Quella penna scomoda al tempo dei corleonesi. Trentanove anni fa l’omicidio del giornalista Mario Francese

“Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado”: Trentanove anni fa l’omicidio del giornalista Mario Francese

PALERMO. Sarà ricordato questa mattina il giornalista del Giornale di Sicilia Mario Francese ucciso dalla mafia, sotto casa, 39 anni fa, al numero 15 di viale Campania a Palermo. Il 26 gennaio del 1979 alle 21:15, nel buio della sera, a colpi di pistola venne ucciso un cronista dalla schiena dritta. Un cronista “di razza”. Quattro colpi di pistola mentre raggiungeva a piedi il portone di casa. Poi la fuga del killer a bordo di un’Alfa Romeo Alfetta blu, guidata da un complice.

Quella sera Mario Francese tornava a casa dopo una giornata di lavoro passata al Giornale di Sicilia. La sua seconda casa. Anche quella sera aveva salutato i colleghi con il suo solito modo: “uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado”.

Tra i primi ad arrivare sul luogo dell’omicidio il figlio Giulio, oggi presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, che proprio l’anno scorso, in occasione dell’anniversario dell’uccisione del padre, ha ricordato la sua figura in una scuola di Alcamo. Mario fu il primo giornalista a scrivere della violenza dei corleonesi e del loro feroce capo Totò Riina. Sulle pagine del Giornale di Sicilia, da buon cronista, narrava le trame e gli affari della mafia che stava pian piano mettendo le mani su Palermo. Per primo ha raccontato gli intrecci tra politica, mafia e appalti pubblici. Per questo i corleonesi emisero nei suoi confronti una sentenza di morte.

Francese fu l’unico giornalista a intervistare Ninetta Bagarella, moglie del capo dei capi Totò Riina, nei lunghi corridoi del tribunale di Palermo. Nelle motivazioni della condanna dei suoi assassini nel 2001 si legge che Mario Francese: “[…] Aveva una straordinaria capacità di fare collegamenti tra gli eventi di notizie più significative, interpretarli con intelligenza coraggiosa, e quindi disegnare una ricostruzione eccezionale chiarezza e credibilità sulle linee evolutive di Cosa Nostra, in una fase storica in cui – oltre all’emergere di infiltrazioni di mafia perspicaci e diffuse nel mondo degli appalti e dell’economia – la strategia di Cosa Nostra di attaccare le istituzioni statali ha cominciato a prendere forma. Una strategia sovversiva che ha fatto un salto di qualità proprio con l’eliminazione di una delle menti più lucide del giornalismo siciliano, un estraneo professionista a qualsiasi forma di imballaggio, libero da ogni compiacimento verso i clan collusi con la mafia e in grado di fornire al pubblico strumenti importanti per l’analisi dei cambiamenti in atto all’interno di Cosa Nostra”.

Ed è proprio in questo contesto che matura l’omicidio di Mario Francese. Lui, come racconta un collega ai giudici durante il processo, “si occupava di un settore di cui nessuno si voleva occupare per cui era in una specie di isola deserta”. Svolgeva la professione giornalistica con determinazione cercando di raccontare fedelmente la cronaca di quegli anni di sangue.

Per l’omicidio di Mario Francese, oggi diventato un simbolo per molti giovani cronisti siciliani e non solo, vennero condannati definitivamente i mafiosi: Totò Riina, Francesco Madonia, Raffaele Ganci, Michele Greco, Leoluca Bagarella (esecutore materiale) e Bernardo Provenzano. Si arrivò alle condanne grazie alla famiglia Francese, che non si è mai arresa. A spingere verso la riapertura dell’inchiesta i figli Giulio e Giuseppe, entrambi giornalisti.

Il figlio Giuseppe, dopo aver lottato anni per arrivare alla verità sull’uccisione del padre, si è suicidato nel 2002, poco prima della condanna degli assassini da parte della Corte d’appello di Palermo.

Questa mattina, 26 gennaio 2018, alle ore 9, davanti alla lapide di via Campania, si terrà una cerimonia organizzata dall’Unci. Saranno presenti la vedova Maria Sagona, i figli Giulio (presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia), Fabio e Massimo. Interverranno il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando e i vertici dell’Assostampa regionale.
“Si rinnova l’appuntamento con il ricordo di un giornalista che ha percorso con coraggio e impegno la strada della legalità. – ha sottolineato il vicepresidente nazionale dell’Unci, Leone Zingales – Sulle pagine del Giornale di Sicilia ha raccontato con dovizia di particolari l’ascesa del clan mafioso dei corleonesi che, dalle campagne della Sicilia interna, si addentrava nella Palermo degli anni ’70 dove le cosche erano interessate ai grandi appalti pubblici e ai traffici di droga internazionali”. “Fu il primo a capire, scavando negli intrighi della costruzione della diga Garcia l’evoluzione strategica ed i nuovi interessi della mafia corleonese” – ha ricordato invece Giulio Francese.

A Mario Francese è stata dedicata la fiction tv “Delitto di mafia. Mario Francese”, andata in onda domenica 21 gennaio in prima serata su Canale 5. Il film è il secondo appuntamento della serie televisiva “Liberi sognatori”, prodotta da Pietro Valsecchi, dedicata a figure emblematiche della cronaca, “simbolo di un Italia civile che resiste”. Il film è dedicato al cronista Mario Francese ma anche al figlio Giuseppe, che era bambino quando il padre fu assassinato, che dedicò tutta la sua vita alla ricerca della verità e alla condanna dei colpevoli prima di togliersi la vita, come dicevamo, il 3 settembre del 2002. All’anteprima della fiction lo scorso 18 gennaio a Palermo hanno partecipato i protagonisti Marco Bocci, Claudio Gioè e Romina Mondello, il regista Michele Alhaique e il produttore Pietro Valsecchi, oltre ai figli di Francese, Giulio, Fabio e Massimo, visibilmente commossi.

Il film, però, non è piaciuto all’editore-direttore del Giornale di Sicilia Antonio Ardizzone. Infatti, il quotidiano La Repubblica, il giorno della messa in onda del film, ha pubblicato uno stralcio della lettera che l’editore del Gds ha inviato alla Taodue (società produttrice del film) con cui è stato chiesto di “bloccare la messa in onda della fiction”, in quanto contiene “frasi, immagini, commenti e affermazioni gravemente lesive dell’onore e della reputazione della nostra società e della testata giornalistica da essa edita”. Diffida però inutile. Il film, domenica scorsa, è andato in onda ottenendo un grande successo di pubblico.

L’attore Claudio Gioè

I fatti narrati nella fiction sono tratti principalmente dalle carte del processo che hanno portato alle condannate per la cupola mafiosa. Ed è proprio da quelle carte che emergono alcuni fatti che potrebbero aver “infastidito” l’attuale editore-direttore del Giornale di Sicilia. Tra le tante cose scritte nero su bianco nelle quasi 500 pagine della sentenza di Appello del 13 dicembre 2002, i giudici scrivono che all’interno della redazione ci sarebbe stata anche “una fuga di notizie in favore di alcuni esponenti di Cosa Nostra”. 

Sui fatti in questione anche la Commissione Parlamentare Antimafia ha trattato nel 2013 il caso di Mario Francese e del suo lavoro al Giornale di Sicilia nella “Relazione sullo stato dell’Informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie”, relatore l’On. Claudio Fava.

CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteAd Alcamo si costituisce il comitato civico “SENZ’ACQUA”
Articolo successivoSussidi multimediali religiosi alla comunità dei sordi della Diocesi
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.