COSTITUTIO DE ANIMALIBUS IN PASCUIS AFFIDANDIS (COSTITUZIONE DEGLI ANIMALI DA AFFIDARE AI PASCOLI).
Federico II di Svevia re di Sicilia (1208-1250)
STUPOR MUNDI (LO STUPORE DEL MONDO)
IL RIORDINAMENTO DEL REGNO DI SICILIA
Federico, non dovendosi più preoccupare della Germania, cercò di attuare in pieno quella politica anti-comunale e assolutistica che già aveva cominciato a svolgere in Italia e nel Regno di Sicilia. Qui cercò di attuare i suoi ideali politici mediante il riordinamento di tutta l’amministrazione. Attese a quest’opera sistematicamente, anche se di tanto in tanto le vicende politiche e militari lo costrinsero ad interromperla. Emanò quindi provvedimenti diversi, i quali si assommarono e culminarono nelle famose, Costitutiones Regni Sicilae, che furono dette Costituzioni di Melfi (1231) perché fatte accettare e proclamare da una dieta convocata a Melfi. In questa, accanto ai rappresentanti della nobiltà, si trovarono i rappresentanti del clero e della borghesia, perché le costituzioni stesse sancivano il principio dell’uguaglianza di fronte al sovrano e alla legge di tutti i regnicoli, fossero o no nobili. Si tratta di una raccolta di alcune delle migliori disposizioni legislative date dai Normanni e di moltissime leggi di Federico. Le informa l’ideale dell’assolutismo sovrano, e vi si sente, con il pulsare dei tempi nuovi, l’interesse per il diritto giustinianeo, al quale si ispirarono i due consiglieri di Federico, Taddeo da Sessa e Pierre delle Vigne, seguendo le orme dei giuristi di Bologna e della Sorbona. Si dava al regno un carattere burocratico, per cui ogni autorità doveva dipendere dal re ed essere esercitata da lui o dai suoi ufficiali.
Le costituzioni furono distribuite in tre libri, divisi a loro volta in titoli rubricati. Il primo libro è dedicato alla giurisdizione dei giudici regi, alle finanze e ad una parte della materia procedurale; a questa è poi dedicato esclusivamente il secondo libro, dove si trovano gli importanti titoli dedicati al duello giudiziario; il terzo libro riguarda la materia feudale, il diritto penale, i diritti demaniali e il diritto privato.
L’opera è disegnata come Liber augustalis, denominazione non propria, perché non fu emanata in base al potere imperiale, ma in base al potere regio. Più spesso e più esattamente si trova indicata come Liber constitutionum regni; promulgata nel Parlamento di Melfi nell’agosto del 1231, fu poco dopo ripubblicata in Sicilia dal maestro giustiziere Riccardo da Montenero. Per quella duplice pubblicazione, cui fece seguito per uso delle popolazioni ellenizzate di Calabria una versione greca, il Liber Constitutionum diventò la legge fondamentale di tutto lo Stato, di qua e di là del faro. Non a torto il Liber Constitutionum è stato giudicato come il più grande monumento legislativo laico del Medioevo. Nel contempo, il giudizio degli storici sulla persona di Federico è il seguente: Celebre per la cultura; ancora fanciullo stupisce i suoi stessi maestri per la vivace intelligenza e la precocità dell’apprendimento della storia, della filosofia, della matematica, dell’astronomia e della musica. Per questo motivo, fin dalla tenerissima età è stato considerato da tutti ”Stupor mundi”, perché tutti rimanevano meravigliati dalla precoce perspicacia e dall’evidenza delle sue doti di natura. A sette anni conosceva sette lingue ed a quattordici anni era un ometto con i caratteri somatici tedesco-normanni.
Il mecenatismo di Federico II si espresse non soltanto nella politica ma anche nell’arte e nella scienza. La sua corte era frequentata da grandi letterati e uomini di genio: tra le sue passioni vi era la poesia, alla quale diede impulso con la scuola siciliana.
In conclusione, fu indubbiamente un uomo di grande ingegno e di qualità straordinarie, doti che però non seppe impiegare sempre e solo in cose commendevoli, ma anche in iniziative ed in imprese tutt’altro che edificanti.
Tralasciando la storia e la biografia di Federico e rientrando nella problematica della viabilità e poi delle Regie Trazzere, dobbiamo attingere dal III libro delle Costituzioni Federiciane che regola, come abbiamo visto sopra, il diritto feudale, la proprietà ed i diritti di famiglia. Tuttavia, prima di trascrivere il testo dei diritti dei pascoli nella Costituzione di Federico II ho rintracciato sull’Enciclopedia Italiana Treccani, on line, un interessante articolo di Alessandro Clementi dal titolo: ”Pastorizia in Federiciana” (2005) che, riporto.
Ecco l’inizio: l’allevamento degli animali minuti, soprattutto ovini, coincide nei momenti del suo maggiore sviluppo con la transumanza. Tale prassi, diffusa soprattutto nelle regioni meridionali d’Italia, consiste nello sfruttare per i pascoli nei mesi invernali l’incolto del tavoliere pugliese e negli estivi gli ampi pianori degli altipiani abruzzesi.
Da queste parole, ricaviamo un primo indizio di fonte storica, che ci conforta e ci dà certezza: la transumanza ha origine nella costa adriatica dell’Italia centro-meridionale che abbraccia le alture dell’Abruzzo, e aggiungerei, per opportuna integrazione, quelle del Molise dove gli allevamenti ovini erano intensi ed a causa della neve le bestie dovevano necessariamente svernare. Allora da quelle regioni i pastori obbligatoriamente dovevano trasferire, con cadenza stagionale, mandrie e greggi in un periodo tradizionalmente compreso tra il 29 settembre (festa di San Michele) e l’8 maggio (apparizione dell’arcangelo Michele presso la grotta di monte Sant’Angelo sul Gargano), fino al Tavoliere delle Puglie. Essi, erano, pure, costretti a percorrere una strada abbastanza lunga tanto che occorrevano non meno di dieci giorni, partendo dall’Aquila, per arrivare a Foggia. Le strade erano ampie e da brado denominate appunto tratturi (chiamate anche strade verdi), la cui larghezza era di m. 111. Lungo i percorsi si incontravano campi coltivati, cioè piccoli borghi dove si organizzavano le soste, dette stazioni di posta, con casolari, per il ricovero del gregge, chiese rurali, icone sacre, pietre di confine o indicatrici del tracciato.
