Una richiesta che sgomenta

Palermo, la Procura chiede 11 anni per il giornalista Pino Maniaci

Secondo la Procura di Palermo il processo ha confermato che il giornalista palermitano Pino Maniaci è colpevole dei reati di estorsione e diffamazione. E ieri il pm Anna Maria Luise ha chiesto per lui 11 anni e 6 mesi. Richiesta di condanna condivisa dai legali delle uniche parti civili costituite in rappresentanza del giornalista Michele Giuliano, di Nunzio Quatrosi e di Gaetano Porcasi. L’estorsione pari ad euro 366 l’avrebbero subita due sindaci, quello di Borgetto, Gioacchino De Luca e quello di Partinico Salvatore Lo Biundo, quest’ultimo però in aula ha negato di avere subito pretese estorsive da Maniaci. Il 12 gennaio è previsto l’intervento dei difensori del giornalista Maniaci che con la televisione da lui diretta, TeleJato, ha sempre illuminato quella valle tra le province di Palermo e Trapani, dove la presenza mafiosa è stata sempre una costante, mafia militare e mafia capace di inquinare imprenditoria e politica. Una informazione condotta dai tempi in cui sui giornali non si raccontava quello che invece Maniaci riusciva a scorgere e a denunciare giornalisticamente. A difendere Pino Maniaci sono gli avvocati Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino. Secondo loro nella requisitoria il pm ha raccontato un processo diverso da quello che si è dibattuto.  “Il pm ha fatto la sua requisitoria. La pena è esagerata e infondata. La pm ha riportato gli atti di indagine nella sua requisitoria, ma durante il processo molto di quegli atti è stato capovolto – ha detto a Repubblica uno dei suoi due difensori, l’avv. Antonio Ingroia, ex pm a Palermo – la pena richiesta è eccessiva, sono pene che si chiedono di solito per un capomafia” ha aggiunto Ingroia all’Adnkronos: “Leggeremo la corposa requisitoria del pm che ha depistato l’accusa  e quando faremo l’arringa difensiva contesteremo punto per punto ogni fatto. Questo è uno di quei casi in cui il pm avrebbe dovuto chiedere l’assoluzione per l’imputato tenendo conto del risultato dibattimentale. Da una parte il pm sembra essersi fermato a prima dell’istruzione dibattimentale – ha proseguito Ingroia – l’accusa ha ribadito le acquisizioni della fase delle indagini ignorando le risultanze del processo in cui ci sono stati tanti testi e presunte persone offese che per primi hanno detto di non avere subito nessuna estorsione. I pm hanno ignorato questi aspetti. Ma mi ha colpito ancora di più l’eccessività della richiesta. Stiamo parlando di presunte estorsioni di qualche centinaio di euro, sono pene che si chiedono per i capimafia non per Pino Maniaci, una richiesta sproporzionata per una persona che non si è mai tirata indietro nelle critiche e nelle polemiche nei confronti della Procura di Palermo. Più volte ha criticato l’operato della Procura anche nella vicenda del caso Saguto (la ex giudice travolta dall’indagine della Procura di Caltanissetta sulla mala gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia ndr)”. La vicenda giudiziaria di Pino Maniaci ebbe inizio nel 2016, anticipata da alcuni servizi giornalistici, poi la misura cautelare che fu eseguita nell’ambito di una operazione antimafia che colpì alcuni soggetti della zona di Partinico. La posizione di Maniaci nella fase preliminare fu stralciata e, il giornalista di TeleJato è andato da solo a processo, gli altri indagati finirono in un altro troncone dibattimentale, Maniaci con le loro malefatte non aveva nulla a che fare, a lui infatti non si contesta l’aggravante di aver favorito la mafia. Sarebbe stato uno scandalo nello scandalo. Francamente le conclusioni del pm suscitano sgomento assieme a perplessità. In un contesto siciliano dove regna la divisione non tra buoni e cattivi, ma semmai tra chi cerca la verità e chi invece la verità non vuol cercarla affermando così che solo in tal mondo si resta con le mani pulite e si resta terzi tra la mafia e l’antimafia, non c’è dubbio che noi staremo sempre dalla parte di chi cerca la verità, scegliendo di combattere la mafia e affermando che restando terzi si dà aiuto non allo Stato ma all’antistato delle mafie. E Pino Maniaci non c’è dubbio che è un giornalista che lavora nella ricerca delle verità, indicarlo come una voce corrotta ci sembra una bestialità, così come ci pare una offesa bella e buona cercare di cancellare la storia sua e di TeleJato, soprattutto quella storia che ha indotto la Procura di Caltanissetta di indagare la giudice Saguto e il suo “cerchio magico” fatto di prefetti, investigatori, avvocati, amministratori giudiziari, professori. Noi stiamo dalla parte di Pino Maniaci e confidiamo nella giustizia, ma già il dover scrivere che con coraggio stiamo dalla sua parte fa impressione a noi stessi che vorremmo usare la parola coraggio per altro, ma la vicenda giudiziaria è stata usata da alcuni per un j’accuse che il collega Maniaci non merita per nulla ed allora, consci dello scenario, dobbiamo usare la parola coraggio per questa scelta.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.