Il ricordo per Fulvio Sodano

Oggi la Calcestruzzi Ericina Libera organizza un incontro dedicato al prefetto di Trapani : “fu cacciato da Trapani per ordine del senatore D’Alì” scrivono i giudici nella sentenza di condanna dell’ex sottosegretario. Presente don Luigi Ciotti

Trasferito da Trapani così come volevano i mafiosi. Accadde questo nel luglio del 2003 al prefetto Fulvio Sodano che da Trapani si vide improvvisamente spostato ad Agrigento. Il Governo (premier era Silvio Berlusconi) invece di proteggerlo per l’azione condotta a tutela dei beni confiscati e per l’azione di riuso sociale che Sodano aveva messo in moto, preferì mandarlo via da Trapani e questo all’indomani dell’ennesimo scontro che aveva avuto con l’allora sottosegretario all’Interno, il senatore trapanese Tonino D’Alì. Questo lo si può leggere nelle 130 pagine di motivazione della sentenza con la quale la Corte di Appello di Palermo ha condannato D’Alì a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un approfondimento sulla sentenza di condanna si può leggere nel numero del mensile S disponibile in edicola e on line.

Fulvio Sodano venne “rimproverato” dal politico perchè “colpevole” di favorire la Calcestruzzi Ericina, un’impresa di produzione di calcestruzzo confiscata al capo mafia di Trapani Vincenzo Virga. Dietro a quel rimprovero si cela una parte del rapporto tra D’Alì e la mafia. D’Alì contestò a Sodano che così si colpiva la libera concorrenza, ma dietro quell’azione si nascondeva per i giudici tutto il sostegno che il senatore da sottosegretario voleva garantire ai mafiosi che vedevano quell’impresa come pericolosa avversaria per le commesse pubbliche. I mafiosi intercettati all’epoca dalla Squadra Mobile erano stati sentiti esternare questa preoccupazione assieme a parecchia rabbia nei confronti del prefetto Sodano, morto pochi anni addietro, e al quale, guarda caso, venne negata dall’allora sindaco di Trapani, Girolamo Fazio, oggi sotto processo per corruzione (indagine sulla tangentopoli del mare “Mare Monstrum”), legatissimo a D’Alì per lungo tempo, la cittadinanza onoraria che invece la maggioranza del Consiglio comunale aveva chiesto di concedere poco tempo dopo il suo trasferimento da Trapani. L’imprenditore Nino Birrittella, che, si ricorda fece parte della congrega mafiosa trapanese, capeggiata dall’imprenditore di Paceco Ciccio Pace, diventato il “nuovo” padrino dopo l’arresto nel 2001 di Vincenzo Virga, raccontò sin dall’inizio della sua collaborazione, ritenuta attendibile e importante dai giudici, ma che ancora oggi in certa parte della città, la stessa che si indigna per una fiction, viene osteggiata quasi fosse un veleno la collaborazione con la giustizia e non Cosa nostra, raccontò questo scenario nei minimi dettagli, il trasferimento da Trapani ad Agrigento, Fulvio Sodano lo seppe appena 24 ore prima che venisse deciso nell’estate del 1993 dal Consiglio dei Ministri (presidente Berlusconi, ministro dell’Interno Beppe Pisanu), ma i mafiosi lo sapevano già da tempo. Quel monito rivolto da D’Alì a Sodano non era frutto di una preoccupazione che il comportamento del prefetto potesse colpire la libera concorrenza. Scrivono i giudici: “non è nei compiti di un sottosegretario garantire la parità delle imprese nel territorio…è semmai nei compiti di un sottosegretario garantire che un’impresa dello Stato (quale era la Calcestruzzi Ericina essendo stata confiscata al mafioso ndr) non venisse boicottata e che finisse con il diventare oggetto dei desiderata dei mafiosi”, considerato che nel frattempo Cosa nostra trapanese puntava a rientrarne in qualche modo in possesso. Il trasferimento di Sodano da Trapani per i giudici fu l’ulteriore favore garantito dal sottosegretario D’Alì a Cosa nostra. Cosa nostra che puntava a controllare importanti appalti pubblici a Trapani e a Castellammare del Golfo e non voleva concorrenti per le forniture di cemento e inerti. Il prefetto Sodano aveva ben capito cosa e che stesse tentando di stritolare la Calcestruzzi Ericina. E cioè, riconoscono i giudici della terza sezione della Corte di Appello di Palermo che hanno condannato Tonino D’Alì, il forte interesse innanzitutto del capo mafia Ciccio Pace a non aver intaccato il potere mafioso e imprenditoriale imposto