Dall’Abruzzo partivano cinque Regi Tratturi:
–L’Aquila-Foggia chiamato anche Tratturo Magno: Centurelle-Montesecco; Celano-Foggia; Pescasseroli–Candela; Castel di Sangro-Lucera. Qui sotto riporto le relative mappe abruzzesi e molisane dei percorsi armentizi, al fine di verificarne con immediatezza ed a colpo d’occhio, la grandezza e l’importanza della vera ed originale transumanza di tutto il territorio italiano tramandata fino a qualche secolo addietro.
TRATTURI DEL MOLISE
I più antichi ed importanti erano il Celano-Foggia, di circa 200 chilometri, il Castel di Sangro – Lucera, di 127 chilometri ed il Pescasseroli – Candela, di 211 chilometri. In Molise sono ben conservati molti di questi tracciati. Il tratturo che forse meglio rappresenta la Società della Transumanza nel periodo Aragonese è il “Tratturo del Re”, il cui percorso lungo ben 243 chilometri e largo fino a 111,6 metri collegava L’Aquila a Foggia. Una vera e propria meraviglia della natura, un’antica strada naturale nel cuore di una regione che fa del verde incontaminato una caratteristica fondamentale del proprio patrimonio turistico. Altro tratturo importante era il Centurelle-Montesecco, quasi parallelo a quello tra L’Aquila e Foggia, ma più interno, che contava circa un centinaio di chilometri.
Dall’Aquila a Foggia, come già detto, occorrevano 10 giorni di cammino attraversando il “Tratturo Magno”che con i suoi 244 Km. era il più lungo, il più grande e il più importante dei 5 Tratturi Regi. Ho nominato la città di Foggia perché era il centro del Tavoliere e accoglieva milioni di pecore (fino a tre milioni) provenienti dal Gargano, dal Sannio e soprattutto dall’Abruzzo, dove in epoca Angioina (XIII secolo) è stata istituita la regia dogana delle pecore che disciplinava l’uso del pascolo con i diritti fiscali. Addirittura è stato scritto che il nome “tavoliere” trae origine dalle tabulae censuariae, cioè dal libro che registrava i pascoli del fisco. Gli Angioini con l’imposizione fiscale a tutti i pastori arricchirono le casse regie, ma impoverirono gli agricoltori del Tavoliere portandoli ad abbandonare il territorio che progressivamente divenne paludoso. Infine, il Tavoliere è la più vasta delle pianure che si apre nell’Italia peninsulare, ed è compreso tra il Subappennino da un parte e il Gargano e il Golfo di Manfredonia dall’altra; è, pertanto, allungato da NO a SE e misura circa 80 Km. in lunghezza e 40 in larghezza, la superficie si aggira sui 3.000 Kmq, il centro è, ripeto, Foggia.
I TERRITORI DELLA TRANSUMANZA IN PUGLIA
Fonte :Google.it /ricerca: mappa tavoliere delle puglie
In parallelo con i tratturi vi sono le Trazzere di Sicilia che godono della medesima disciplina giuridica con le Costituzioni di Federico II. Questo parallelismo, a mio giudizio, non è corretto per le seguenti ragioni:
1)la Sicilia non ha un pascolo come il Tavoliere di 3.000 Kmq che può accogliere milioni di pecore;
2) non è mai esistita una dogana per la riscossione dei diritti sui pascoli;
3)Infine, il fatto più assurdo riguarda la lunghezza delle Trazzere che è stata allungata e gonfiata, portandola a dieci volte maggiore della lunghezza dei Tratturi. Ma come è possibile ciò?
Da qui discendono alcune dimostrazioni che si concluderanno con delle assurdità. Intanto, possiamo osservare che le province più estese sono quattro: Palermo estesa 5.000 Kmq, Messina estesa 3.266 Kmq, Catania estesa 3.573 Kmq, Agrigento estesa 3.052. Occorrerebbe un intero territorio di queste quattro province adibito a pascolo per fare un raffronto corretto con il Tavoliere delle Puglie e sia pure per coprire e giustificare gli 11.500 Km. di Regie Trazzere, tenuto in debito conto che la lunghezza dei tratturi, attraversando almeno tre regioni d’Italia non arrivano a Km 1.000. Per altro verso, in epoca normanna la popolazione in Sicilia era scarsa, appena 300 mila abitanti.
Da tutto ciò ricaviamo (tenuti fermi gli 11.500 Km. di Trazzere) che all’epoca delle Costituzioni di Melfi ed anche in epoca anteriore alla conquista normanna, necessariamente, dovevano esistere in Sicilia milioni di pecore contro qualche centinaia di migliaia di abitanti. Ridicolo!
A questo punto, tirando le somme, si deduce che la transumanza in Sicilia è un fenomeno abbastanza scarso e marginale, limitato a brevi percorsi ed a pochissimi pascoli disponibili. Tale affermazione di pochi pascoli, è solo un buon proposito al fine di accettare il fenomeno della transumanza in tutto il territorio siciliano. Tanto è vero, che ancora, non ho trovato alcun indizio sulle origini della transumanza in Sicilia, (escludendo gli scritti pioneristici dell’architetto Santagati a partire dal 2004 in poi), mentre per le regioni centro meridionale d’Italia la letteratura su transumanza e tratturi è ricchissima. Quindi, come vedremo tra poco, le norme dettate sia da Guglielmo II che da Federico II erano dirette solo ed esclusivamente a riordinare e incentivare la transumanza nei territori abruzzesi, molisani e delle altre regioni (Clementi), non valide per la Sicilia.
Ripetiamo, ancora, che la transumanza, secondo gli storici, era diffusissima nell’età classica, soprattutto dopo le guerre annibaliche che distrussero la piccola proprietà contadina ed in epoca romana con il crearsi del latifondo. La transumanza scomparve del tutto con la caduta dell’impero romano, a seguito del venir meno di una condizione fondamentale per il suo sussistere, ovvero la certezza del diritto, che da’ ai transumanti la sicurezza di un andare e tornare dalle terre altrui alle proprie, senza timore di possibili violente confische o prepotenze o rapine.
