Complotto al comando vigili urbani

Vittima l’ispettore Tonino Pumo, condannato e ora assolto per peculato. Qualcuno lo incastrò con la storia di un borsellino ritrovato e non correttamente riconsegnato, misteriosamente ricomparso, era in un vecchio armadio della Polizia municipale

Non c’è pace per il comando della Polizia Municipale di Trapani. A parte il fatto che un vero comandante non c’è da anni e che l’ultimo lo è stato a tempo determinato (licenziato dal sindaco Damiano a fine mandato, ma riabilitato dal commissario straordinario Messineo), dalla metà degli anni ’80 continua una tempesta che non smette. Fu proprio un concorso per la copertura del posto di comandante a fare scoprire l’esistenza a Trapani della loggia segreta Iside 2, tra mafia e massoneria, vero centro di gestione del potere. Alti ufficiali dei Vigili Urbani risultarono poi appartenenti con ruoli importanti all’interno di quella loggia. Poi con il sindaco Pci (indipendente) Mario Buscaino arrivò un comandante con tanti di galloni di ufficiale, della Guardia di Finanza,Josè Bellofiore, poi però licenziato molti anni dopo dall’allora sindaco Girolamo Fazio. Guai giudiziari poi per un altro comandante, Francesco Guarano, poi però assolto. Arrivarono così i giorni del sostituto commissario di Polizia Gino De Lio, inizialmente rapporti idilliaci con il sindaco Damiano, conclusi però con il licenziamento, con motivazioni che il commissario Messineo ha ritenuto non fondati tanto da revocare il relativo decreto del sindaco. Anni segnati anche da vicende spiacevoli, piccoli scandali, come quello di un ispettore della Polizia Municipale, Tonino Pumo finito sotto processo e condannato in via definitiva a due anni per peculato, con conseguente sospensione dal servizio. Pumo da qualche tempo è tornato in servizio, e il 19 settembre scorso è stato assolto dal reato dalla Corte di Appello di Caltanissetta. Pumo con il suo avvocato Michele Magaddino ha chiesto e ottenuto la revisione della condanna diventata definitiva nel 2014. Condanna cancellata, e lo scenario emerso è quello di un complotto ordito a suo danno. La storia. Il 17 maggio 2007 Pumo con colleghi si ritrovò nel piazzale Ilio di Trapani dove era in corso il mercatino settimanale. Una donna le andò incontro. Teneva in mano un borsellino che lei raccontò di avere ritrovato per terra. Glielo consegnò perché fosse riconsegnato a chi lo aveva perduto. Pumo fa pochi passi e si trovò dinanzi un’altra donna che diceva di avere perduto il borsellino, Pumo lo aveva ancora tra le mani e lo mostrò, la donna lo riconobbe come il suo e se lo prese. Pumo parlò dell’accaduto con i colleghi, la cosa avvenne così velocemente che non fece alcuna relazione di servizio. Passato qualche giorno la donna che aveva ritrovato quel borsellino, ricordando che dentro c’era una ingente somma, pensando anche ad una ricompensa, chiese al comando della Polizia Municipale se fosse stato trovato il o la proprietaria. Dal comando le risposero che nessuno sapeva nulla addirittura dell’accaduto. La donna riconobbe in Pumo il vigile al quale si era rivolta e i colleghi avvertirono quindi il vigile di quella visita al comando. Pumo contattò la donna che aveva lasciato il proprio numero di telefono, raccontandole che il borsellino era stato restituito. Il comportamento di Pumo, l’assenza di una relazione di servizio, però indussero il comando della Polizia Municipale a denunciarlo alla magistratura. Da qui il processo e la condanna per peculato, il racconto di Pumo non fu ritenuto vero dai giudici, anche perché, diciamolo, le testimonianze dei colleghi non furono limpidamente a suo favore.Condanna definitiva, pena a due anni da scontare ai domiciliari e sospensione dal servizio per un anno. Nel 2017 Pumo è tornato in servizio, quando intanto a Caltanissetta è partito il processo di