Le parole per raccontare l’Europa

Una Carta della libertà d’informazione scritta a Perugia

di Graziella Di Mambro*

Voci di chi racconta l’Europa e l’Italia, storie di chi vuole informare senza ferire. La giornata dedicata a mettere a punto una Carta Europea della libertà di informazione è stata un lungo momento di riflessione sulla condizione di tanti cronisti che ci parlano di un continente pieno di contraddizioni, le quali esplodono, letteralmente, sui social diventando “pietre” incontrollabili. Nella sala dei Notari di Perugia l’incontro organizzato da Articolo 21 con Fnsi, Ordine dei giornalisti dell’Umbria, Usigrai e Associazione dei giornalisti dell’Umbria ha acceso i riflettori su realtà complesse, dove informare è difficile, talvolta impossibile, come in Ungheria, in Bielorussia, in Turchia, in Egitto, in Bulgaria, in Russia, in Campania, in Emilia, Romagna, nel Lazio, territori in cui te lo aspetti e altri insospettabili; si sono susseguite voci che credono in una cronaca puntuale che rispetti tutti i soggetti in campo e le regole del gioco, e voci che hanno (ri)dato voce a chi non ne ha più perché “morto sul campo” senza aver avuto (ancora) giustizia.

Una passerella di “disperati”? Forse. Ma nessuno di quei disperati si è ancora arreso. Le migliaia di contatti sulla pagina Facebook di Articolo 21 sono lì a dimostrare che la disperazione ha molti seguaci, illusi, a loro volta. E che un’altra cronaca dell’Europa è possibile. Una “passerella” dei soliti noti? “Ne faremo fin quando ci saranno periferie da illuminare e giustizia da scrivere per cronisti minacciati e colleghi uccisi o spariti”, ha detto il “solito” Giuseppe Giulietti che da “anima” di Articolo 21 e Presidente della Fnsi queste “passerelle” continua ad attrezzarle.

C’è un primo risultato concreto ed è l’impegno a portare al Consiglio europeo la Carta di cui si è parlato a Perugia, firmata da tutti i presenti, integrata e con una dedica che dice già molto sull’indole di questo documento: il Presidente di Articolo 21, Paolo Borrometi ha proposto che sia intitolata ad Antonio Megalizzi, il quale credeva in un racconto fluido e senza sconti dell’Europa in divenire. E’ stato arduo tirare le somme di una giornata con tanti temi che tuttavia si riducono ad uno solo: la necessità di garantire sempre al libertà di stampa perché essa rappresenta il miglior termemetro della democrazia. E’ stato curioso, incredibile eppure vero, come il coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani, abbia detto, a proposito degli amministratori locali minacciati, cose assai simili a quanto affermato da tutti i giornalisti intervenuti, ossia che si finisce sotto tiro degli odiatori social, dei gruppi neofascisti piuttosto che della mafia, sempre e solo se si vogliono riportare le regole in un contesto malato. E’ una questione, sempre, di “parole”, di come le si usa e per quale obiettivo. Le parole per descrivere la realtà sono uno dei primi motivi che portano alle minacce. Parole che tratteggiano realtà locali (come ricordato da Donato Ungaro, Fabiana Pacella e Luciana Esposito) e che disturbano equilibri economici e di mafia che nessuno vorrebbe fossero toccati. Parole che svelano metodi dittatoriali e generano arresti, sparizioni, torture, ingiustizie in molti, troppi, Paesi dell’Ue (come hanno ricostruito Anna Del Freo, Antonella Napoli, Elisa Marincola, Tiziana Ciavardini, Nello Scavo). Parole che feriscono a morte, soprattutto le donne, e che colpiscono l’identità di genere, l’orientamento religioso, parole che sono minacce, buttate lì, nel girone dantesco in cui certe volte si trasformano i social, per fermare la cronaca rigorosa sull’immigrazione e le guerra (come hanno detto Sara Lucaroni e Asmae Dachan, insieme a Manuel Delia, Paolo Berizzi e – anche – al sottosegretario con delega all’editoria Andrea Martella). Parole che servono ai fruitori dell’informazione e ai giornalisti perché c’è un patto tra loro, da rispettare, quello che afferisce la fotografia nitida e intellettualmente onesta della realtà che ci circonda e che viviamo insieme, dunque chi mente va smascherato (come hanno ricordato Andrea Vianello e Roberto Natale). Parole che uniscono e formano ponti tra le persone, tra i credo religiosi, le culture, i popoli (come hanno riferito, o auspicato, padre Antonio Spadaro e padre Enzo Fortunato).

E’ stata una giornata lunga quella sulla Carta Europea per la libertà di informazione, una sorta di corpo a corpo ingaggiato contro il pericolo che un giorno ci possiamo svegliare e trovare un’Europa irriconoscibile perché non abbiamo saputo scriverne con coraggio e trasparenza. Ed è una questione che riguarda i giornalisti, un nodo sindacale persino, entrato nell’agenda degli impegni del segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, e del segretario della Efj, Ricardo Gutierrez. La politica deve ascoltare? Qualcuno ascolta. E poi parla, come ha fatto Walter Verini, coordinatore del comitato per i cronisti minacciati in Commissione parlamentare Antimafia, che nella sala dei Notari è andato anche oltre e ha proposto una manifestazione sotto la sede del Parlamento italiano contro le minacce legali ai giornalisti che, in Italia, non sono meno perniciose delle minacce fisiche. Il dibattito di Perugia, che è stato anche un corso di formazione accreditato dall’Ordine, è stato lungo, lunghissimo, una maratona. E forse non ha esaurito (purtroppo) l’elenco delle storie dell’informazione sotto attacco in tutta Europa. In questo è diventato, a tutti gli effetti, la giornata di apertura della tre giorni di “cura” della pace che si tiene tra Perugia e Assisi.

* fonte Articol o21.org

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