LA FAVOLA DELLE REGIE TRAZZERE DI SICILIA. CAPITOLO V – PARTE III. I primi provvedimenti del Marchese Francesco Buglio Maestro Segreto, responsabile della conservazione delle vie pubbliche, trazzere e pubblici mercati.

LA CONSULTA dal 1° febbraio 1788.

Il Maestro Segreto è Procuratore generale del Re nel governo delle sue Secrezie (Segrezie). Esercitava anche funzioni giurisdizionali sulle questioni di sua competenza.

La Segrezia di Sicilia o più semplicemente la Segrezia (anche definita dogana) era una istituzione territoriale per l’amministrazione dei beni e l’esazione dei tributi esistente nel meridione d’Italia dal medioevo sino alla unità del 1860. La funzione svolta era quindi molto simile alla attuale intendenza di finanza.

La Segrezia era presente in ciascuna città di rilievo, in una divisione territoriale molto simile alle odierne province. Essa operava localmente per conto della corona e fu un intermediario fondamentale per il finanziamento delle casse dello stato, ma anche per lo sfruttamento delle risorse naturali, come boschi, pascoli e miniere. Generalmente le diverse suddivisioni erano dotate di ampi margini decisionali: potevano concedere beni in enfiteusi, pretendere gabelle o affitti. La Segrezia, aveva un proprio organigramma amministrativo e finanziario ed era costituita dal secreto, dal credenziere, dal procuratore fiscaIe, dal maestro notaro, dal baglio, dal pesatore della seta, dal sigillatore di botti, dal carcerario, da altri impiegati minori o temporanei, dal vice-secreto, dal vice credenziere e dal vice-maestro notaro.

Fonte: Wikipedia

Premesso che “consulta” vale colloquio politico con persone competenti per chiedere un’opinione, un parere, un consiglio. Qui il marchese Buglio con lettera scritta di suo pugno si rivolge al Re non per chiedere un parere o un consiglio, ma per ottenere un consenso e nello stesso tempo un ordine volto a risolvere, in via definitiva i problemi connessi con il suo ufficio. Qui sotto riporto la lettera nella sua interezza, pubblicata dal nostro autore Lo Presti. Tuttavia, per agevolare la lettura farò un breve riassunto e qualche commento sugli aspetti importanti ai nostri fini.

Il Marchese la lettera di consulta la apre spiegando al Re i suoi numerosi compiti: badare alla conservazione delle vie regie, delle trazzere e pubblici mercati. Ne discende che deve eventualmente provvedere a riportare al demanio o reintegrare quelle presunte vie o trazzere usurpate dai proprietari frontisti dalle suddette trazzere. La lettera continua con alcune lagnanze per l’insuccesso dei precedenti provvedimenti adottati, compreso il dispaccio patrimoniale del 24 giugno 1787 di cui ha ricevuto dallo stesso dispaccio l’autorizzazione a procedere e così gli ha dato corso, senza esito sperato.  Dall’incarico dato ai regi secreti, collettori, pro conservatori e capitani hanno relazionato che è necessario intervenire sulle trazzere perché sono state ritrovate “assai ristrette” e rendono pericoloso il cammino e sterile il pascolo per boccheggiare gli armenti. Inoltre vi sono, pure, parti di trazzere usurpate e bonificate con colture, mura e abitazioni la cui reintegra crea pregiudizio ai possessori. Infine, per provvedere alla reintegrazione delle usurpazioni occorre l’opera di un agrimensore, comportando spese. Il “Secreto” dichiarandosi un mero esecutore degli ordini che gli conferisce Sua Maestà si pregia di rassegnargli ciò che ha trovato in ufficio riguardante la larghezza delle trazzere.  Per chiarezza immediata, riporto subito il brano che esordisce con le antiche istruzioni ritrovate nella Real Segreteria .

            Premetto che la falsità e la mala fede di tutti i  successivi provvedimenti iniziano da queste pagine. In altre parole, da queste pagine nasce “la Favola delle Regie Trazzere di Sicilia”. Tuttavia, come sempre. il lettore è il mio giudice.

Il primo bando porta la data del 1505 per la città di Licata, nel 1568, cioè dopo 63 anni seguono i bandi per Troina, Capizzi e Mistretta. Il brano, oltre che usare la parola trazzera, mai incontrata o citata fin dalle costituzioni di Federico II fino a questa data, indica anche la larghezza della trazzera di una corda e mezza, circa 18 canne giustificata dal passaggio di almeno 1.000 pecore da lattare. E’ specificato tra l’altro che gli ovini nei percorsi boccheggiano, cioè mangiano le erbe.

