La spesa

I racconti di Nicola Quagliata

La spesa

Alle 12 e 58 minuti di ogni giornata lavorativa in Regione Mario, mio collega più giovane, entrato con l’ultimo concorso, apre appena la porta del mio ufficio, entra la testa lasciando il resto del corpo nel corridoio, e con il sorriso in faccia  mi dice:

È ora, andiamo?
Oppure

Tu che fai, non  non vai oggi?
Oppure

Mi puoi dare il passaggio?
È l’ora dello spacco mensa delle tredici, possiamo consumare trenta minuti della giornata lavorativa per il pranzo, ma abbiamo a disposizione trenta minuti, superati i trenta minuti occorre recuperarli all’uscita. Siccome non c’è la mensa aziendale noi andiamo al vicino supermercato, sopra Parco Arbostella, a comprarci un panino con a parte prosciutto crudo o un bocconcino di mozzarella di bufala o una scatola di sardine a seconda della giornata, delle mele e l’acqua. In venti minuti facciamo la spesa e siamo di ritorno. Andiamo sempre con la mia macchina. Dentro al supermercato ci separiamo, ognuno va per conto suo tra gli scaffali, anche perché io sono un solitario, e ci reincontriamo in auto. Un giorno di fine anno ci mise più tempo a fare la spesa, ed io lo aspettavo fuori dall’auto approfittando di qualche raggitello di sole in faccia e sulle mani. Al suo arrivo gli chiesi del ritardo, scherzando sulla spesa.

Nicolò, dobbiamo stare attenti quando paghiamo alla cassa, io sto attento sai? Non so se pure tu stai attento e se te ne sei accorto.
Lo diceva serio, aggrottando anche la fronte e le sopracciglia e guardando dentro la busta della spesa, con attenzione, come stesse valutandone il contenuto pezzo per pezzo.

Questo della cassa, l’hai presente quello più giovane sempre serio? Non fa mai il conto in modo corretto, è già la seconda volta, io me ne accorgo perché controllo lo scontrino con quello che acquisto, ed è già la seconda volta che trovo 10 centesimi in più da pagare sulla spessa. Adesso ho perso tempo alla cassa proprio perché ho avuto la discussione e mi sono fatto rifare il conto e mi sono fatto cancellare i 10 centesimi in più che mi aveva registrato. Ma non è per i 10 centesimi, figurati, non mi attacco ai 10 centesimi, ma questo se ci pensi, 10 centesimi a me, 10 ad un altro e 10 ad un’altra signora a fine giornata ha avuto il suo guadagno.
Stando ai calcoli di Enrico il guadagno a fine giornata doveva ammontare ad oltre 5 euro, e 5 euro di guadagno a 10 centesimi a cliente contano 50 clienti. Ma Enrico faceva notare che a questi dei supermercati li fanno lavorare anche 6 giorni a settimana e quindi il guadagno era di almeno 30 euro a settimana, che in un mese fa oltre 120 euro, in un anno oltre mille e duecento euro come una quattordicesima.

Vedi? Non ho forse ragione ad indignarmi? Non è per i miei 10 centesimi, non è per egoismo che mi indigno, io mi indigno al pensiero di questo guadagno.
Enrico faceva i conti in auto con passione e la sua indignazione era sincera, espressione di un sentimento sincero e spontaneo. Bisogna avere fiducia nei giovani pensai, si sanno fare bene i conti.

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