Peppe lu Corvu al cimitero di Castelvedere – Capitolo V

I racconti di Nicola Quagliata

LA TRAMONTANA

La tramontana, che qui aveva soffiato tutta la notte,  stanca, salendo leggera come una brezza, dal mare di Petrolo e dalla spiaggia sabbiosa, per i pendii delle terre di Duchessa, dava muta voce alle tombe dalle stele abbattute dalla tempesta, e portava, tra i viali e i loculi cosparsi di fiori stracciati alle ghirlande l’odore salso delle Poseidone, sradicate nella notte e sbattute a riva dalle mareggiate insieme a gialli carapaci e chele di granchi sorpresi fuori tana e travolti dalle correnti e squassati con furia e mischiati a bastoncini di corallo e ricci presi in malasorte.

Peppe, che ora teneva abbassato il finestrino del camioncino, si rivolse al camposantaro mentre annusava l’aria e ne riempiva i polmoni

•      Eu ci vulissiarristaricà, questa aria di paradiso l’ho sentita già quando ho lasciato la strada provinciale e sono entrato nella trazzera che porta qua. Questa aria fa dimenticare la nottata e secondo me fa dimenticare ai morti di stare sotto terra, potrebbero scapparti…

Il camposantaro:

•      Ma non lo hai detto tu che da qui non te ne andresti? I morti la pensano come te e siccome sono morti ed i morti non hanno impegni, loro rimangono, non si allontanano, non scappano. Vai avanti e posteggiati vicino alla sala mortuaria, tra poco arrivano tre operai che ci aiutano a scaricare la cassa, io intanto preparo i sostegni.

Peppe fece manovra avvicinando la fiancata del camioncino al portone della camerata. Sceso dal camioncino vide che il camposantaro chiudeva il cancello e metteva una catena con il lucchetto. La mattinata si schiariva nonostante il cielo ancora coperto da nubi che ancora si rincorrevano e si mischiavano le più bianche alle più nere ancora saettando e borbottando. Quando furono vicini Peppe riprese con l’ironia di prima:

•      Hai chiuso il cancello ed hai messo la catena, ma allora veru ti scanti chi ti scappano… e sorrise.

•      No, no Peppe, un mi scantu chi mi scappano, al contrario, non devo fare entrare chi in questo momento va tenuto fuori

•      E cu si, san Petru?

Campusantaru:

– San Petru?… A san Petru li regali li detta lu Signori, a mia lu comuni e cu sai tu. Lu Signori è un’unica volontà, e pi san Petru li cosi su facili, eu capita chi dipennu da due volontà, quando

coincidono le due volontà non mi creano problemi, è quando divergono che le cose si complicano… il caso che tu mi porti stamattina da un lato è semplice e da un altro lato assai complicato chi a mia mi pari senza soluzione.

Peppe pensò che questo camposantaro parlava come Turiddu Crozza , il camposantaro di Salemi, e pensò che quello di seppellire i morti e di restarne a guardia nei cimiteri era un mestiere assai complicato, e mentre aveva questi pensieri vide comparire diverse figure femminili abbracciate tra di loro e ricoperte di abiti neri e di veli pure neri, vicino al cancello, e guardavano dentro, immobili. Si rivolse al camposantaro:

–      Ma chi sono? Che fanno?… come ti devo chiamare? Tu sai che io sono Peppe, ma io non so come tu ti chiami, e non ci siamo nemmeno presentati…

–      Non ne abbiamo avuto il tempo di presentarci, eusugnu Saro, mi chiamanuSariddru, tu chiamami Saru. Sono i parenti del morto che tu mi hai portato e che ancora sta sul tuo camion.. e sono quelli che non devono entrare…

–      Sunnu tutti fimmini…

–      Allora non sai? Omini in quella famiglia non ce ne stanno più, l’ultimo sta sul tuo camion…Queste sono la madre, le sorelle, le zie e la fidanzata. Hanno saputo del suo arrivo e sono corse a piangerlo… ma ho ordini di non farle entrare e non farle avvicinare al morto. E non so come lo abbiano saputo, non dovevano saperlo, non subito almeno… Oggi qua sarà na tragedia greca…

Intanto mentre Peppe e Saro si scambiavano le impressioni davanti al cancello le donne si mossero, si spostarono da un lato mantenendosi però sempre abbracciate e degli uomini si accostarono al cancello. Erano gli operai che Saro aspettava per lo spostamento della cassa dal camion e per altri lavori che c’erano da fare dentro al cimitero. Saro il camposantaro aveva un enorme grembiule blu con delle enormi tasche sovrapposte davanti dentro cui teneva le chiavi del cimitero, ci teneva una tenaglia ed una pinza, chiodi e delle cesoie, e del fil di ferro arrotolato, lentamente, con passo fermo, si diresse al cancello ed estratta la chiave dalla tasca del camicione la infilò nella toppa del cancello girandola rumorosamente. Le donne non si mossero e non gli rivolsero nessuna parola, erano in atteggiamento di attesa, di svolgere il compito che solo a loro spettava, lavare del sangue raggrumato e ripulire il corpo del loro caro, e rivestirlo di tutto punto con indumenti ed abito nuovi; ma erano anche in attesa di vederlo, e vedere come era stato ridotto dagli spari e se ancora vivo o già cadavere fosse stato trascinato tra le pietre e scorticata la pelle e la carne del suo corpo. In attesa della salma alle loro attenzioni ed al loro affetto, avevano fatto mille e mille pensieri di come lo avrebbero trovato, e di come avrebbero dovuto trattarlo. In quel periodo dell’anno, col freddo e la pioggia, il sangue non si raggruma, piuttosto fuoriesce dalla ferita ininterrottamente, fino ad esaurimento nelle vene; gli indumenti erano certo inzuppati del sangue del loro figlio, fratello, nipote, ed inzuppati anche di fango.

