Oggi l’interrogatorio

“Cold Case”: stamane il gip Brignone sentirà l’imprenditore Matteo Bucaria, arrestato per il tentato omicidio nel 2013 del cognato

E’ fissato per questa mattina nel carcere di Trapani, l’interrogatorio dell’imprenditore trapanese Matteo Bucaria, 52 anni, arrestato martedì dalla Squadra Mobile in quanto accusato di essere stato il mandante dell’agguato subito nel marzo 2013 da suo cognato, Domenico Cuntuliano. Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori della terza sezione della Squadra Mobile di Trapani, nell’ambito delle indagini coordinate dal Procuratore aggiunto Maurizio Agnello e dalla pm Sara Morri, quell’agguato doveva portare all’uccisione di Cuntuliano. Soldi, litigi e delitto. Sembra la trama di un film, ma è una ricostruzione investigativa, con due protagonisti subito in primo piano Domenico Cuntuliano, la vittima, e Gaspare Gervasi, il killer…mancato. Poi altro protagonista Matteo Bucaria l’imprenditore che secondo le recenti indagini, riaperte nel settembre scorso dopo un esposto anonimo fatto arrivare alla Polizia, sarebbe il mandante di quell’agguato. Avrebbe affidato il compito a Gaspare Gervasi, ex fontaniere dipendente del Comune di Trapani, per impedire al cognato di scoprire quanto denaro gli era stato sottratto, questa è la tesi dell’accusa, raccolta nei faldoni che la Squadra Mobile ha ricomposto in migliaia di pagine. La difesa dell’imprenditore Bucaria si dice pronta a contestare, ma per adesso ovviamente non svela le mosse. Intanto da ieri Bucaria, trapela dalla difesa, è stato licenziato dall’impresa della quale era dipendente, la Cogemat, e per la quale si stava occupando della demolizione delle case abusive di Triscina (Castelvetrano). Tornando al tentato omicidio di Cuntuliano. Gervasi fu arrestato nell’immediatezza del grave fatto di sangue perchè indicato proprio da Cuntuliano, riuscito a sottrarsi ai colpi d’arma da fuoco, per mesi restò in ospedale per le gravi ferite riportate e subito definì inspiegabile le ragioni di quel gesto, di quel fucile a canne mozze che si vide d’improvviso puntare contro da Gaspare Gervasi con il quale, disse, non c’erano ragioni di attrito. Adesso però ai poliziotti ha detto che un giorno affrontò la sorella dicendole che suo marito lo voleva morto, continuando a tenere intima quella convinzione almeno sino a pochi mesi addietro allorché è stato risentito in Questura, quando nel frattempo i rapporti con i familiari sono tornati tesi. Gervasi dal canto suo si trova ancora in carcere a scontare 12 anni e 8 mesi, oggi ha un residuo di pena di circa 2 anni da dover ancora scontare: durante le indagini e il processo mai volle spiegare le ragioni di quello che doveva essere un omicidio. Gervasi non è un nome sconosciuto nell’ambito delle indagini antimafia, come peraltro nello stesso contesto di rilievo è il nome di Bucaria che sottraendosi a richieste estorsive svelò agli investigatori il sistema mafioso di politica, appalti e imprese che regnava nel trapanese sotto il controllo della famiglia Virga, e in particolare in quella parte di provincia dove a capeggiare all’epoca erano due tra i più pericolosi latitanti di Cosa nostra, il mazarese Andrea Manciaracina e il marsalese Natale Bonafede. Gervasi invece un paio di rapporti scottanti li avrebbe tenuti, il suo nome in diverse denunce investigative viene legato a esponenti mafiosi del trapanese, in particolare con la “famiglia” Coppola, per i quali in qualche occasione si sarebbe attivato rivelando l’esistenza di indagini nei confronti di certuni. Per capire il suo spessore basta leggere la trascrizione di una intercettazione dove alcuni suoi familiari parlano di lui come di un soggetto capace di essere “uomo e barone”, cioè capace di star in silenzio e farsi la galera. Silenzio che però a giugno scorso è stato costretto a rompere, rispondendo alla pm sulle ragioni di quell’agguato, sull’ordine che ha detto di avere ricevuto da Bucaria. Confessione dinanzi a fatti evidenti, dopo la intercettazione da parte della Polizia di una sua missiva (la cui spedizione fu impedita) con destinatario l’imprenditore Bucaria. Dopo essersi fatto sette anni di galera