Bucaria resta in carcere. Gervasi, il killler, sconta la pena ed è libero

Tentato omicidio Cuntuliano, la Procura vince anche al Riesame. La difesa sente testimoni e per i segreti dell’arma punta sull’ex dei Ris generale Garofano

Nell’indagine per la quale è in carcere, dal 4 agosto scorso, l’imprenditore Matteo Bucaria, accusato di essere stato il mandante dell’agguato subito a fine marzo 2013 da Domenico Cuntuliano, suo cognato, la Procura di Trapani per la seconda volta ha ricevuto conferma positiva del proprio operato. Dopo l’arresto di Bucaria, il gip che ha firmato l’ordinanza, il giudice Caterina Brignone, confermò infatti la misura, certo sostenuta dal fatto che all’interrogatorio di garanzia Bucaria si avvalse della facoltà di non rispondere. Decidendo di rompere il silenzio solo il 12 agosto rispondendo alle domande della pm Sara Morri che coordina l’inchiesta. Ieri la notizia che anche il Tribunale del Riesame di Palermo ha confermato la misura cautelare, secondo punto a favore della Procura di Trapani. Indagini finite? Non sembra proprio, lo si può dedurre anche dallo stretto riserbo tenuto dai magistrati. L’indagine condotta dalla pm Morri è seguita direttamente anche dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello. Non pare proprio anche perché la difesa ha calato sul tavolo dell’indagine alcuni documenti che smentirebbero un assunto non trascurabile, cioè quello che tra Cuntuliano e il suo sicario Gaspare Gervasi non è vero che ci fosse casuale conoscenza. I due pare si conoscessero benissimo, fin troppo bene e in modo troppo intimo. L’originale atto di accusa contro Bucaria firmato dal gip Brignone bisogna riconoscere che sotto diversi punti di vista si è andato via via aggiornando, e fino ad ora non certo a favore dell’indagato Bucaria. Gervasi dopo anni di silenzio sul tentato omicidio, è stato condannato in via definitiva senza mai rispondere ai giudici, con le sue dichiarazioni rese quasi a fine pena detentiva, ha ammesso che quell’incarico di uccidere Cuntuliano gli sarebbe stato dato dall’imprenditore Bucaria, che a tutti i costi, secondo il racconto di Gervasi, voleva togliersi dai piedi il cognato. La decisione di parlare dopo che la Polizia intercettò alcune lettere che lui si apprestava ad inviare dal carcere di Augusta, dove era all’epoca detenuto, anche a Bucaria, nella sostanza lamentele per non avere rispettato il patto convenuto tra i due, soldi in cambio del delitto. Gervasi ha così accusato Bucaria di avergli chiesto “la cortesia”, ha fatto ritrovare l’arma usata e ricostruito i contatti tra lui e Bucaria. Le sue dichiarazioni per la verità non hanno mai costituito da subito un’unica verità, ma si sono via via aggiornate, nuovi particolari e correzioni su precedenti ricostruzioni. Dapprima non ha parlato dei soldi convenuti con Bucaria, poi è saltata fuori la cifra, 50 mila euro. Dapprima l’arma ha detto che gli fu consegnata nel piazzale dell’impresa di Bucaria, poi ha riferito che l’ebbe consegnata all’interno degli uffici dell’impresa. Da qualche giorno intanto Gervasi è tornato libero, per procedure estranee all’indagine in corso, la pena inflitta per poco più di 12 anni di carcere, con tutti i benefici di legge in vigore per i detenuti, risulta essere stata scontata. E’ tornato nella sua frazione di Guarrato. Gervasi è un personaggio che dagli atti trapela parecchio spietato, si definisce vicino alla mafia trapanese, libero però di rompere i vincoli, tanto da diventare reo confesso e accusatore e tanto da potersi permettere comportamenti e abitudini certamente invisi a Cosa nostra. Un personaggio, uno che dopo aver parlato di delitto e soldi si presenta a chi lo ha sentito come uno capace di intenerirsi nel momento di uccidere, ma fu solo finta pietà semmai pietà ci sia davvero stata: “Quando mi vidi Cuntuliano tremante davanti non volevo più sparare”. Ma lo fece, svelando durante un interrogatorio che intenzionalmente non gli sparò più alla testa, forse volendo far intendere che Cuntuliano è rimasto vivo non perché lui ha sbagliato a sparare. Nell’interrogatorio dello scorso 12 agosto Gervasi ricostruisce quegli attimi, concludendo quasi che salvare Cuntuliano era per lui fare uno sgarbo a chi gli avrebbe dato l’ordine di uccidere, l’imprenditore Bucaria. Al quale poi rivolgersi lo stesso per chiedere di saldare quel conto in sospeso. Per la Procura, è di Bucaria che Gervasi parla con i suoi familiari mentre era intercettato a sua insaputa in carcere nel primo periodo di detenzione dopo l’arresto patito nella stessa serata del tentato omicidio, Bucaria sarebbe la persona mai menzionata alla quale rivolgersi per avere “la pila”. Sembra un racconto preso da un libro del compianto Camilleri, un caso per il commissario Montalbano. Intanto tornando alla realtà, c’è da dire che la difesa di Bucaria ha prodotto ai giudici del Riesame nuova documentazione, svelando, attraverso attività di indagine difensiva, quindi attraverso testimoni, l’esistenza di rapporti di frequentazione tra Cuntuliano e Gaspare Gervasi, ex fontaniere del Comune di Trapani. La difesa puntava molto sulla decisione favorevole da parte dei giudici del riesame, ritenendo che altro potrebbe essere il movente di quell’agguato e a quest’altro si potrebbe arrivare per la difesa disvelando l’intera natura di quella relazione tra Cuntuliano e