revisione della condanna. Solo grazie ad un articolo a firma del giornalista Gianfranco Criscenti, pubblicato a luglio 2015 sul Giornale di Sicilia , Pumo seppe che nell’aprile precedente quel borsellino era misteriosamente ricomparso. Nascosto in un armadio dismesso all’interno del comando della Polizia Municipale. Il comandante Gino De Lio lo aveva ritrovato dopo avere ricevuto una lettera anonima dove dettagliatamente gli si diceva dove andare a cercarlo e che Pumo era stato vittima di un vero e proprio tranello a suo danno, un raggiro ordito all’interno della Polizia Municipale. De Lio fece una comunicazione di notizie di reato alla Procura di Trapani, con tanto di borsellino e contenuto di una manciata di euro (l’esatto importo di poco più di 35 euro come Pumo aveva ben ricordato nell’immediatezza del fatto), allegato alla relazione. La Procura di Trapani però mandò tutto in archivio e furono anche distrutte quelle prove. I giudici di Caltanissetta dopo un paio di udienze hanno riconosciuto che Pumo è stato ingiustamente condannato. Complotto? Pare proprio di si, forse per togliersi dai piedi un collega spesso non allineato, inviso ad alcuni suoi colleghi, “eccessivamente intransigente” ha così scritto nel ricorso dall’avv. Michele Magaddino, evidenziando ai giudici il concetto che Pumo nutriva in suoi colleghi. Complotto e tranello, questo viene da pensare anche per alcuni documenti trovati assieme al borsellino. La donna alla quale Pumo ha raccontato di avere consegnato il borsellino infatti resasi conto che non era il suo lo ha fatto avere al comando con una lettera di accompagnamento non firmandola con nome e cognome, spiegando che voleva tenere l’anonimato per non incorrere in eventuali grattacapi giudiziari. Ma chi ebbe tra le mani lettera e borsellino si guardò bene dal riferire al comandante pro tempo e allo stesso Pumo. Dentro al borsellino anche un foglietto con le generalità e il recapito telefonico della donna che lo aveva ritrovato per terra e che lo aveva dato a Pumo. E poi un’altro paio di lettere indirizzate a varie autorità nelle quali si chiedevano provvedimenti disciplinari e sanzionatori nei confronti di Pumo. L’avv. Magaddino nel suo ricorso ha ricostruito la vicenda e chiama in causa anche l’ex sindaco Girolamo Fazio che a suo dire ebbe a compiere una “inammissibile azione di ingerenza nei poteri di esercizio dell’azione penale” a danno di Pumo e con tanto di lettera partita dall’ufficio di gabinetto: Un elemento probatorio che non è stato preso in considerazione nei suoi giusti termini, è costituito dalla lettera spedita in data 30.10.2007 dal sindaco di Trapani dott. Fazio al sost. Procuratore della Repubblica , ove si segnalava che l’avviso apparso su un quotidiano locale, con il quale si invita la misteriosa proprietaria – o asserita tale – del portafoglio a contattare la Caito al fine di confermare l’avvenuta restituzione dell’oggetto, costituiva un espediente del Pumo per precostituirsi una prova a discolpa. Tale “segnalazione”, infatti, costituisce un’inammissibile ingerenza nei poteri di esercizio dell’azione penale e di indagine riservati al Pubblico Ministero, e vale a connotare vieppiù – ove ce ne fosse bisogno – il clima di astio e di malevolenza venutosi a determinare nei confronti del Pumo. Il “suggerimento” è stato inserito, come si è detto, nella sentenza di appello, dove però non si è tenuto conto che oltre al Pumo, anche il Comune ha pubblicato di sua iniziativa analogo avviso!”. Pumo non si appropriò quindi di nessun borsellino, risulta ora provato che fu nascosto invece dentro un vecchio armadio. Non ci fu peculato. Ci fu semmai altro. Il liberarsi di un collega scomodo. Sembra leggere di quelle trame che spesso nascono in ambienti segreti, forse dentro qualche loggia.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.