improvvisamente aveva deciso di mettere in chiaro, con quella lettera, il suo astio nei confronti dell’imprenditore che secondo il suo scritto con lui non avrebbe rispettato quel presunto “patto” ordito nel momento in cui aveva accettato di diventare un killer. Lo scenario delineato per il tentato omicidio di Domenico Cuntuliano vede la vicenda inserita nell’ambito di forti dissidi familiari tra Cuntuliano e i suoi familiari, con il cognato e la sorella, per ragioni economiche. In particolare la gestione o meglio l’utilizzo del denaro ottenuto da Cuntuliano con la liquidazione di una assicurazione conseguente ad un grave incidente occorsogli nel 2009. Si tratta di un risarcimento per oltre 600 mila euro ottenuto nel 2012. In questa parte rientra, secondo quanto si legge nell’ordinanza, il ruolo avuto da un avvocato penalista che si occupò della pretesa risarcitoria del Cuntuliano: questi sentito dagli investigatori della Squadra Mobile ha detto di aver saputo solo da loro dell’entità del risarcimento e che in realtà sapeva di essere stato di importo parecchio inferiore. Ha parlato anche dell’avvocato, dicendo di avere appreso dal cognato che al legale erano stati pagati 50 mila euro di onorario, versati sul conto della madre dello stesso professionista. Una cifra indicata dal Cuntuliano come troppo esosa, in questi termini ha spiegato di essersi rivolto al cognato che lo aveva informato di questo pagamento. Ai poliziotti della Mobile ha poi esternato malumori nei confronti del legale. L’avvocato che è citato nell’ordinanza sarà sicuramente un teste di questa inchiesta, la sua infatti non è la posizione di un indagato e poi nell’ordinanza quel denaro da lui ricevuto viene indicato chiaramente come “onorario professionale”. L’ordinanza di applicazione della misura cautelare firmata dal gip Brignone si sofferma parecchio sulle tensioni negli ambiti familiari della vittima e del presunto mandante del suo omicidio. Emerge che i familiari di Cuntuliano hanno fatto ampio uso del ristoro economico del congiunto, profittando della fiducia in loro riposta, anche se con alterni rapporti, ora buoni ora critici, e in questo contesto viene delineata la presunta matrice omicidiaria, così come emerge che dopo anni di silenzio d’improvviso le indagini sul presunto mandante si sono di colpo riaccese. Gli investigatori della Squadra Mobile, dopo aver ricevuto l’esposto anonimo, hanno lavorato duro, riascoltando decine e decine di intercettazioni, ricostruito una tela di rapporti come quelli tra Gervasi e un ex ispettore della Questura in pensione da tempo, anche questo rapporto parecchio pesante tanto che dal carcere Gervasi invitava la figlia ad incontrarlo per ” sputargli in faccia per quello che stava facendo”, sebbene dalle prime intercettazioni emergeva semmai l’interesse dell’ex ispettore alla difesa del Gervasi, occupandosi di trovargli dopo l’arresto anche un avvocato. Nella stessa intercettazioni, quella dove Gervasi parlava dell’ex ispettore con i familiari, è emerso poi il riferimento ad un’altra persona che sarebbe stata costretta “a mollare”. Per i magistrati quel nome non fatto sarebbe stato quello dell’imprenditore Bucaria. Bucaria, difeso dall’avvocato Giovanni Liotti, oggi comparirà dinanzi al gip giudice Caterina Brignone per l’interrogatorio di garanzia. Non è escluso che ci possa essere anche la pm Morri. Da oggi la seconda fase di questa indagine, con le risposte o anche i nuovi spunti investigativi che l’imprenditore arrestato vorrà dare a gip e pm. Il provvedimento restrittivo non ha chiuso l’indagine, l’ha semmai riaperta su quanto accaduto a Xiggiare, campagna trapanese, sette anni addietro. È sicuro che Cuntuliano li fu gravemente ferito e che a sparare fu Gaspare Gervasi che di professione faceva il fontaniere, uno che a dispetto del lavoro svolto si mostra capace di tutto, anche di uccidere. O di tenere forse ancora oggi dentro di se inconfessabili segreti, su che fine ha fatto per esempio, l’arma usata per sparare, che non è certo un elemento non utile alle nuove indagini. “Uomo e barone” come soddisfatta direbbe sua figlia.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.