sulla produzione del calcestruzzo e il commercio degli inerti, attraverso la sua impresa, la Sicilcalcestruzzi. Francesco Pace era riuscito a realizzare, grazie al suo carisma mafioso, un “cartello” di imprese , società di produzione del calcestruzzo disseminate nel territorio e pronte ad accaparrarsi commesse pubbliche e private, ma al “cartello” mafioso dava fastidio la presenza della Calcestruzzi Ericina e quel prefetto che rivolgendosi a chi si aggiudicava appalti pubblici faceva invito a preferire, a parità di prezzi, la Calcestruzzi Ericina: l’ordine mafioso fu quello di fare “terra bruciata” attorno a quell’impresa e al prefetto che voleva proteggerla essendo una impresa dello Stato. L’interesse di Cosa nostra, risultato tutelato da un altro uomo dello Stato, il sottosegretario all’Interno Tonino D’Alì, era quello di togliersi di mezzo avversari pericolosi ma far fallire la Calcestruzzi Ericina, cosa questa che avrebbe evidenziato la sconfitta dello Stato che aveva avuto l’ardire di confiscarla al mafioso Virga. La cupola mafiosa voleva vincere a tutti i costi, per i giudici in questo D’Alì fu prezioso alleato. La Calcestruzzi Ericina non è fallita, e qui la mafia ha perso, è rinata grazie ai suoi dipendenti che si sono costituiti in cooperativa, la mafia ha vinto solo per aver visto trasferito via, lontano da Trapani, quel prefetto, Fulvio Sodano, che agli occhi del sottosegretario D’Alì era un “favoreggiatore”, così Sodano si sentì affrontato dal senatore, definizione che si fornisce solo a chi aiuta dei malavitosi, dei criminali, ma che D’Alì non ebbe remore a pronunciare per il fatto che Sodano agiva per difendere non un criminale ma una impresa sottratta a dei veri criminali e diventata di proprietà dello Stato. Indimenticato resta in chi scrive il ricordo dell’ultima uscita pubblica di Fulvio Sodano, il 19 luglio del 2003 quando suo ultimo atto fu quello di riunire attorno ad uno stesso tavolo amministrazioni pubbliche e associazioni, come Libera, presente era anche don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, per sottoscrivere un protocollo sul riuso dei beni confiscati: “io vado via da Trapani – ebbe a dirmi – per questa riunione”. Traferito all’improvviso, sebbene 20 giorni prima di quella riunione il capo di gabinetto del ministro, prefetto Mosca, gli aveva detto che lui sarebbe rimasto a Trapani. Dirompente è anche un’altra parte delle rivelazioni dell’imprenditore Birrittella. “Pace (Francesco ndr) mi disse che si sarebbe adoperato per far trasferire Sodano…a trasferimento avvenuto Pace mi disse che era opera sua perché si era rivolto a persona a lui vicina”. Birrittella ha riconnesso la rimozione di Sodano agli stretti rapporti tra Pace e D’Alì. Un trasferimento pieno di lati oscuri tanto che i giudici di appello hanno rimesso gli atti alla Procura di Palermo ipotizzando false testimonianze in capo a personaggi eccellenti come l’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu e l’ex Governatore della Sicilia Totò Cuffaro: questi in privato avrebbe detto a Sodano (circostanza emersa dalla testimonianza della moglie del prefetto, Maria Augello) che era stato D’Alì a volerlo trasferito, per poi negare la circostanza quando fu sentito nel processo contro il senatore D’Alì. Così come determinanti per i giudici per mettere assieme i pezzi di questo puzzle rimasto scomposto per troppo lungo tempo, sono state le dichiarazioni dell’amministratore giudiziario Luigi Miserendino, che con il prefetto Fulvio Sodano prese per mano la Calcestruzzi confiscata per portarla nuovamente verso il libero mercato, trasformandola anche in una nuova impresa. Miserendino, guarda caso, come avviene di solito in certe sceneggiature (non quelle da fiction) scritte dalla mafia, si è ritrovato presto infangato tanto da venir arrestato dalla Procura di Palermo, per fatti lontani da Trapani e dalla Calcestruzzi Ericina, per poi essere assolto in via definitiva: i giudici di lui hanno scritto che non c’erano elementi nemmeno per iscriverlo nel registro degli indagati. Un prezzo pagato per essere stato anche lui, come Sodano, un uomo “incontrollabile”? L’interrogativo resta senza risposta, ma certe volte a pensar male ci si azzecca.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.