L’acqua è la vita. Il problema dell’acqua di Alcamo. PARTE SECONDA – Normativa vigente: regolamento e contratto di fornitura.

Riceviamo e pubblichiamo – Di Antonino Messana 

Parte Prima – Introduzione storico popolare

            Inizio subito con il REGOLAMENTO PER LA GESTIONE DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA POTABILE. Abbiamo letto nella foto sopra riportata che è stato inserito come allegato “B” della delibera Consiliare n. 28 del 27 febbraio 2009. E’ formato di 51 articoli più un’appendice. Anticipo che il mio discorso è limitato ai primi articoli riguardanti le NORME GENERALI. In particolare farò un commento sull’articolo 4 punto 2. Gli altri articoli delle norme generali, per chiarezza verranno riportati nella loro interezza senza commenti. In nota verrà riportato l’intero indice.

            Per iniziare ritengo utile precisare che il Regolamento è una  potestà attribuita dalla Costituzione (art. 117) ai Comuni di emanare vere e proprie leggi subordinate però alle leggi formali approvate dal Parlamento. Infatti l’art.1 delle disposizioni sulla legge in generale indica quanto appresso: Sono fonti del Diritto: le leggi, i regolamenti, le norme corporative (cioè i contratti collettivi di lavoro) e gli usi. Dico subito che la suddetta citazione non la riporto per fare accademia, ma sarà utile tenerla presente nel proseguo specialmente del commento del citato articolo 4.2 del Regolamento in parola.

            Entro subito nell’articolo 4 il quale distingue due modalità di fornitura d’acqua: a) per uso domestico; b)  per uso extra domestico. Prendo in considerazione solo la fornitura d’acqua per uso domestico che viene definita nel seguente modo: acqua destinata alla alimentazione, ai servizi igienici ed a tutti gli impieghi da utilizzarsi come acqua potabile. Al punto 2 dello stesso articolo 4 leggiamo quanto appresso: “Per le forniture di uso domestico il Comune si impegna a garantire l’erogazione di un minimo giornaliero di litri 200 per ciascun alloggio allacciato.

            Resta chiarito che il nostro Comune fornisce acqua potabile e per tutte le necessità di un’abitazione comprese i servizi igienici. Però si impegna a garantire come minima quantità litri 200 al giorno. Intanto mi domando che senso hanno le parole “si impegna a garantire”…? Non è forse una promessa? Certamente! Ed allora che fine ha fatto la certezza del Diritto?  Tutti sappiamo che il diritto è positivo è certo, e sicuramente non avanza promesse.

            Come abbiamo visto sopra il Regolamento è una legge valida nell’ambito comunale. In questo caso la certezza l’hanno buttato dal bastione di Piazza Bagolino. Per altro verso, normalmente un Regolamento richiama una legge come preambolo. L’intero Regolamento in parola non richiama nessuna legge nazionale. Quindi è stato deliberato “motu proprio”. E ciò è un fatto positivo frutto di “autarchia”.

            Andiamo avanti! La promessa minima di litri 200 giornalieri di acqua è sicuramente parsimoniosa nel senso che vuole realizzare economie. In questo caso  come prima cosa bisogna chiarire che la quantità minima giornaliera non viene compensata da una maggiore quantità di acqua di una giornata successiva. In altre parole, il Comune non può sostenere che oggi ha dato litri 200, il giorno successivo ha dato litri  zero ed il terzo giorno litri 1000 e pertanto come media giornaliera ha dato una quantità maggiore. I litri 200 di acqua promessi costituiscono quantità minima e quindi i litri 1000 del terzo giorno rientrano pure nella normalità.

Vediamo adesso la parsimonia cioè l’economia. Litri 200 di acqua giornaliera in una famiglia tipo, formata per esempio di quattro persone, credo che bastino per fare “pipì”. Se ciascuna di queste quattro persone usa il gabinetto poniamo quattro volte al giorno, significa che la cassetta con l’acqua scarica 16 volte che moltiplicato per litri 10 formano 160 litri. Con i rimanenti 40 litri qualcuno di quei quattro della famiglia può fare si e no una doccia. Sicuramente la parsimonia non interesserà la famiglia in parola, anzi sicuramente queste persone protesteranno non potendo soddisfare i bisogni essenziali di vita. In questa ipotesi  promettere di erogare litri 200 giornalieri è sicuramente una valvola di salvezza per il Comune.

            L’articolo 40 del Regolamento prevede l’interruzione di servizio per qualsiasi causa. In questo caso il Comune si impegna ad intervenire al fine di ripristinare il servizio in breve tempo. Per farla breve nei contratti di luce, di gas, di telefono, ecc. è stabilito che il ripristino deve avvenire entro 24 od al massimo 48 ore, superando tali limiti il gestore è tenuto a pagare un risarcimento. Il breve tempo fissato dal Regolamento senza una scadenza certa costituisce solo una promessa vaga e monca.

