Un carcere in subbuglio

Tensioni sindacali all’interno della casa circondariale Cerulli di Trapani. Contestata la direttrice. Invito al Dap a intervenire

Il documento sindacale del Coordinamento Nazionale Polizia Penitenziaria è di qualche giorno addietro. E’ un atto di accusa pesante contro la direttrice della casa di reclusione “Pietro Cerulli” di Trapani, dott. Teresa Monachino. Il segretario regionale del Cnpp, Nico Del Grosso, di fatto ha chiesto all’amministrazione penitenziaria di trasferire ad altra sede la direttrice per comportamento antisindacale. Il Coordinamento nazionale Polizia Penitenziaria voleva parlare della carenza di personale all’interno del carcere di Trapani. Ma la direttrice pare non abbia scelto la strada della buona accoglienza nei confronti dei rappresentanti sindacali. Così come il buon ascolto in questi due anni di incarico non avrebbe mantenuto con il personale e le rappresentanze sindacali interne. Il personale della Polizia penitenziaria è pressato da numerosi impegni, difficile da affrontarsi a fronte di evidenti carenze di organico. Per il sindacato Cnpp la direzione del carcere invece di scegliere la strada della comprensione talvolta avrebbe utilizzato un ingiustificato pugno di ferro contro il personale. Il tentativo di un chiarimento diretto avviato dal Cnpp non è andato a buon fine. La casa circondariale è di secondo livello, ma i numeri non sono adeguati. In pianta organica sono previsti 300 dipendenti, la vacanza è di circa 70 posti, ma è difficile organizzare i turni di servizio. Tra i dipendenti in servizio molti sono quelli che fruiscono di astensione dal lavoro ai sensi della legge 104 (assistenza a familiari) , gestire i servizi che prevedono per ogni turno una sessantina di lavoratori – sostiene il sindacato – non è cosa facile. “Riteniamo altresì una vera e propria perdita di tempo – dice Del Grosso – l’istituzione di un tavolo tecnico che dovrebbe ridefinire una nuova riorganizzazione del lavoro della Polizia Penitenziaria, in quanto è palese che oggi a Trapani vi sia una carenza di personale di Polizia Penitenziari pari a 67 unità. Dispiace davvero constatare come a fronte di una carenza di personale così drammatica non ci sia stata fino ad oggi una dura presa di posizione da parte di altri sindacati di categoria”. All’interno del carcere i detenuti sono 460, 90 di questi sono detenuti in misura cautelare o condannati per 416 bis, associazione mafiosa. Sono in corso lavori di ristrutturazione che porteranno la popolazione carcerari a 610 unità. Se l’organico della Polizia Penitenziaria resterà quello che è, certamente sarà difficile garantire servizi ma anche la sicurezza interna. E i servizi da garantire si sono fatti complicati da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria Covid-19. All’interno del carcere ci sono solo 20 unità destinate alla quarantena, quasi sempre al completo: l’isolamento è previsto per i detenuti che arrivano da altre carceri, per i nuovi ingressi ma anche per quei detenuti che ritornano dai permessi, tanto che molti detenuti rinunciano ai permessi per non ritrovarsi in isolamento per due settimane. Secondo il punto di vista dell’organizzazione sindacale l’amministrazione penitenziaria ha sottovalutato la situazione e poi c’è di più, la stessa direzione della casa di reclusione non sarebbe stata all’altezza nell’affrontare la situazione, spesso facendo ricadere sugli agenti responsabilità non proprie. “L’età anagrafica avanzata, lo stress dei poliziotti per la presenza di numerosi detenuti con patologie psichiche – prosegue il Cnpp – le difficoltà operative causate dalle complicazioni dei protocolli COVID e dal saturamento delle celle disponibili, gli accorpamenti quotidiani dei posti di servizio, le continue aggressioni nei confronti dei baschi blu, hanno creato un clima lavorativo difficile all’interno del Cerulli”. Nel carcere trapanese a fronte del personale in servizio è poi certamente eccessivo il numero dei detenuti psichiatrici, così come pare essere numerosa la popolazione di origine extracomunitaria; carente, numericamente, il personale con adeguata professionalità e mancano locali dove trattenere in sicurezza questi detenuti. Il trasferimento a Trapani di detenuti psichiatrici, rispetto a questa situazione, dovrebbe essere limitato e invece pare essere continuo. Ci sono stati anche gravi episodi di aggressione da parte dei detenuti contro gli agenti, protagonisti spesso quei detenuti mandati a Trapani per punizione, mandati via da quelle carceri vicino ai propri luoghi di residenza. Arrivare a Trapani per questi detenuti è significato allentare e ridurre di parecchio i contatti con i propri familiari. Ora tutto questo è possibile in una struttura dove il numero di agenti è quello corretto per tenere sotto controllo questi detenuti, ma il carcere di Trapani non è tra queste strutture. “Poiché non è più tollerabile lavorare in queste condizioni – afferma la segreteria regionale Cnpp – e per questo si dichiara lo stato di agitazione del personale iscritto al fine di sensibilizzare gli organi superiori a porre ogni iniziativa possibile tesa a mitigare le condizioni lavorative dei poliziotti penitenziari trapanesi”. L’appello a intervenire è rivolto direttamente al direttore del Dap, il magistrato Dino Petralia.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.