Tale situazione, durò fino all’avvento dei normanni. Quando i Normanni ricompattarono Abruzzo e Puglia nel Regno di Sicilia, riprese probabilmente anche la prassi della transumanza.
Clementi, scrive testualmente: “Dominazione normanna e pacificazione”. Si riapre il verde eldorado per le terre abruzzesi che definitivamente diverranno le terre più settentrionali di un sud unificato. L’assise di Guglielmo II, de animalibus in pascuis affidandis del 1172, ne è la prova più sicura. Infatti, sono state le due assise di re Guglielmo a riaprire le frontiere attraverso la codificazione sveva.
Una prima riguarda i furti di bestiame. Si estorceva ai padroni del bestiame un riscatto perché i furfanti eludendo la sorveglianza, rubavano le bestie e poi affermavano davanti ai padroni che erano state sottratte ai ladri. In questo caso si configurava un particolare tipo di abigeato. Orbene, di fronte a una tale configurazione di reato, si è portati a ritenere che il fenomeno del furto massiccio di bestiame era tanto diffuso, da richiedere l’emanazione di un’assise, dato che nel contempo era ripresa la prassi della transumanza (Clementi).
L’altra assise, del 1172 (sopra citata), configura una specie di conflittualità permanente causata dalla prassi della transumanza. Passando per le regioni pugliesi erano pervenuti a Guglielmo reclami e doglianze in relazione al fatto che i funzionari addetti alla custodia delle foreste demaniali commettevano vessazioni e ingiuste esazioni. Di fronte a questa situazione, Guglielmo stabilisce: 1) in ciascuna contrada, tanto relativamente al demanio, quanto alle terre di conti e baroni, non siano insediati più di quattro custodi; 2)a tali custodi non sia lecito, come viceversa finora è accaduto, d’impadronirsi o di prendersi cura degli animali di alcuno.
Per quanto riguarda poi quella che sembra essere una transumanza vera e propria, sempre Re Guglielmo stabilisce:
1) Se nel transitare da un territorio a un altro (si oves vel alia animalia alicuius de contrada in aliam ducta feurint in transitu) il gregge avrà usufruito per una sola notte del pascolo di qualcuno, non sia lecito al padrone della terra o al baglivo pretendere alcun pagamento, ma si lasci liberamente transitare il gregge;
2) se gli animali che siano lontani dalla propria terra per un giorno o due attraverseranno le terre di altri, si paghino, per essi, i soli eventuali danni inferte alle coltivazioni o ai frutti e null’altro;
3) se gli animali pascoleranno soltanto e non produrranno danni in quanto custoditi, qualora il proprietario del terreno vorrà concedere pascolo mediante contratto preventivo, riceverà la relativa “fida”(in Sicilia e in Abruzzo è tutt’ora in uso l’espressione “fida bestiame”, affitto di pascoli per i mesi estivi) sulla base del canone corrente nella zona;
4) se il proprietario del terreno non verrà viceversa concedere pascoli secondo la fida corrente nella zona, il padrone del gregge dichiari sotto giuramento il numero dei giorni che ha stazionato in tali terreni e relativamente ad essi paghi il canone, che sarà liberatorio;
5) se saranno trovati greggi senza pastore che però non abbiano stazionato in pascoli padronali per più di dieci giorni e il padrone o il pastore del gregge dichiareranno sotto giuramento che essi non hanno condotto volontariamente il gregge in quei pascoli, in tal caso il padrone dei pascoli stessi permetta che il gregge si allontani dalle sue terre senza pretendere soluzione alcuna. Se tuttavia lo stazionamento si sarà protratto oltre i dieci giorni, il padrone del gregge paghi fida sulla base dei canoni correnti per un intero anno, in misura conforme al periodo di stazionamento.
La normativa di Guglielmo II, come si vede, è estremamente favorevole ai pastori transumanti, tanto che prevede un libero passaggio di greggi addirittura per terreni privati senza che se ne debbano pagare i proprietari. Quale che fosse la configurazione giuridica della callis romana (riguardo la classificazione ed regime giuridico[servitù] delle strade romane il lettore può rivisitare il capitolo I-parte VII, pubblicato il 31/10/2015), sembra tuttavia che attraverso essa fosse permesso il libero transito delle greggi, situazione questa che nell’assise di Guglielmo II viceversa non è prevista, tanto che vi si fa riferimento ai passaggi delle greggi per terre padronali. Questo fa supporre che la normativa di Guglielmo II fosse mirata a una incentivazione della transumanza che solo allora stava tentando le prime vie di una ripresa che si sarebbe accentuata nel periodo federiciano.
Brevemente, per non lasciare in sospeso il neo lettore, ripeto la frase del Franciosi: …Le antiche servitù erano manifestazioni di appartenenza (potestas), poteri oltre i confini dell’ager divisus et assegnatus (su terreno diviso ed assegnato) su sentieri campestri di diversa ampiezza e su rivus (acquedotto). Queste sono le più antiche servitù rustiche, oggetto dipotestas (assenza di dominio, cioè indisponibilità) del titolare, e facenti parte delle categorie res mancipi (cose proprie). Allora, ritengo, che i tratturi e le trazzere rientrano esattamente tra le servitù rustiche e seguendo la regola di Franciosi, assimilandoli a sentieri molto larghi divisi e assegnati anche se fanno parte di cose proprie, cioè di proprietà privata.
Con la costituzione che segna la fine del delitto di abigeato (ut delict fines) di Federico II (1194-1250), la transumanza beneficiò di ulteriori agevolazioni che facilitarono il suo ingresso nei grandi circuiti commerciali e dei prodotti di largo consumo.
Gli Angioini (XIII sec.) inizialmente alienarono molte terre a pascolo del regio demanio e ne favorirono la destinazione a coltivazioni agricole con conseguente crisi della pastorizia. Giovanna II (1414-1435) corse ai ripari, richiamando in vita la Costituzione normanna e istituendo il foro speciale per operatori della transumanza. Gli Aragonesi fecero della transumanza il settore trainante dell’economia, istituendo addirittura un apposito ufficio per la gestione. Si chiamò Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia e fu diretta da un alto funzionario governativo detto Doganiere.