             La larghezza di 18 canne è solo giustificata per il numero elevato di ovini e forse altri animali. Mille pecore sono un numero elevatissimo e raro che si può riscontrare solamente nei paesi a vocazione pastorale.      Per buona fortuna i bandi o le istruzioni come li chiama il Marchese, delle suddette quattro città, li ho trovato all’Archivio di Stato di Palermo nel volume il “Maestro Segreto” che qui sotto riporto.

 

 

FONTE. ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO-MAESTRO SEGRETO BUSTA 275

A 16 febbraio 1505

Istruzioni della Regia Secrezia di Licata

Li Trazzeri divinu essiri di terreni forti una corda, e mezza di caricari et non plus, et divinu essiri longhi li di Trazzeri per passari ivi a pasciri la bestiami per jorni di lu demanie e di passari andari e viniri.

A primo giugno 1568

Trojna Banno pubblicato nella Regia Secrezia di Troina

Cavata Libro d’atti da caricari       

Li trazzeri divinu esseri di larghizza una corda e mezza  di sorta chi in quelli ci possa passari na migliari di pecuri lattari,e a tornu a tornu delli mercati divinu esseri passi settentacinque di terri forti, e quilli non rumpiri (da non potersi rompere)

1567 e 1568

A 2 giugno 1568

Banno pubblicato nella Regia Secrezia di Capizzi

Cavata Libro d’atti da caricari      

Li trazzeri divinu esseri di larghizza una corda e mezza  di sorta chi in quelli ci possa passari na migliari di pecuri lattari,e a tornu a tornu delli mercati divinu esseri passi settentacinque di terri forti, e quilli non rumpiri (da non potersi rompere).

1567 e 1568

Banno pubblicato nella Regia Secrezia di Mistretta

4 giugno 1568

Cavata Libro d’atti da caricari

Li trazzeri divinu esseri di larghizza una corda e mezza  di sorta chi in quelli ci possa passari na migliari di pecuri lattari,e a tornu a tornu delli mercati divinu esseri passi settentacinque di terri forti, e quilli non rumpiri (da non potersi rompere).

Cavato libro di atti

1567 e 1568

I suddetti provvedimenti recano le seguenti date: 1505 per la città di Licata denominate Istruzioni; è statuita la larghezza della trazzera di una corda e mezza a caricare per far passare e pascere un numero non precisato di animali nei due sensi (andare e venire); per le altre città 1568 denominati bandi.

E’ confermata la larghezza di una corda e mezza corrispondente a 18,2 canne ed è precisato il numero di almeno mille capi. Ne deduciamo che la larghezza della trazzera è proporzionata al numero degli animali che l’attraversano. Ne discende, come conseguenza logica, che non può esistere trazzera armentizia nei territori dove la pastorizia è un’attività marginale. La strada erbosa e lunghi percorsi verdi sono condizioni necessarie considerato che gli animali in transumanza si devono pure cibarsi. Qui non ci piove! E’ costituisce un altro punto fermo da tenere presente. Abbiamo letto pure che le trazzere sono strade diverse da quelle pubbliche è adatte solamente al passaggio degli animali. Quindi, a fianco delle 11.500 Km di strade armentizie disegnate e denominate tali proprio dall’Ufficio Trazzere, dovrebbero coesistere le strade pubbliche. Credo che non occorrano scienziati per capire l’assurdità dell’assunto, direi anche che la falsità è intuitiva e pure matematica. Anche “Pinco Pallino” riterrebbe, in questo caso, che le normali strade pubbliche sono state trasformate in trazzere. Evidenzio inoltre, che il provvedimento per Licata è un’Istruzione quelli di Troina, Capizzi e Mistretta sono Bandi o anche Banni. La distinzione è fondamentale perché i relativi provvedimenti hanno un peso giuridico diverso. Ecco la spiegazione!

Nel nuovissimo Digesto Italiano alla voce Circolari e Istruzioni leggiamo: Le istruzioni sono norme di carattere speciale che l’ufficio superiore impartisce all’inferiore circa il modo di agire in determinati casi concreti o in particolari gruppi di casi. Si riferiscono ad una pluralità di casi futuri da risolversi, ma non producono effetti per i terzi, vale a dire per i cittadini estranei alla pubblica Amministrazione. Così che le istruzioni si possono considerare quali norme interne, perché la loro efficacia si esaurisce normalmente nell’ambito e nella sfera giuridica dell’Amministrazione che li ha emanati. Ne consegue che il provvedimento di Licata del 1505, se è un’istruzione come abbiamo letto, essendo una norma interna non crea conseguenze ai possessori delle terre limitrofe alle trazzere. Può essere solo un avviso per il Secreto, o Conservatore di Licata.