Gervasi. In particolare per la difesa si è incrinata la veridicità dei racconti forniti sia da parte di Gervasi che della stessa vittima, Cuntuliano, circa i rapporti di conoscenza tra i due. Cuntuliano infatti ha sempre sostenuto di conoscere il suo killer di vista, quasi la stessa cosa detta da Gervasi. Ma i testimoni sentiti dai difensori dell’imprenditore, gli avvocati Giovanni Liotti e Sabina Bonfiglio, hanno detto altro e cioè che tra i due c’era una stretta frequentazione. Nei verbali pare sono descritti incontri “segreti” tra i due, nel buio di una cava, oramai in disuso, che peraltro era di proprietà della famiglia Bucaria. Vicende ricche di intimità personale, che con il tentato omicidio potrebbero non entrarci nulla, ma la difesa si è interrogata sul perché siano stati celati così tanto. Ragioni di riservatezza poi pare non ce ne siano tanto, perché l’esistenza di una relazione tra i due si coglie anche qualcosa nelle pagine dell’ordinanza, dove è riportato il racconto di Gervasi del loro incontro nel giorno dell’omicidio rimasto, fortunatamente, tentato. Gervasi infatti racconta che intercettò per strada Cuntuliano, tutti e due erano in auto, Gervasi fa segno a Cuntuliano di seguirlo, cosa che quest’ultimo fa. Se davvero tra i due, come dice Cuntuliano, ci fosse stata semplice conoscenza, perché seguire Gervasi e farlo “per almeno dieci chilometri” come hanno evidenziato i difensori di Bucaria. Altro particolare, sempre riferito da Gervasi, quando le auto vengono fermate in campagna, e i due scendono dall’auto, perché mai Cuntuliano teneva in mano un pacchetto di fazzoletti? Inconsapevole che nel mentre Gervasi impugnava già quell’arma con la quale gli avrebbe sparato. Gervasi dice che puntò l’arma alla testa mentre Cuntuliano chiedendo il perché di quel gesto gli chiedeva di non sparare promettendo a ricompensa una grossa cifra, 500 mila euro: a quel punto Gervasi, preso da pietà, cambiò la mira, lo colpì tra spalla e torace, lasciandolo a terra in una pozza di sangue. Sapendolo ancora vivo. Per far torto a Bucaria? O pensando a far altro, a ottenere qualcosa di più da una storia che magari era mossa da moventi inconfessabili e per la quale nessuno fino a quel momento aveva qualcosa da pagare? Sarà interessante leggere le motivazioni dei giudici del Riesame, circa le ipotesi della difesa, ma certamente siamo dinanzi ad una indagine ancora non chiusa. Ce lo dice il fatto che Procura e Squadra Mobile lavorano alacremente, molti i testi sentiti, più volte lo stesso Gervasi. Le indagini, per quello che si può sapere nella forma ufficiale, adesso si muovono attorno all’arma usata per il delitto e che dai poliziotti della Mobile è stata ritrovata a ridosso di ferragosto scorso , avvolta in un sacco di plastica , in un uliveto nelle campagne trapanesi. Una pistola all’apparenza di antica fattura. Un arnese di morte, classiche canne mozze, più pistola che fucile, che sembra arrivare ad oggi dall’800, quando per i duelli si usavano simili armi. Pare un’arma arrivata da un film d’epoca. Il gip ha fissato incidente probatorio ed ha incaricato i poliziotti della Scientifica di Palermo di eseguire la perizia. La difesa di Bucaria ha nominato un proprio consulente di parte, si tratta dell’ex numero uno dei Ris dei Carabinieri, oramai in pensione, il generale Luciano Garofano. Il prossimo 16 settembre avrà inizio la perizia. Sull’arma Gervasi ha fatto intravedere che potrebbe essere coinvolta un’altra persona. Interrogato ha infatti parlato di avere dato incarico a qualcuno di distruggerla, ma la pistola non è stata distrutta. Lui stesso poi ha detto di averla nascosta sotto delle pietre, mai sotterrata. Pietre che in sette anni nessuno ha mai scostato. Arma che però , per non essere stata protetta dalle intemperie del tempo, potrebbe non aver trattenuto del tutto impronte e Dna. Ed allora se così fosse, bisognerà fidarsi di quello che dice Gervasi. Ci sono anche i suoi silenzi, chi doveva aiutarlo a disfarsi dell’arma? insomma a Trapani, e non a Vigata, il caso Bucaria non ha finito di far discutere. È stato il gossip dell’estate, lo sarà anche per l’autunno e andrà temporalmente ben oltre.

Riceviamo e pubblichiamo

La presente, nella qualità di difensore di fiducia del Sig. Gaspare Gervasi e della famiglia dello stesso, per significare quanto segue. In un Vostro articolo pubblicato in data 09.09.2020, con il titolo: “Bucaria resta in carcere, Il Killer, scontata la pena è libero”, veniva testualmente scritto: “ ..la pena inflitta per poco più di 12 anni di carcere, con tutti i benefici di legge in vigore per i detenuti, risulta essere stata scontata. E’ tornato nella sua frazione di Guarrato”. Quanto riportato è totalmente errato e non rispondente alla realtà, atteso che il Gervasi, in atto, è ancora nella sua casa che lo ha ospitato in questi anni e precisamente quella di reclusione di Augusta. Questa notizia inesatta e fuorviante ha creato e continua a creare problemi anche alla famiglia. Alla luce di ciò, ferme restando le ulteriori iniziative, che si decideranno di intraprendere, per alcuni contenuti del predetto articolo e dei precedenti, Vi invito a provvedere ad una immediata rettifica ed a sincerarvi nel proseguo, prima di scrivere, della situazione reale.
Distinti saluti.

Avv. Agatino Scaringi

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.