Le cinque regioni citate – Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata e Puglia – costituirono un’unica regione economica, pur conservando ciascuna l’identità storica e politica-amministrativa.
I Borboni sostennero il regime aragonese che però all’inizio del XIX secolo scomparve. E’ assodato che la transumanza è stata per secoli un fenomeno non solo economico e pastorale, ma anche politico, sociale e culturale, che ha segnato in modo indelebile le regioni interessate.
COSTITUZIONE DEGLI ANIMALI DA AFFIDARE AI PASCOLI (Constitutio de animalibus in pascuis affidandis). Fonte: Santagati Luigi-Ricerche storiche e archeologiche nel Val Demone. Società nissena di storia patria, 2014.
Il Re in persona
Mentre viaggiavamo serenamente attraverso le regioni della Puglia, da ogni parte si rivolgevano alla nostra altezza reclami e lamentele, dal momento che i custodi arrecavano generalmente a tutti gravissimi fastidi e ingiusti e numerosi danni e con varie e diverse vessazioni opprimevano intollerabilmente tutto il territorio. Volendo pertanto modificare comportamenti offensivi di tal natura e provvedere con passione alla pace e serenità dei sudditi, per mettere freno alla malvagità e alle iniquità di costoro, stabiliamo.
Che in ciascuna contrada, tanto relativamente al demanio nostro quanto alle terre dei conti e baroni, non siano insediati più di quattro custodi, ai quali non sia consentito, come fino oggi, o di impadronirsi o di prendersi cura degli animali di alcuno.
Ma se greggi o altri animali siano condotti e trasferiti da una contrada ad un’altra e usufruiscano, per solo un giorno o una sola notte e non di più, del pascolo nella terra di qualcuno, non sia lecito al padrone della stessa terra o all’ufficiale regio (balivo) pretendere un qualche risarcimento, ma costui senza alcun impedimento e senza alcun dazio permetta il transito degli stessi animali.
Se gli animali di qualcuno siano trovati lontani dalla propria contrada per un giorno o due, nel caso di eventuali danni arrecate alle coltivazioni o ai frutti, sulla di stima di uomini onesti, il proprietario degli animali paghi al proprietario dei terreni o dei frutteti il danno arrecato e nient’altro. Se il proprietario del terreno non vorrà
concedere pascoli secondo la fida che gli altri proprietari della zona ricevono, il padrone del terreno, dietro giuramento di colui che ha in custodia il gregge, dichiari il numero dei giorni che gli animali che gli animali hanno utilizzato il pascolo in tali terreni e relativamente ad esso riceva la fida per l’intero anno e niente altro; il pagamento di tale fida sia completamente liberatorio.
Se saranno trovati greggi senza pastore e se gli animali non abbiano stazionato nel fondo per più di dieci giorni, ricevuta la dichiarazione da parte del padrone o del pastore che essi stessi non hanno condotto i predetti animali in quel pascolo né vi siano stati condotti volontariamente, il proprietario consenta che senza alcun pagamento gli animali lascino il pascolo. Se invece gli animali si siano trattenuti oltre i dieci giorni, come è stato detto, secondo la fida che gli altri confinanti ricevono sulla base della dichiarazione di colui che ha avuto in custodia gli stessi animali, per i giorni che sono stati utilizzati i pascoli il proprietario riceva la fida in ragione dell’intero anno e consenta che gli animali vadano via senza problemi.
Tra i proprietari vicini e i proprietari convicini si stabilisce che, se gli animali del vicino hanno utilizzato i pascoli di qualche convicino o convicinale di giorno e di notte arrecandogli danno, il vicino, nella cui terra si pascola, mostri ciò al suo vicino proprietario degli animali una o due volte alla presenza di uomini di provata onestà, perché si ponga rimedio.
Che se non troverà alcun rimedio e troverà animali nel suo terreno, come è stato già detto ed è stato stabilito, in base alla fida che ricevono gli altri vicini e sulla base della dichiarazione rilasciata da colui che ha avuto in custodia gli animali, riceva una fida per tutti i giorni di pascolo in ragione dell’intero anno e nient’altro.
Chiunque temerariamente violerà queste nostre disposizioni dopo l’ira della nostra persona dovrà sostenere la perdita della vita e la pubblicazione [confisca] dei suoi beni. Se i sumerarii [conduttori di asini] o i bordonari [conduttori di muli] o i custodi di alcuni animali in qualche modo durante la transumanza trasferiranno duecento animali nel terreno o nel bosco di qualcuno e non arrechino danni. Ma per caso intaglino qualche oggetto (qualcosa di rotondo) o qualche bastone, non siano accusati né trattenuti ma sia loro consentito.
Dopo la lettura delle Costituzioni di Federico, ricaviamo che sono state riproposte, ad litteram, le Assise di Guglielmo II sopra riportate, fatta eccezione degli ultimi tre capoversi, e cioè: la regolamentazione dell’utilizzo dei pascoli tra vicini e convicini e le relative sanzioni in caso di violazione delle disposizioni della Costituzione stessa.
Le disposizioni sono abbastanza chiare e non occorre, a mio giudizio, fare ulteriori commenti. Tuttavia, sento il bisogno di approfondire sui seguenti corollari: 1) i tragitti sono gratuiti, sia su via pubblica che su terre padronali;
2) l’uso dei terreni privati (tratturi) crea, secondo alcuni, delle vere e proprie servitù di passaggio. Santagati a tal proposito scrive: …sia i tratturi che le trazzere non erano considerate appartenenti al Regio Demanio. La frase è non lascia dubbi di sorta perché al secondo capoverso è scritto: Ma se greggi o altri animali siano condotti da una contrada all’altra e usufruiscono, per un solo giorno o una sola notte e non più, del pascolo nella terra di qualcuno…il proprietario o il balivo devono lasciare transitare gli animali senza alcun risarcimento.
A questo punto metto in ballo l’opera del professore Laffi Umberto Docente di Storia romana all’Università di Pisa. Qui sotto riporto la pagina 185 che ho fotografato, dove leggiamo che gli itinerari sono i tratturi denominati itinera callium e che una prima descrizione è stata fatta da Varrone in età di Marco Aurelio (121-180 d.C.)
