La Libertà che ancora non c’è VIDEO

Valderice: il ricordo di Rostagno vicino al suo sepolcro. L’appuntamento organizzato da Comune di Valderice, Ciao Mauro, Libera e Articolo 21, dedicato alla Libertà che ancora non c’è

Le parole, la musica, come avviene oramai da qualche anno, ha accompagnato il momento del ricordo del giornalista Mauro Rostagno, l’ex esponente di Lotta Continua, animatore di tante iniziative, ultime quelle dedicate al recupero dei tossicodipendenti nella comunità Saman d lui fondata a Lenzi, nelle campagne di Valderice, a pochi chilometri da Trapani, e all’informazione dagli schermi della tv privata di Trapani, Rtc. E’ in questo frammento di vita, ma è poco definirlo così, che si inserisce il suo delitto, ordinato dalla famiglia mafiosa dei Messina Denaro e compiuto dai gregari della famiglia mafiosa di Trapani, capeggiata da Vincenzo Virga, già condannato all’ergastolo per l’omicidio nei due processi che si sono celebrati. Adesso si attende il pronunciamento della Cassazione, udienza attesa per il 27 novembre. Ieri in mattinata un momento commemorativo si è svolto a Trapani, per iniziativa del Comune, nella piazza Mercato del Pesce, simbolicamente dedicata a Rostagno, e poi anche sul luogo del delitto, in contrada Lenzi. Davanti alla stele diversi sindaci e anche il prefetto Tommaso Ricciardi, a ricordare Rostagno per l’associazione antiracket è stato il giornalista Fabio Pace. Il ricordo, organizzato dall’associazione Ciao Mauro, da Libera e Articolo 21, con il sostegno dell’amministrazione comunale di Valderice, ricalca perfettamente il lavoro che Rostagno condusse a Rtc. E le sue parole sono riecheggiate ieri nel cimitero di Ragosia ancora una volta diventato il teatro di un performance parecchio suggestiva ed emozionante. Assieme alla musica. Il filo conduttore è stata la canzone di Giorgio Gaber, “La Libertà”. Mauro Rostagno fu ucciso perché voleva liberare questa terra, a suo modo, raccontando anche con ironia fatti gravi e tristi, mettendo alla berlina i mafiosi ma anche i “colletti bianchi” che ne sono ancora oggi i complici: politici venduti, massoneria funzionale a fare da camera di compensazione degli affari sporchi. Guardava la città attraverso le telecamere e proponeva in tv quelle immagini, dicendo che i trapanesi non potevano stare ancora zitti. Una città sporca, e lui dimostrava che sotto quella munnizza per le strade c’erano i piccioli, tanti soldi, che finivano nelle tasche dei mafiosi. Burlescamente descriveva poi i politici che stavano seduti nei palazzi del potete politico, li irrideva ma intanto li colpiva uno ad uno, non attendeva le indagini della magistratura, indicò certi corrotti ancora prima che questi venissero arrestati. E poi i mafiosi, e i loro affari nel mondo della droga. Dava il microfono ai magistrati, come Paolo Borsellino, ai familiari delle vittime, in un periodo in cui certi microfoni finivano sotto la bocca dei colpevoli. Ha pagato con la vita il suo coraggio contro la indifferenza, e in poco tempo era riuscito dagli schermi della tv, o andando in giro per la città, puntualmente con quei suoi abiti rigorosamente di colore bianco, a tirar fuori dai trapanesi una forza civile contro l’imbarbarimento. Trapani giorno dopo giorno scopriva che dietro le incertezze con le quali si era costretti a vivere, si celavano mafia e malaffare, sfidò il pensiero comune dell’epoca, “la mafia non esiste”. Oggi con altre parole, “la mafia è sconfitta” si continua a dire la stessa cosa, che già si diceva nel secolo scorso, sono trascorsi 32 anni a cavallo di due secoli, ma quel secolo scorso sembra non essere mai andato via. Rostagno aveva dato nuova speranza ai trapanesi, ma il delitto ha spento la sua voce ed ha mandato a dire ai trapanesi che è sbagliato avere speranza. Oggi non è vero che tutto va bene, non va tutto bene, la mafia non ha più necessità di far sentire la sua voce con le armi, perché da quel 1988 in poi il sistema mafioso è diventato quello legale, e illegale è diventato semmai il sistema fondato sulle libertà. Almeno così certuni ancora ritengono. Nonostante ciò che viene fuori dalle indagini, anche le più recenti, che hanno provato come diversi uomini politici sono stati di casa nelle abitazioni dei mafiosi, come una parte del sistema imprenditoriale è inquinato da Cosa nostra e tanti imprenditori hanno fatto finta di non vedere. Qui sentenze di condanna sono finite schiacciate perché indicate come bugiarde, e sentenze di assoluzione invece sono state portate come grandi successi della verità, anche quando nelle stesse sentenze è risultato scritto che sono mancate le prove. Hanno arche provato ad affossare la pesante sentenza di condanna per l’omicidio di Mauro Rostagno, che letta attentamente dimostra ampiamente che Cosa nostra a Trapani non era un evento di passaggio ma semmai era perfettamente radicata e lo resta considerato che alcuni nomi di quel 1988 ancora oggi restano protagonisti nei propri ambiti professionali e politici, se non ancora negli organigrammi mafiosi. Questa è una terra dove democrazia e libertà non possono bene albergare. Ancora oggi. Da qui dunque la scelta di far cantare “La Libertà” di Gaber ieri al cimitero di Valderice, apriamo gli occhi e rendiamoci conto che non siamo liberi, padroni di turno perpetuano il regime di occupazione delle nostre vite, ci propongono un pensiero per loro felice, la mafia è stata battuta, giornalisti impegnati come lo fu Rostagno, giornalista sebbene senza tessera, non servono più, anzi sono proprio certi giornalisti a offendere questa terra.Per fortuna ieri Giulio Francese, presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, ha evidenziato tutto il contrario e anche la necessità che nel mondo del giornalismo si riscopra il valore della militanza civile. La canzone “La Libertà” ha accompagnato le parole di un testo firmato da Eugenio De Martino, “Era autunno” tratto da un altro suo testo “Passeri sbannuti” e recitato da Marco Marcantonio, accompagnato dalla voce dietro le quinte di Davide Gianquinto. A cantare è stata la giovanissima Aurora Gentile, accompagnata dal flauto di Rosamaria Solina. Un giovanissimo Gabriele Cianni con la chitarra ha proposto la canzone dei partigiani, e infine la tromba del valdericino Melchiorre Salerno. Un palcoscenico “mobile”, la performance teatrale si è mossa tra alcune sepolcri, quello di Mauro Rostagno, quello poco più a fianco del carabinieri Pietro Morici, ucciso dalla mafia a Monreale il 13 giugno 1983 (assieme al capitano Mario D’Aleo e all’appuntato Giuseppe Bommarito) e le tombe dei migranti morti in mare mentre cercavano…libertà. Tutto questo senza dimenticare il lavoro di preparazione svolto da alcune delle insegnanti della scuola “Dante Aligheri” di Valderice.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.