Mafia, avviso di garanzia al sindaco di Paceco VIDEO

Retroscena clamorosi dietro l’arresto di stanotte del capo mafia Mariano Asaro. Perquisiti abitazioni, studio e ufficio al Municipio del primo cittadino Giuseppe Scarcella. Accusa concorso esterno in associazione mafiosa. Misura cautelare in carcere per il boss di Paceco Carmelo Salerno. Indagate due donne e un medico

Un boss mafioso, Mariano Asaro, 64 anni, arrestato perché da quando era tornato libero si era rimesso a capo delle famiglie mafiose di Castellammare del Golfo allargando la sua azione anche nel territorio di Paceco dove risiedeva da quando aveva lasciato il carcere dopo una lunga detenzione. Due politici raggiunti da avviso di garanzia per non avere mantenuto la distanza di sicurezza dal boss, l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, già sotto processo per mafia, e l’attuale sindaco di Paceco, l’avvocato Giuseppe Scarcella, nonché presidente dell’assemblea consortile del consorzio per la legalità. Nel giro di pochi giorni, Scarcella è il secondo sindaco trapanese, dopo quello di Castellammare del Golfo, Nicola Rizzo, che si vede oggetto di perquisizioni e si ritrova indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Scarcella ha ricevuto anche invito a rendere interrogatorio davanti ai pm palermitani che hanno coordinato le indagini. I Carabinieri hanno perquisito la sua abitazione, lo studio legale e il suo ufficio al Municipio di Paceco. Asaro stava costituendo una società, la “Pacecodental srl”, che avrebbe dovuto gestire un ambulatorio odontoiatrico nel territorio di Paceco, nella frazione di Dattilo, dove il boss risiede con moglie e figlia. Dattilo nell’organigramma geografico della mafia trapanese ha sempre ospitato un enclave mafiosa parecchio articolata, tanto che in questa frazione trascorse parte della sua persistente latitanza il boss Matteo Messina Denaro. L’on. Ruggirello e il sindaco Scarcella, al suo primo mandato di primo cittadino, si sarebbero messi a disposizione per agevolare Asaro che frattanto aveva trovato a chi intestare fittiziamente la società, non potendo lui comparire. Asaro è un odontotecnico e aveva preordinato la sua presenza in ambulatorio attraverso una sua assunzione come dipendente, ma ovviamente era lui che metteva i capitali, soldi sporchi provenienti dalle casse della mafia. L’on. Ruggirello avrebbe dovuto agevolare Asaro, che incontrò più volte personalmente, per fare ottenere all’ambulatorio la convenzione con l’Asp di Trapani. Era tanto consapevole che Asaro non poteva comparire tanto da dire al funzionario dell’Asp che si occupò della convenzione, che l’intestatario della società era un proprio cugino. I pm avevano chiesto l’arresto di Ruggirello, ma il gip nella sua ordinanza ha negato la richiesta sostenendo che l’indagato si trovava già in carcere (nel frattempo è stato posto ai domiciliari) e che il risalto mediatico dedicato alla sua vicenda giudiziaria di fatto ha rescisso suoi contatti con politica, società civile e amministrazione pubblica, quindi inesistente pericolo di inquinamento delle prove e reiterazione del reato.  Il sindaco di Paceco Giuseppe Scarcella è stato intercettato a parlare con Asaro anche di altre questioni e i carabinieri lo hanno ascoltato addirittura mentre accoglieva Asaro dandogli del “don”, per i pm avrebbe avuto piena consapevolezza che stava a parlare con un uomo d’onore. Insomma un sistema ben congegnato che, come osserva il GIP nell’ordinanza di custodia cautelare, aveva permesso ad Asaro di potere contare, in qualsiasi momento, sui suoi qualificati contatti, derivanti dall’appartenenza a “cosa nostra”, per avviare ogni attività fonte di guadagno, sì da penetrare massivamente e con straordinaria speditezza ed efficacia nel tessuto economico del contesto territoriale di riferimento. L’ordinanza cautelare riguarda anche due donne, Vincenza Maria Occhipinti, 58 anni, e Maria Amato, 51, raggiunte da obbligo di dimora, altro provvedimento nei confronti di un medico di San Vito Lo Capo, Vito Lucido, 53 anni, raggiunto dal divieto di potere esercitare la professione per un anno. Le indagini, coordinate dal Procuratore Capo della Dda di Palermo Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Paolo Guido e dal Sostituto Procuratore Gianluca De Leo, hanno permesso di dimostrare il perdurare dell’appartenenza del pregiudicato mafioso Mariano Asaro all’associazione mafiosa, relazionandosi con altri mafiosi tornati liberi come Rocco e Filippo Coppola, e Carmelo Salerno, quest’ultimo raggiunto in carcere da questo nuovo ordine di cattura. Quello che Asaro stava realizzando era un progetto imprenditoriale completamente