Per quanto riguarda il regime giuridico dei tratturi riporto qui sotto la pagina 187 in fotografia.
Leggiamo che i tratturi in età repubblicana erano aperti al libero transito. Per la frase in latino quod quisque pecudes…ecco la traduzione fatta dal Professore Carlo Cataldo di Alcamo: “per il fatto che ciascuno avrà condotto un gregge nei tratturi e ivi avrà pascolato per la transumanza [nelle vie pubbliche…per ciascun animale che nei tratturi o nelle vie pubbliche sarà stato spinto a pascolare, , ciascuno non sarà obbligato a dare [denaro ?] a gendarme o a magistrato”. Dal passo che abbiamo letto si evince, senza ombra di dubbi, che i tratturi erano strade private e transitabili gratuitamente.
Assodato che il transito delle mandrie è gratis sia in via pubblica che privata ragioniamo ancora un momento sulla validità territoriale della regolamentazione di tratturi e trazzere. Se è vero che il passaggio nei fondi padronali costituisce servitù, ripeto, che la transumanza presa in considerazione è quella di lungo tragitto, tanto che gli animali durante il percorso, non solo si cibavano, ma la notte dovevano pure dormire. Abbiamo visto sopra che gli armenti dall’Aquila a Foggia percorrevano 244 Km., ed impiegavano 10 giorni. Si deduce che questi animali camminavano alla velocità di 25 Km. al giorno (25X10=250), pertanto, necessariamente, dovevano sostare e dormire 9 notti, quindi, occorrevano grandi spazi per la sosta ed il riposo notturno. Ovviamente, i luoghi di riposo dovevano essere proporzionati al numero degli animali da ospitare. Tenuto conto della transumanza abruzzese o molisana composta di milioni di capi che transitavano in periodi dell’anno stabiliti, risulta abbastanza chiaro che le strade pubbliche o demaniali non potevano avere un così vasto spazio per ospitare il grande numero di mandrie che necessariamente dovevano occupare le terre private. Considerato anche un esodo frazionato nel tempo, il numero dei capi in transumanza doveva essere necessariamente elevato, per la semplice ragione che un allevatore non lascia la propria dimora per sei o sette mesi all’anno per 100 o 200 bestie. In conclusione, entra in ballo la grande transumanza dell’Italia centro meridionale che, a mio giudizio, in Sicilia non esiste come tra poco dimostrerò.
Intanto riprendo brevemente il tema giuridico “servitù”. Con Santagati, abbiamo ampiamente dimostrato che le trazzere e i tratturi non appartenevano al Demanio Regio, egli afferma: …(trazzere e tratturi) erano piuttosto passaggi de jure (di diritto), ovvero si era creata nei secoli una consuetudine e, quindi, si era determinata una servitù perpetua di passaggio. Il Santagati prosegue dubitando di essa servitù, tuttavia lascia il giudizio ai giuristi. Adesso voglio esprimere la mia opinione. La dottrina giuridica delle servitù prediali fa riferimento a tre periodi storici: al Diritto Romano, al Diritto intermedio e al diritto vigente. In precedenza ho fatto riferimento a servitù “rustiche” (Franciosi). Adesso ripeto che i più antichi tipi di servitù prediali, sorte per esigenze di vita agricola disciplinati dal Diritto romano sono: l’iter, l’actus, la via e l’aquaedoctus elencate come res mancipi (cose proprie). Nell’iter si costituiva il diritto di passare a piedi o a cavallo o in sedia gestatoria o in lettiga; nell’actus il diritto di passare con bestiame o con veicoli; nella via il diritto di passare entrambi, a piedi o con bestie. Qui non ci piove, trazzere e tratturi annoverati a res mancipi, cioè beni privati, sono servitù di diritto o de jure come afferma Santagati. Il diritto si estingueva per il venir meno dell’utilità della servitù stessa e cioè per il non uso (non usus) [Fonte: Nuovissimo Digesto Italiano, vol. XVII pag. 123]. Per il secolo XI casi di servitù prediale sono stati illustrati dal LEICHT sulla base di vari documenti che attestano l’esistenza di servitù di passaggio, di acquedotto e pecoris pascendi tra le rustiche, e tra le urbane quella di prospetto. A detta di LEICHT le servitù, in età preirneriana (si riferisce al Corpus iuris civilis[Diritto civile] di Giustiniano, 527-565 d.C.) nascono in genere da convenzioni, ma non mancano esempi di usucapione trentennale [Fonte: Nuovissimo Digesto Italiano, vol. XVII pag. 126].
Ne discende che, trattandosi di terre private, ampiamente sopra dimostrato, la servitù si estingue con l’estinguersi della transumanza e, quindi, il tratturo o la trazzera che attraversava il feudo torna dal dominus (padrone o proprietario). Pur, tuttavia la fine della transumanza, limitatamente al Tavoliere delle Puglie, è avvenuta in epoca Napoleonica. La legge 21 maggio 1806, emanata due settimane dopo la visita di Giuseppe Bonaparte a Foggia ed ha avuto come effetto immediato la fine della transumanza. La legge sovverte il plurisecolare aspetto giuridico del tavoliere, caratterizzato, come abbiamo visto, dal regime doganale, abolendo tutte le masserie fiscali e le terre di corte trasformate in coltura restano in perpetuo ai coloni o ai possessori, dietro il pagamento di un canone. La legge prevede anche lo scioglimento di ogni promiscuità di pascolo, la reintegra dei tratturi (non delle trazzere) e dei riposi laterali, l’eliminazione del tribunale della dogana e la decadenza di tutti gli antichi privilegi dei locati. Nonostante la pressione dei maggiori ex feudatari della Capitanata, la legge del 1806 ha il merito di porre fine alla transumanza abruzzese.
La legge abolitrice della transumanza, che prevede tra l’altro la reintegra immediata dei tratturi, la prescrizione a favore degli originari proprietari prevista dalla legge Romana e poi dalla legge di Giustiniano, è difficile dire che è applicabile. Manca, proprio la vacanza temporale. A parte il fatto che la transumanza nella regione pugliese è sicuramente rimasta, è stata annullata solo quella abruzzese.
