Fulvio Sodano e aver tentato di far trasferire l’allora dirigente della Squadra Mobile Giuseppe Linares. Durante il processo di appello bis – tuttora in corso davanti la Corte d’Appello di Palermo – sono sfilati l’ex ministro dell’Interno, Beppe Pisanu e l’ex presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro. Nelle ultime udienze i giudici hanno ascoltato anche la prima moglie del politico trapanese, la consorte dell’ex prefetto Sodano e il collaboratore di giustizia Francesco Campanella. Entro i primi mesi del 2021 è prevista la sentenza.
*fonte Agi

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