illecito, aveva trovato nella cognata Maria Vincenza Occhipinti la persona cui intestare la titolarità della società, mentre Maria Amato, moglie del pregiudicato mafioso Rocco Coppola, essendo segretaria in uno studio notarile si sarebbe occupata della costituzione della società, anche lei perfettamente cosciente che Asaro ne sarebbe stato il titolare, tanto che lui fu visto uscire dallo studio notarile tenendo tra le mani quel fascicolo che ufficialmente non lo doveva vedere interessato. A sua volta Rocco Coppola si preoccupava di trovare il medico compiacente per l’apertura dell’ambulatorio, il sanvitese Vito Lucido. In questo progetto imprenditoriale ciascuno aveva un ruolo preciso che portò avanti con piena consapevolezza e volontà: la cognata Occhipinti diede la propria disponibilità, in quanto soggetto incensurato, ad intestarsi fittiziamente la società, il dottore Lucido accettò di comparire quale direttore sanitario, svolgendo il contributo essenziale all’ottenimento delle autorizzazioni sanitarie ed alla convenzione con l’azienda sanitaria locale, la Amato, moglie di Rocco Coppola, in quanto impiegata presso uno studio notarile, doveva provvedere a reperire e predisporre la documentazione necessaria e l’atto costitutivo della società, cosa che fece con solerzia; il capo mafia di Paceco Carmelo Salerno doveva provvedere ad aiutare l’indagato in ogni fase del progetto. Pur abitando nella frazione pacecota di Dattilo, Mariano Asaro avrebbe continuato ad occuparsi della mafia del suo paese d’origine, Castellammare del Golfo, tanto da rappresentare quella parte di famiglia mafiosa che si opponeva al potere di un altro boss, Ciccio Domingo “Tempesta” appena arrestato dai Carabinieri pochi giorni addietro. Asaro si muoveva per riprendere l’intero controllo della mafia trapanese, grazie anche ai forti legami, ripresi secondo le indagini, col latitante Matteo Messina Denaro, e rispolverano quei suoi vecchi rapporti con la massoneria, cui lui si scoprì appartenere nel 1986, quando vennero trovati dalla Polizia gli elenchi della loggia segreta trapanese Iside 2, dove lui risultò appartenere alla pari di altri importanti mafiosi trapanesi, mazaresi e alcamesi. Nelle nuove intercettazioni Mariano Asaro è stato ascoltato a parlare di diversi affari, come l’apertura a Paceco di un centro scommesse e ancora di interessi nel campo dell’energia fotovoltaica. Ovviamente a sua disposizione somme di denaro provenienti da attività illecite e dalla cassaforte della mafia trapanese. Interessanti poi le intercettazioni dove Asaro è stato sentito stigmatizzare l’efficienza della mafia palermitana, “meno male che erano omini boni” è stato sentito commentare dopo la esecuzione di alcune operazioni nel palermitano, scaturite dal pentimento di alcuni appartenenti. Astio poi continuo riservato ai pentiti, unica sua attenzione al collaboratore di giustizia di Paceco Francesco Milazzo, “avrebbe potuto accusarmi ma non l’ha fatto”. Il nome di Asaro compare nell’indagine per l’omicidio del pubblico ministero di Trapani, Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso a Valderice il 25 Gennaio del 1983, e proprio per questo omicidio Asaro si attendeva le accuse che potevano a suo dire pervenire dall’ex boss di Paceco Francesco Milazzo, insomma Asaro disse in colloquio che “lo aveva salvato” dichiarando la sua estraneità a quell’omicidio. Ma il nome di Asaro figura anche agli atti per la strage mafiosa di Pizzolungo del 2 Aprile 1985, l’attentato destinato al pm Carlo Palermo e che vide la morte di Barbara Rizzo e dei suoi figlioletti, Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni, dilaniati dal tritolo mafioso destinato a quel magistrato che riuscì a salvarsi. Per lungo periodo Mariano Asaro restò latitante e venne arrestato dai Carabinieri nel 1997, quando figurava nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi, scoperto in un casolare nelle campagne di Castellammare del Golfo assieme ad un altro latitante, Michele Mercadante. Retroscena mai chiarito dopo quella cattura fu il fatto che in un telefonino a disposizione dei due latitanti risultarono chiamate fatte al centralino della sede del Sismi, l’allora servizio segreto militare. Nella storia di Mariano Asaro ci sono tutti gli elementi per collocarlo in quel crocevia dove la mafia ha incontrato forti poteri occulti come massoneria e servizi segreti. Sospettato anche di essere stato in contatto con soggetti del terrorismo mediorientale per il commercio di esplosivi. Ma contro di lui solo condanne per associazione mafiosa ed estorsione, sempre uscito indenne dalle accuse per gli omicidi.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.