E la Sicilia? Non mi stanco di ripetere che la transumanza in Sicilia è un fenomeno limitato in poche zone montuose, così pure le trazzere limitati a pochi comuni. Ecco la mappa della Sicilia montuosa.
La mappa nostra chiaramente le zone montuose: Sicani alti m. 1578, Madonie m.1979, Nebrodi m. 1847 Peloritani m.1279, Etna 3.323, Iblei m.986 ed Erei m.1192. La mappa mostra, pure a colpo d’occhio, l’impossibilità assoluta che le mandrie in transumanza potessero percorrere 11.500 km. di trazzere, per la semplice ragione che le distanze tra montagna e pianura sono brevi. Tuttavia, continuando il discorso, escluderei completamente la transumanza, in primo luogo negli Iblei, per l’altezza inferiore ai 1000 metri; aggiungerei inoltre i monti Erei ed anche i Sicani e per quest’ultimo, ho qualche incertezza per l’altezza di poco superiore a m.1500. La neve in quei monti è rarissimma e se c’è dura solo pochi giorni. Quindi non ci può essere transumanza. La mappa sottostante del Servizio Idrografico Italiano è eloquente e ci solleva da ogni dubbio, dato che possiamo individuare le catene montuose e i giorni di manto nevoso. Abbiamo, l’Etna fino a 50 giorni di neve; la catena di collegamento Nebrodi Madonie fino a 10; le zone costiere segnate in giallo solo giorni 1; il restante territorio giorni 10.
Pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico Italiano, “La nevosità in Italia nel quarantennio 1921-1960” edita dall’Istituto Poligrafico dello Stato nel 1971, riporta i risultati di uno studio tra i più completi sull’argomento della neve in Italia.
Qui mi prendo la licenza di dire che il termometro siciliano annuncia con sicurezza matematica che in Sicilia non c’è transumanza. Se c’è (per esempio sull’Etna) ha una durata di qualche mese o addirittura di qualche settimana (Madonie e Nebrodi) con percorsi brevi.
Allora, assimilare le trazzere ai tratturi è solo ridicolo per le seguenti ragioni: 1) mancanza di estese pianure come il Tavoliere; 2) l’assenza di pastorizia rapportata sia alla popolazione, sia alla lunghezza dell’intera rete trazzerale siciliana di 11.500 Km.
Adesso in chiusura riprendiamo la servitù. Inizio a ripetere che a differenza dei tratturi per i quali troviamo un’immensa letteratura sulla nascita, sviluppo e morte della transumanza e dei tratturi, per la Sicilia non esistono né un rigo scritto, né un documento; con esclusione del lavoro svolto dall’Ufficio Trazzere. Quindi, non abbiamo un data di nascita delle trazzere leggere “nei millenni”, come affermano alcuni cultori moderni, non ci conforta. E’ una parola astratta e indeterminata e non fa testo e neanche una data di morte. La Costitutio animalibus in pascuis affidandis di Federico II è stata ottriata, come abbiamo visto per la Puglia, non per la Sicilia; tuttavia anche quella data non ci conforta; anzi ci dimostra che a quell’epoca la transumanza in Sicilia non necessitava di alcuna regolamentazione. Poi, a partire dal 1500 fino al 1800 si sono susseguiti numerosi dispacci Regi di regolamentazione delle trazzere (che illustrerò nei successivi capitoli), e infine, le leggi emanate dal Regno d’Italia. Altre date certe sono i Decreti Assessoriali della Regione Sicilia che dichiarano la demanialità di ciascuna trazzera a partire dal 1952.
Il problema delle trazzere scoppia nel 1785 con la denuncia del Marchese Scipione Moleti di Messina al Viceré Domenico Caracciolo marchese di Villamaina di subire opposizioni ed ostali dai frontisti delle trazzere di transumanza verso i Nebrodi. Da qui inizia un grande lavoro del marchese Burgio-Maestro Segreto che si chiude intorno al 1810 con pochi risultati. Nel 1824 è stato emanato il Regio Decreto per la costruzione del strade in Sicilia. Dopo di ciò l’argomento delle trazzere viene affrontato dal Regno d’Italia. Il primo provvedimento organico per la conservazione, gestione e tutela dei tratturi (non delle trazzere) fu la legge 20 dicembre 1908, n. 746, le cui principali disposizioni mirarono alla conservazione dei quattro maggiori tratturi. Si susseguono una sfilza di leggi, a tutela dei tratturi e trazzere appartenenti al demanio dello Stato fino al 1949 con la legge Regionale 28 luglio 1949, n.39. Con lo Statuto che dichiara l’autonomia della Regione Sicilia per la materia in trattazione la competenza è passata dal Ministero dell’Agricoltura allo Assessorato Agricoltura della Regione Sicilia. Dal 1952 vengono pubblicati i Decreti Assessoriali di Demanialità per n. 690 Trazzere di Sicilia.
Chiedo scusa ai lettori per la lunghezza dell’argomento, ma spezzettarlo, a mio giudizio, qualcosa si perdeva come memoria. In chiusura dico: Abbiamo visto e pure ripetuto, che trazzere e tratturi in epoca romana rientravano nell’actus, come res mancipi, annoverato a “servitù rustiche”, con diritto di far passare gli animali; abbiamo visto che dette servitù erano soggette ad usucapione trentennale per il non uso (Giustiniano); abbiamo letto a partire da Guglielmo II per finire a Federico II con le Costituzioni di Melfi che, se greggi o animali usufruiscono per un solo giorno e una sola notte del pascolo nella terra di qualcuno non è dovuto alcun risarcimento al padrone, ma costui, senza alcun dazio, deve permettere il transito degli stessi animali. Re Federico secondo l’opinione corrente vuole creare una servitù di passaggio (a mio giudizio si trattava di un ordine od anche un comando). Considerato che la grande transumanza morta nel 1800, ma anche prima di quella data, tanto è vero che in quel periodo è stato accertato che molti tratti di trazzere erano stati usurpati dai proprietari frontisti. Considerato che gli accertamenti e le dichiarazioni di demanialità delle trazzere partono dal 1952 (Decreti Assessoriali inoppugnabili giusto per ricordare ai lettori la IV parte dell’Introduzione pubblicata il 18 marzo 2015) dopo più di secolo di abbandono, chiudo dicendo che in virtù della legge Romana, le Trazzere subiscono l’usucapione a favore dei proprietari.
