Matteo Messina Denaro ha chiesto e ottenuto di essere giudicato col rito abbreviato condizionato nel processo per estorsione

Matteo Messina Denaro ha chiesto e ottenuto di essere giudicato col rito abbreviato condizionato nel processo che lo vede accusato di estorsione davanti al gup Di Gioia

L’istanza era condizionata all’esame delle persone offese: Giuseppina Passanante, figlia di un prestanome del boss, e il marito che, secondo l’accusa, il capomafia avrebbe minacciato per riavere un suo terreno a loro intestato fittiziamente.
Messina Denaro, che si è difeso smentendo ogni responsabilità e sostenendo di essersi limitato a scrivere una lettera alla donna per riavere ciò che in realtà era suo, ha appunto chiesto e ottenuto dal gup di sentire in aula le due presunte vittime. La donna è figlia del defunto boss di Partanna, Alfonso Passanante. In un primo interrogatorio Matteo Messina Denaro ha detto di non conoscere nè Giuseppina Passanante nè il di lei marito, Giuseppe La Rosa. In altro interrogatorio ha detto di avere incontrato la donna nel 1991 a Tre Fontane, la frazione di Campobello di Mazara dove ha trascorso la sua latitanza, in un periodo in cui ancora era libero di muoversi. Ha detto che fu Alfonso Passanante a presentargli la figlia dicendo a questa che il terreno era suo. “Lei – ha detto il boss quando fu sentito dal gip – se ne beneficiava con i guadagni…Quel terreno lo aveva comprato mio padre (don Ciccio Messina Denaro ndr) nel 1983”. Per Messina Denaro legittimo il suo tentativo di rientrare nel possesso del terreno. “Seppi da terze persone (rimaste non indicate) che lo stavano vendendo per questo scrissi la lettera, nessuna minaccia”. Il nome di Alfonso Passanante è legato anche ad un’altra vicenda, il passaggio di proprietà di un altro terreno: il lotto di vigneto di contrada Zangara appartenuto alla famiglia D’Alì. Prima che la vendita venisse fatta a favore di Francesco Geraci, gioielliere di Castelvetrano, prestanome dei Messinas Denaro e quindi del boss corleonese Totò Riina che ne divenne proprietario effettivo, per quel lotto era stato concordato un preliminare di vendita tra i D’Alì – protagonista il banchiere Tonino, eletto poi senatore e diventato nel 2001 sottosegretario all’Interno, del quale campieri erano proprio i Messina Denaro, ed oggi sta scontando da pochi mesi a Milano una condanna a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa – e proprio Alfonso Passanante. Intanto il processo odierno contro Messina Denaro è stato rinviato a settembre, quando le due persone offese, Giuseppina Passanante e suo marito Giuseppe La Rosa, saranno citate.
L’istanza è stata avanzata al giudice dalla legale del boss, Lorenza Guttadauro, che è anche sua nipote, figlia del boss palermitano Filippo Guttadauro e di Rosalia Messina Denaro, la sorella del boss appena finita in cella, è detenuta in un carcere pugliese. Messina Denaro, detenuto a L’Aquila, non ha partecipato all’udienza. L’accusa era rappresentata dal pm della dda Gianluca De Leo.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.