Adesso passo a definire il bando o banno utilizzando ancora il Digesto sopra citato. ”Il termine latino è bannum introdotto nel linguaggio giuridico medievale, e che sostituì quasi completamente l’espressione romana imperium. Indica qualunque dichiarazione normativa o qualunque atto del sovrano o dell’esercente i poteri sovrani. Così il ponere bannum poteva significare tanto un divieto generale, quanto un ordine particolare, quanto la concessione di un privilegio personale o territoriale (tuitio). Nella prima categoria rientrano tutti quei divieti che sottraggono alla disponibilità comune certi beni (boschi, pascoli, corsi d’acque, miniere, ecc.) che il potere sovrano intende riserbare per proprio uso o comunque mantenere integri. Naturalmente non è sconosciuto il bando di autorità minori, feudali e comunali, i quali per la concessione diretta (feudali) o per usurpazione e consuetudine (comuni) esercitano diritti sovrani o regalistici: i pascoli e i boschi “banditi”, ad esempio nelle nostre montagne, sono appunto da divieto di uso”. Da evidenziare, infine, che i bandi per essere efficaci e produrre gli effetti (cioè avere validità) dovevano essere pubblicati nelle città di riferimento e se si riferivano alla generalità dovevano essere pubblicati in tutte le città e paesi. Risulta chiarito che i provvedimenti di Troina, Capizzi e Mistretta rientrano tra i ”bandi di autorità” (le trazzere devono essere larghe..).

Analizziamo i bandi delle tre città sopra nominate (le “Istruzioni del 1505”, come già chiarito, hanno validità interna e non effetto per la cittadinanza), riprendiamo la frase che abbiamo letto: “Le trazzere devono essere di…una corda e mezza a caricare”…, non è altro secondo una mia personale interpretazione, che un comando. Per i giuristi l’interpretazione corretta è l’uso della logica o quella letterale. Comunque, vado per esclusione. Ammesso e non concesso che la larghezza delle trazzere era fin dalla loro costruzione una corda e mezza, il Re o chi per lui si doveva esprimere per esempio in questa maniera: ordino (al posto di devono essere) di riportare la larghezza della trazzera a una corda e mezza a caricare, poiché “ un tot” canne sono state usurpate dai proprietari frontisti. L’argomento posto in questi termini è chiaro, puntuale e perfetto. Ciò non è stato scritto e, quindi, lo escludiamo. Ne discende che i bandi suddetti non accennando minimamente né alle larghezze originarie da ripristinare, né ad usurpazioni; il senso del verbo “devono essere…,” ha il significato logico di allargare le trazzere fino a raggiungere la larghezza desiderata dal bando valevole solo ed esclusivamente in quelle città. Altra conferma sull’allargamento delle trazzere c’è la dà il numero dei capi (1.000 pecore) che dovrebbero comodamente attraversare e brucare attraverso la trazzera. A seguito dei, più volte citati bandi, se ne deduce che per le città in parola (Licata, Troina, Capizzi e Mistretta) la pastorizia era un’attività molto sviluppata, mentre nelle restanti città della Sicilia non occorrevano simili provvedimenti perché per esempio c’era scarsa pastorizia. Ipotesi certa, (con riguardo agli anni tra 1500 e il ’600 c’era pure scarsissima popolazione) e in ogni caso resta valida in mancanza di altre prove contrarie.

Da ultimo e per licenziare l’argomento, ancora una volta ripeto che in precedenza e per più di quattro secoli addietro, nessun Re aveva stabilito alcuna misura, ma i proclami sono stati semplici “appelli” a Conti, Baroni e proprietari di terre, per un libero passaggio degli animali, come nelle Regalie, ma anche in terre di loro proprietà. Perfino i dispacci 21 aprile 1785 e quello del 7 marzo 1788 del vice-Re (puta caso contemporanei alla carica del marchese Buglio, Maestro Segreto) richiamano i vecchi capitoli del regno ed ordinano il libero passaggio degli armenti nelle trazzere senza stabilire o statuire una larghezza di esse e neanche a usurpazioni.