Si può ancora aggiungere che le strade con Federico II costituivano regalie (e poi demanio), ciò significava che il Re donava le terre a principi e baroni ma tratteneva le strade per regalarle alla collettività. L’accertamento e le mappe delle trazzere sono state fatte, come abbiamo visto, solo nel 1952, cioè dopo otto secoli di abbandono, partendo da re Federico. In questo lunghissimo lasso di tempo, quelle porzioni di trazzere usurpate avranno visto succedersi milioni di nuovi proprietari subentrati o per successioni mortis causa o, per donazioni o, per acquisti in buona fede. Allora per giustizia quelle regalie, non recando più un’utilità sociale, dovevano essere devolute agli ultimi proprietari che sicuramente, con l’acquisto in buona fede, non hanno commesso nessuna usurpazione e sono stati pure tassati. Infatti, se restavano terre res nulluis (cioè di nessuno) lo Stato non incassava tributi. E c’è ancora un’altra favola da fare dimenticare. L’Ufficio Trazzere fa pagare il 25% extra calcolato sul valore attribuito al suolo da legittimare a titolo di risarcimento danno, senza specificare la figura del danno e senza tenere conto delle imposte già pagate (che sono numerose e onerose: imposte sui trasferimenti e successioni, tassazione annuale sui redditi dei terreni con aliquota progressiva, cioè comprensiva degli altri redditi) da chi legittima. Ai giuristi l’ardua sentenza. Senza dimenticare, però, che in Sicilia le strade armentizie si contano con le dita di una sola mano e che l’Ufficio Trazzere si è impossessato pure delle strade consolari Romane e di quelle costruite dai Borboni.
Da ultimo, le mappe sottostanti mostrano senza ombra di dubbio, che la Sicilia è tutta una trazzera. Qui, si affacciano gli 11.500 Km. e forse di più, di trazzere che coprono l’intera Sicilia.
Fonte: Trazzere di Sicilia di Gaetano Allotta
STRALCIO DELLA MAPPA ESPOSTA IN UNA CORNICE –UFFICIO TRAZZERE- PALERMO
I numeri indicano le trazzere. Il lettore li confrontare con l’elenco riportato in appendice.
ANTONINO MESSANA
La prossima puntata del secondo capitolo verrà pubblicata Sabato 2 Aprile 2016.
Con la prossima puntata inizierà il Capitolo III e ci addentreremo sulle “vicissitudini delle trazzere” . Qui, la storia della Sicilia e delle sue strade volge al termine e così pure la toponomastica. Chiedo umilmente scusa agli storici, agli archeologi ed in generale ai cultori delle materie stradali, se a loro giudizio ho improvvisato.
NOTE
Federico II nacque a Iesi il 26 dicembre 1194 dall’imperatore Enrico VI e da Costanza d’Altavilla. Il padre per consolidare il potere della sua casa, pensava di dichiarare solennemente che la corona era in essa ereditaria; ma per evitare una aperta ribellione dei maggiori feudatari, si limitò a far eleggere Federico re dei Romani. Questi alla morte del padre (settembre 1197) aveva appena tre anni, e stette sotto la tutela della madre, la quale governò con prudenza il regno di Sicilia agitato dalle lotte fra i signori tedeschi e normanni. Costanza riconobbe la signoria feudale del pontefice Innocenzo III (Lotario dei conti di Segni, 1298-1216). Ma Costanza segui’ presto nella tomba il marito (1198), affidò il figlio alla tutela del Pontefice, mentre il regno di Sicilia ridiventava campo di contesa fra i feudatari tedeschi e i nobili normanni, fra pretendenti alla successione normanna e legati pontifici. L’azione energetica di Innocenzo, come sovrano e come tutore, riuscì a consolidare nel regno di Sicilia la sua autorità e, dopo parecchi anni di lotte, specialmente contro i feudatari tedeschi, poté farsi consegnare il piccolo Federico (1206). L’abilità politica del papa s’era già dimostrata in Germania, dove alla morte di Enrico VI , il fratello di Filippo di Svevia, sembrava volesse far proclamare imperatore Federico, in nome del quale avrebbe continuato a tenere il governo della Germania. In realtà fu proclamato imperatore Filippo, candidato dai Ghibellini, ma scoppiò una contesa con i Guelfi che si appianò nel 1208, quando Ottone di Wittelsbach per rancore lo uccise. Dopo tante lotte politiche che comportò anche l’estinzione
del casato d’Altavilla e lotte tra il papa ed Ottone IV, finalmente, in Germania si formò, allora, una fazione che offrì la corona a Federico re di Sicilia, riconosciuto e benedetto dal papa suo tutore, il quale gli fece concedere in matrimonio dal re Pietro II d’Aragona la figlia Costanza (1209).
Nel contempo Ottone IV è incoronato imperatore a Roma. Nel 1215 Ottone IV tenta di unire le corone di Germania e di Sicilia ed entra in conflitto con Innocenzo III che lo depone e lo scomunica; dopo un lungo braccio di ferro diplomatico e militare Federico, che ha rinnovato fedeltà alla chiesa e promesso di comandare una Crociata in Terra Santa, è incoronato ad Aquisgrana Re di Germania. Federico, giovane poco più che ventenne, re di Sicilia e di Germania e designato all’impero, libero dalla tutela del papa, poteva incominciare a svolgere la sua politica personale. Poco prima che il pontefice morisse, Federico aveva formalmente rinnovato la promessa di tenere separato il regno di Sicilia dall’impero, e aveva assegnato al figlio Enrico come concessionario della Santa Sede tutti i territori di qua ed al di là dallo Stretto, affidandone il governo, durante la minore età del figlio, a persona che sarebbe stata soggetta e devota alla Chiesa romana. Scomparso il suo autore, egli si affacciava alla vita pienamente libero, con la consapevolezza di un potere che era il maggiore dei suoi tempi, con il suo impeto passionale, con l’ambizione che le sue forze potevano stimolare, con la sua concezione larga della cultura e della vita, che spiega tanto il suo interesse alle osservazioni e dalle esperienze naturali quanto la sua tolleranza ed anche benevolenza verso l’Islamismo, tanto la sua tendenza allo scetticismo venata d’incredulità quanto la sua libertà di costumi, quasi inconcepibile per la mentalità medievale. A tutto ciò Federico accoppiava, come il nonno, una concezione politica assolutistica, doveva porlo in contrasto sia con i diritti accresciuti dei feudatari, sia con le libertà dei comuni ,rivendicate a Legnano e a Costanza, sia con i privilegi della Chiesa, per bocca di Innocenzo III, si era attribuita direttrice suprema di tutta quanta la vita della cristianità.
