Colpo grosso contro i Morici (VIDEO)

Notificata confisca da 21 milioni, gli imprenditori erano collusi con Cosa nostra

Personale della Polizia in forza alla Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani, hanno dato esecuzione al decreto emesso dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Trapani, nell’ambito del procedimento di prevenzione attivato su proposta del Questore di Trapani, con cui si dispone l’applicazione della misura di prevenzione della confisca di svariati beni immobili (52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini; 8 terreni; 19 garage) autovetture, conti correnti e società, beni sequestrati anticipatamente nell’ambito di tale procedimento ed aventi un valore stimato di circa 21 milioni di euro, a carico di Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, il primo deceduto di recente, perché ritenuti essere stati “imprenditore collusi” con esponenti delle “famiglie mafiose” di questa provincia, attivi nel settore edile, che hanno operato nel lucroso settore dei lavori appaltati da enti pubblici in Sicilia. La proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S. nei confronti di Francesco Morici non è stata comminata per intervenuta morte, mentre quella nei confronti del figlio Vincenzo è stata rigettata poiché il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse attualità della pericolosità sociale dello stesso. La confisca è stata decisa a conclusione di analisi condotte dalla Divisione Anticrimine a cominciare dal 2004 e all’esito di indagini svolte congiuntamente dalla Divisione Anticrimine e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani. I risultati sono stati riconosciuti fondati dai giudici, hanno evidenziato l’appartenenza dei due Morici ad un gruppo di imprenditori che “Cosa nostra” ha utilizzato, su mandato del rappresentante provinciale Matteo Messina Denaro allo scopo di esercitare, per oltre un decennio, il condizionamento nelle fasi di aggiudicazione di appalti, nell’esecuzione delle opere e nelle forniture. In particolare, il vertice mafioso, gestiva tramite i Morici ed altri imprenditori contigui, i meccanismi di controllo illecito sull’aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione dei lavori, prevedendo che l’impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia mafiosa di Trapani. Il gruppo imprenditoriale, prima sequestrato ed oggi confiscato, per il Tribunale è espressione delle strategie di “Cosa Nostra” di aggressione al sistema degli appalti: il ruolo dei Morici è stato, in ultima analisi, il perseguimento di una strategia di fagocitazione occulta degli appalti, di infiltrazione in interi settori produttivi, nonché del sistema politico ed amministrativo di questo territorio. Nel 2012 il gruppo imprenditoriale dei Morici fu colpito dal sequestro preventivo, un blitz che andò sotto il nome “Corrupti mores”, comportamenti corrotti, adesso è arrivata la confisca. Imprenditori i Morici che non appartengono a Cosa nostra ma come ha ricostruito nel corso del procedimento il pubblico ministero Andrea Tarondo, il magistrato che da anni segue le indagini sui rapporti tra mafia, politica e imprese nelle Sicilia occidentale, sono da inquadrare quali esponenti della “borghesia mafiosa” trapanese, appartenenti a quell’area grigia contigua a Cosa nostra e pronta a veicolare i contatti tra politici e la mafia. Ad essere finiti sotto il controllo di Cosa nostra sono stati i lavori per rendere idoneo il porto di Trapani ad accogliere nell’autunno del 2005 le gare preliminari della Coppa America di vela, o ancora la costruzione della funivia che collega la città di Trapani con l’antico borgo medievale di Erice, e ancora altri lavori, il risanamento del lato nord della città, le antiche mura di Tramontana, la realizzazione in mare di barriere soffolte, lavori sull’isola di Favignana, sistemazione dell’edificio che ospita l’ospedale provinciale. Ripristino di basolati, di fognature e di servizi primari, interventi finanziati dall’ente Provincia, la mafia attraverso questi imprenditori ha messo il suo marchio. In una città, un territorio provinciale, dove si persevera a marginalizzare il fenomeno mafioso come ha evidenziato nella discussione finale il pm Tarondo. Imprenditori indicati come “collusi” con esponenti delle cosche mafiose, appartenenti al cerchio della holding nel tempo controllata dal latitante Matteo Messina Denaro. Imprenditori che hanno condizionato il libero mercato degli appalti. Per ogni appalto che i Morici si sono aggiudicati attraverso la loro principale impresa, la Coling, sono stati indicati nel decreto i nomi dei mafiosi e dei politici di riferimento. I capi del mandamento trapanese Vincenzo Virga prima e Francesco Pace dopo, e per la politica il nome maggiormente emerso è stato quello dell’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, l’ex senatore sotto processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e destinatario pure di una proposta di obbligo di dimora a Trapani. Ma nell’elenco sono finiti anche l’ex vice presidente della Regione Bartolo Pellegrino, finito prescritto per corruzione, per avere intascato una mazzetta fattagli arrivare da Cosa nostra, e vicino ai Morici è stato indicato anche l’attuale assessore regionale Girolamo Turano. Alla famiglia degli imprenditori Morici sono stati confiscati 52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini; 8 terreni; 19 garage, autovetture, conti correnti e società, beni.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.