Saro aprì il cancello agli operai e lo richiuse con garbo, ad occhi bassi per rispetto. Gli operai entrarono silenziosi, uno di loro, varcato il cancello si fece il segno della croce, camminarono verso la sala mortuaria e verso il camioncino di Peppe, come se stessero camminando dentro una chiesa durante una messa solenne . Già sapevano il lavoro che li aspettava e quando il camposantaro fu con loro e con Peppe si accordarono sui compiti da svolgere, prendere la bara dal camion e portarla dentro alla sala mortuaria, normalmente la si accomodava ad un angolo in attesa dei parenti e del trasporto per l’inumazione nella tomba, ma Saro fece capire che non c’era inumazione in vista e che si doveva operare in modo nuovo. La bara andava scoperchiata e messa sul viale, poggiata su trespiti, rivolta verso il cancello di ingresso, inclinata in avanti in modo che dal cancello la salma potesse essere vista. E così fecero. Peppe non capiva tutta la messa in scena che il camposantaro aveva predisposto e si grattava la testa mentre quello svitava le viti per aprire la bara, si allontanò per non vedere ancora la salma ed il giovane morto. Dentro la sala mortuaria ora c’era una piccola folla tra gli operai che erano arrivati e stavano fermi guardandosi attorno in attesa di disposizioni sul che fare, il camposantaro che si dava da fare attorno alla bara e Peppe luCorvu che che da dentro guardava di là della porta il suo camioncino.

Poi il camposantaro si rivolse a Peppe:

–      Oggi il cimitero non riceverà visite…

Peppe:

–      Per il cattivo tempo che c’è stato questa notte?

Camposantaro:

–      No, non per il cattivo tempo, anzi quello farà correre più donne e familiari per venire a constatare i danni della tempesta e riordinare la tomba, … non riceveranno visite perché ho avuto ordine di non aprire e mantenere chiuso il cancello…

Peppe:

–      I parenti di questo giovane che sono davanti al cancello, almeno quelli potranno entrare? Devono comporre la salma…

Camposantaro:

–      Proprio quelli non devono entrare, e la salma potranno vederla perché noi ora la esporremo in modo che chiunque, da fuori al cancello, possa vederla, e vedrai che molti paesani verranno a vederla, compresi quelli che lo hanno fatto sparare. Io non aprirò il cancello per nessuno, questi ordini ho avuto: Saro, tieni chiuso il cimitero e non aprire manco ai carabinieri.

 Peppe:

•           ordini del comune?

Saro:

•           il comune non può dare questi ordini di servizio, ma quelli del comune sono d’accordo .

Peppe pensò che tutta la vicenda presentava aspetti non chiari e che Turiddru Crozza aveva cercato di spiegarglieli, ma lui ancora stentava a comprenderli, o si rifiutava di comprenderli. Chi erano questi che davano ordini che il comune non può dare al camposantaro? Chi erano questi che dimostravano di avere più potere del comune e dei carabinieri? Turiddru Crozza gli aveva fatto capire che era la mafia, ma lui dentro di sé era rimasto della sua convinzione che la mafia anche esistendo non poteva avere tutti questi poteri, più potere dello Stato? Ma stiamo scherzando? E poi perché mai la mafia che aveva ucciso il giovane doveva impedire che il corpo fosse dato ai parenti? Che interessi poteva avere a impedire che i familiari si prendessero cura del corpo? E che significato aveva la sua esposizione nel cimitero dietro la cancellata?

Al cancello del cimitero arriva un messo comunale che Saro il camposantaro conosce. Il messo chiede di entrare e Saro gli va incontro per aprirgli, il messo entra e consegna a Saro un documento dell’ufficiale dello stato civile del comune in cui rifiuta di dare autorizzazione alla sepoltura della salma di Mommo, per ulteriori accertamenti sulla disgrazia.

Il camposantaro se lo aspettava e tira un sospiro di sollievo – adesso non sono io a non voler seppellire il giovane, io non capisco bene perché ma ho l’impressione che resterà insepolto ancora per giorni.

Intanto la presenza fuori delle familiari del giovane ucciso si stava trasformando in una

veglia funebre davanti  alla cancellata chiusa del cimitero.

Sono presenti, tutte vestite e ricoperte di nero, l’una stretta all’altra, e l’una sorreggendosi all’altra, immobili, rivolte verso l’interno del camposanto, in un coro di dolore trattenuto in petto, la madre, le due sorelle, due cugine e la zia, Palmira, la sorella di Palmira, Giovannina amica di Palmira e della sorella.

Aspettano ignare l’arrivo del custode che venga ad aprire il cancello. Di la del cancello, a pochi passi dall’inferriata si intravvede la bara scoperchiata, sul coperchio appoggiato al muro della sala mortuaria due passeri che vi hanno trovato appoggio, borbottano fra di loro.

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