Nel 1220 rientrato in Italia, Federico II è incoronato imperatore dal papa Onorio III.
Dopo di che nessuno gli impedisce di proseguire per la Sicilia dove lo attende un ingrato compito di normalizzare la situazione politica e sociale. La lotta contro le baronie sicule dura tre lunghi anni, dal 1221 al 1223, ma si conclude con successo.
Nel 1224 crea il primo ateneo realmente laico e di Stato, che attira presto docenti e discepoli con la fondazione dell’Università di Napoli.
Lo Stupor Mundi morì nell’odierna Torremaggiore (Foggia) il 13 dicembre 1250. Prima di morire volle indossare il saio dei monaci cistercensi e confessarsi con l’Arcivescovo di Palermo che lo sciolse dalla scomunica. Nella Divina Commedia di Dante Alighieri e’ collocato nel sesto cerchio dell’inferno assieme a Farinata degli Uberti, tra gli eretici e in un arco di fuoco inestinguibile. E’ stato scritto infine, che la Sicilia, ha perduto una guida illuminata. La sua salma riposa nella cattedrale di Palermo.
IESI CITTA’ NATALE DI FEDERICO II
Jesi, città delle Marche, in provincia di Ancona, da cui dista 31 Km. a SO, sulla sinistra del fiume Esino, a m. 96 s.l.m., in posizione panoramica con vista sull’Adriatico. (Fonte: Grande Dizionario Enciclopedico UTET, vol. X, pag. 94).
L’antica Esi (Aesi) sorgeva su un colle (Vedi foto), alla sinistra del fiume omonimo, Esino, che segnava il confine tra la VI e la V regione augustea d’Italia, l’Umbria e il Piceno. Dopo essere stata conquistata e devastata dai Goti e dai Longobardi, fu compresa nella donazione di Pipino alla Chiesa romana, confermata da Enrico II (1014). Intanto si venne costituendo a comune ed ebbe un periodo di vita florida in cui ampliò molto il proprio territorio sotto gli imperatori Federico I ed Einrico VI. Nel 1194 vi nacque Federico II di Svevia e, nelle lotte tra guelfi e ghibellini vi prevalsero quasi sempre questi fino alla sconfitta di Manfredi (1266). (Fonte: Enciclopedia Italiana Treccani-on line, voce Jesi).
Delitto di ABIGERATO. Sin da tempi antichissimi veniva punito con particolare rigore il furto del bestiame. I Romani per indicarlo e distinguerlo da altra specie di furti, crearono il nome particolare di abigeato (da abigere ab agere “mandare innanzi, spingere via). Fonte: Enciclopedia Treccani-on line. Il Codice Penale all’art. 624 regola il furto e all’art.625, denominato circostanze aggravanti (reclusione da uno a sei anni), al punto 8° recita: se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria. Ovvero animali bovini, ect..
Melfi Comune della provincia di Potenza, costituita da un centro storico di aspetto del tutto Medievale. E’ stata capitale della Contea di Puglia ove si tennero cinque concili, organizzati da cinque diversi Pontefici tra il1059 e il 1137. Federico II scelse Melfi come residenza estiva e porto la città ed il suo castello a nuovi splendori. Il sovrano svevo promulgò dal suo castello le “Costituzioni”. La stesura pensata ed avviata già nel 1230 venne affidata ad un’assemblea legislativa formata dai giuristi più noti dell’epoca. Pier delle Vigne, Arcivescovo di Capua, ecc..
CASTELLO DI MELFI-RESIDENZA ESTIVA DI FEDERICO II.
Callis- stradina tra i monti.
Bibliografia
– Grande Dizionario Enciclopedico Utet – terza edizione Torino 1969, volume VII pag. 642 e segg..
-Nuovissimo Digesto Italiano Utet – diretto da Antonio Azara e Ernesto Eula, Edizione III– ristampa 1979, volume IV pagg.297-298.
Crociata Michele Antonino – Sicilia nella Storia – La Sicilia e i Siciliani dalla Dominazione Saracena alla fine della lotta separatista (827-1950), Primo Tomo – Dallo sbarco saraceno alla morte di Re Ferdinando II, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2011. Pagg. 61 e segg..
Clementi Alessandro voce Pastorizia federiciana in ENCICLOPEDIA ITALIANA TRECCANI- on line. .
Testi di approfondimento
*La civiltà della transumanza di Edilio Petrocelli, Cosmo Iannone Editore, 1998.
*Abruzzo sul Tratturo Magno di Autori Vari, Rxorma Libri,2011.
*Il diario del pastore Nestore di Nestore Campana, Edizioni Textus 1998.
*Tra Abruzzo e Puglia. La transumanza dopo la dogana di Saverio Russo, Franco Angeli, 2002.
Cartografia
*La Carta dei Tratturi, Istituto Geografico De Agostini.
*Il Tratturo Magno L’Aquila Foggia.
Clementi Alessandro-La Transumanza nell’Alto Medioevo-Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria,annata LXXIV(1984), L’Aquila.
Laffi Umberto-Studi di Storia Romana e Diritto, Edizioni di Storia e Letteratura-Roma 2001.
Franciosi Gennaro -Corso Storico Istituzionale di Diritto Romano – G. Giappichelli – Editore, Torino 2014.
Servitù- Nuovissimo Digesto Italiano, vol. XVII pag. 118 e segg..
Allotta Gaetano-Trazzere di Sicilia, Edizione D’Arte T. Sarciuto 2001. Custodita dalla Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte-Roma. Coll. ZAB000343.
APPENDICE