            Chiudo con il Regolamento in parola sottolineando che come linea generale prevede doveri per chi chiede il servizio, ma non dice niente in caso di inadempienza parziale o totale nel fornire quella quantità minima di litri 200 giornalieri. L’argomento verrà ripreso con il contratto di fornitura.

            Infine in data 7 giugno 2017 il nostro Comune ci ha regalato un altro Regolamento in parallelo con quello in parola avente per oggetto: Approvazione Regolamento Comunale per la fornitura sostitutiva di acqua a mezzo autobotte E/O cisterna. Lascio il giudizio ad altri più competenti della materia, però voglio formulare una domanda: il cittadino che compra dal Comune un’autobotte di acqua potabile dove la deposita? Sicuramente in una propria cisterna. In questo caso l’acqua rimane potabile? Sicuramente No! Allora quel cittadino che ha comprato acqua versata nella cisterna da dove prenderebbe l’acqua per l’alimentazione (articolo 4.2)? Forse non è stato inutile chiudere i pozzi privati da parte del Genio Civile? Mi fermo qui e lascio agli specialisti eventuali altre considerazioni anche a sfavore di questa mia tesi.

Adesso vado dritto al contratto. A tal fine riporto il mio contratto stipulato con il Comune nel lontano 1993. Da allora a tutt’oggi nessuna variazione mi è stata comunicata, tenuto anche in considerazione del nuovo Regolamento del 2009. Quel contratto di circa 28 anni addietro è ancora vivo nella sua integrità e credo che abbia valore per tutta la cittadinanza.

Al punto 4 del contratto è  scritto: “La concessione di 1° categoria avviene per una quantità minima giornaliera di litri 200”. Il verbo “avviene” ritengo che in questo caso ha il significato di obbligo. In termini giuridici costituisce cioè un “obbligazione di fare”. Mentre, per il diritto romano si direbbe “facio ut des”(mi obbligo a fare per un dare). Anche in questo caso non faccio accademia, ma vedremo in seguito che tenere presente il concetto è molto importante.

            Al punto 6 è scritto che l’utente è obbligato a rispettare incondizionatamente il Regolamento senza citarne gli estremi. Ritengo che nel 1993 non esisteva. Al punto 10 leggiamo che il contratto ai sensi di legge è registrabile in caso d’uso ed assoggettato all’IVA. Con la registrazione il contratto è legalmente valido processualmente. Con l’assoggettamento ad IVA il pagamento della fornitura avviene mediante emissione di fattura come avviene nel commercio. In questo caso il Comune è un venditore di acqua potabile.

            In chiusura viene precisato quanto appresso:”Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1341 dl Codice Civile si dichiara di aver preso visione e completa conoscenza delle clausole previste ai n. 5, 7, 8, 9, del presente contratto e di approvarle specificatamente in ogni loro parte e di accettarle. Segue la firma.

            L’articolo 1341 riporta il titolo “Condizioni generali del contratto”, affermando che dette condizioni già predisposte sono efficaci se al momento della conclusione del contratto stesso sono riconosciute. Infatti nel caso in esame sono state riconosciute e firmate come un post scriptun al contratto generale.

Concludo affermando che l’acqua che ci fornisce il Comune rientra nel contratto  di somministrazione previsto dall’articolo 1559 del codice civile e rientra nella categoria sopra precisata dei contratti “facio ut des”. In questo caso se il Comune non fornisce la quantità minima stabilita dal contratto l’utente ha diritto ad un risarcimento per inadempimento previsto dall’articolo 1218 del codice civile. Il risarcimento non è dovuto per impossibilità sopravvenuta, e ciò avviene per i contratti di luce, gas, telefoni, ecc. Preciso che l’impossibilità sopravvenuta è annoverata ad una calamità naturale; per esempio il terremoto, Il maremoto, l’alluvione, ecc. A mio giudizio non costituisce impossibilità sopravvenuta tenere a secco un’abitazione per numerosi giorni per esempio per 20 o addirittura 30 giorni circa come è già successo l’estate scorsa; è aberrante pretendere un servizio alternativo dietro il pagamento dell’acqua a mezzo autobotte come previsto dall’ultimo Regolamento integrativo sopra citato.  La scorsa estate parlando con un autotrasportatore mi ha riferito che il nostro Comune vendeva giornalmente novanta autobotte di acqua e per questa ragione non era in grado di assicurare alle abitazioni la quantità minima contrattuale di litri 200 giornalieri.

ANTONINO MESSANA

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