Caccia al boss

La Polizia esegue 20 perquisizioni nel Belice

Nella notte circa 150 agenti di polizia su ordine della Procura antimafia di Palermo, hanno eseguito una ventina di perquisizioni nei confronti di soggetti appartenenti al clan del latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di soggetti contro i quali la Procura distrettuale antimafia di Palermo ipotizza i reati di procurata inosservanza della pena e favoreggiamento, in sostanza l’accusa quella di essere complici del capo mafia latitante, aiutato a sottrarsi alla cattura e quindi alla carcerazione alla quale è destinato per via degli ergastoli ai quali è stato condannato in questi 28 anni di latitanza. Condanne per stragi e delitti. Da ultimo a Caltanissetta Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per le stragi del 1992 dove morirono i giudici Falcone e Borsellino. Proprio dal processo di Caltanissetta è emerso che il capo mafia voleva far uccidere Borsellino quando era capo della Procura di Marsala e dopo che aveva chiesto la sorveglianza speciale per il padrino belicini Francesco Messina Denaro. Matteo reagì in malo modo a quella iniziativa giudiziaria di Borsellino contro suo padre.

Le perquisizioni di stanotte sono state eseguite da agenti dello Sco, Servizio Centrale Operativo e appartenenti alle Squadre Mobili di Trapani e Agrigento. I 20 perquisiti sono residenti a Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena. Tra gli indagati anche insospettabili, soggetti mai indagati o condannati per mafia e favoreggiamento, e su questi nuovi nomi adesso si concentra l’attenzione della polizia. Intanto ieri sera il Tg2 ha mostrato L’immagine del volto del numero uno di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro ripreso da una telecamera di sicurezza: le ha trasmesso il Tg2 in un servizio in onda nell’edizione delle 20.30.

Le immagini, afferma il servizio, sono state registrate da una telecamera in strada in provincia di Agrigento, risalgono al 2009 e sono le uniche che inquirenti e investigatori hanno dal 1993. Il video è possesso degli investigatori della Direzione centrale anticrimine della Polizia.

Nelle immagini, che durano pochi secondi e risalgono al dicembre del 2009, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l’autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, afferma il servizio, quell’uomo potrebbe essere proprio Matteo Messina Denaro.

Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese da una telecamera di sicurezza a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di cosa nostra, che in quel periodo era protetto dalle famiglie agrigentine e, forse, stava andando proprio ad un incontro con i capi mafia locali. Le indagini per la cattura del boss stanno portando i poliziotti a cercarlo proprio in quella parte di territorio a cavallo della provincie di Trapani e Agrigento, dove Cosa nostra vive con le sue regole ancestrali dove la fedeltà al boss resta integra.

Ecco i destinatari delle perquisizioni: Salvatore La Cascia (Campobello di Mazara), Giuseppe Giambalvo (Roccamena), Pietro Giambalvo (Santa Ninfa), Isidoro Cammarata (Castelvetrano), Filippo Mangione (Partanna), Nicola Pandolfo (Partanna), Laura Bonafede (Campobello di Mazara), Cataldo La Rosa (Campobello di Mazara), Giovanni Campo (Santa Margherita Belice), Piero Guzzardo (Santa Margherita Belice), Filippo Messina (Castelvetrano), Giovanni Furnari (Castelvetrano), Pasquale Zinnanti (Partanna), Lorenzo Catalanotto (Castelvetrano), Antonio Trinceri (Partanna), Tommaso Tumbarello (Partanna), Antimo dell’Aquila (Campobello di Mazara), Rosario Scalia (Partanna), Calogero Giambalvo (Castelvetrano), Alessandro Messina (Mazara del Vallo).

CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteCastellammare, progetto per l’affidamento per 7 anni della gestione sosta a pagamento, ztl e servizio bus navetta”
Articolo successivoSi chiamava Omar aveva 37 anni e veniva dalla Guinea Bissau. Morto per guadagnare come bracciante una manciata di euro
Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.