In conclusione, la ragione specificata dai bandi in argomento è chiarita; la larghezza di una corda e mezza era giustificata dal passaggio di mille armenti in quei luoghi e territori ove la pastorizia era la vocazione preminente dei luoghi e si adatta per brevi tratti e con buona probabilità per le città di Troina, Capizzi e Mistretta (paesi di alta montagna e con buona probabilità anche nevosi nella stagione invernale). Non mi persuade quella di Licata perché territorio marino e pianeggiante ove non ci può essere transumanza. Ripeto, la precisazione del numero di 1.000 capi fa capire senza ombra di dubbio che dove non c’è grande pastorizia non occorrono trazzere di simile larghezza (una corda e mezza a caricare). Se il numero degli armenti non era una condizione necessaria, il bando delle città in discorso poteva essere pubblicato in tutte le altre città della Sicilia. Per esempio, a mio giudizio è assurdo che non viene nominato il territorio Ragusano e Modicano ove la pastorizia è stata sempre fiorente ed ha avuto il primato in Sicilia fin dalle sue origini arcaiche.

Infine, i suddetti bandi e così pure gli antichi capitoli rientrando rispettivamente nella sfera giuridica dei comandi e degli appelli sicuramente non creano demanio. L’allargamento delle trazzere per ottemperare ad un appello o comando di un Re, non costituisce sicuramente trasferimento di proprietà; tutt’al più, può costituire una servitù non di natura pubblica, ma privata. Ne deriva di conseguenza che l’originario proprietario, cioè colui che ha osservato il comando riacquista la proprietà per il non uso o il disuso della porzione di trazzera ceduta. A questo punto l’Ufficio Trazzere ha l’obbligo di dimostrare, con prove certe, che le 11.500 Km. di trazzere originariamente erano state tracciate con una larghezza di una corda e mezza a caricare.

Come vedremo in seguito, con la scoperta di questi bandi il Maestro Segreto tutte le strade della Sicilia li trasforma d’autorità in trazzere armentizie attribuendogli la larghezza stabilita dai suddetti bandi, senza tenere conto della antica distinzione fra Regalia e strada pubblica. La medesima cosa ha fatto l’Ufficio Trazzere negli anni 1950.

Concludendo, la larghezza delle trazzere e l’usurpazione di porzioni delle stesse esce fuori con i più volte citati bandi scoperti dal Maestro Segreto. Per quest’ultimi bandi mirati e diretti alle sole quattro città della Sicilia ove la pastorizia è più fiorente diventano Regie Trazzere larghe 18 canne e più, anche tutte le altre strade pubbliche e Regalie dell’intero territorio siciliano. In quest’ultimo caso, come già detto, il bando per essere efficacie e produrre gli effetti (cioè avere validità) doveva essere pubblicato in tutte le città e paesi della Sicilia. Ciò non è successo e aggiungo un fatto strano che per i principali paesi della Sicilia ove la pastorizia ha origini primitive come Ragusa, Modica, Monterosso, Chiaramonte ed altri del territorio Ragusano e Modicano (vedi capitolo IV-parte VIII e IX pubblicati rispettivamente il 14 gennaio 2017 e 25 febbraio 2017) il Maestro non ha indirizzato alcun provvedimento. Quindi, come specificherò in seguito, è assurdo sostenere che la scoperta di quattro bandi pubblicati nelle corrispondenti città hanno il potere di trasformare tutte le strade pubbliche delle restanti città della nostra isola in Regie Trazzere.

Per ulteriori informazioni e prove relative alle strade delle località soggetti ai bandi e istruzioni passo ad una breve descrizione geografica e storica delle quattro città.

LICATA

Inizio con la consueta carta stradale, già utilizzata nei precedenti capitoli.  La carta dimostra che Licata è un città marinara e l’intero territorio è pianeggiante. E’ circondata alle spalle da piccoli monti alti poche centinaia di metri. Infatti, partendo da Nord-Est e scendendo verso Ovest mostra i seguenti monti: Marotta m. 452, Pizzo Moretta m. 328, monte Petrulla m.235, monte Aratato del Muro m. 319, poggio Solfarello m.92, monte Gallidoro 306. In sostanza  credo che si possono considerare colline e sicuramente non costituiscono luoghi di transumanza. In inverno non c’è la neve, in estate non c’è erba da pascere.  Con buona possibilità i pascoli sono costituiti da terreni lasciati incolti ubicati nelle vicinanze delle mandrie e magari di proprietà dei mandriani stessi. La foto panoramica qui sotto riportata ci dà conferma inequivocabile.

FOTO PANORAMICA DI LICATA Altitudine m. 8 s.l.m.

Dal Dizionario Topografico della Sicilia di Vito Amico del 1757 possiamo cogliere qualche informazione sulla economia cittadina e sulla pastorizia.

Amico scrive: “Città Regia occupa il 19° posto in Parlamento, costa di 3.696 case e 10960 abitanti, ed è capo Comarca. Si accrebbe certamente ed era abbastanza popolosa nei primordi del secolo XIII, e nel 1220 vi subì il martirio S. Angelo nella chiesa dell’odierno suo ordine carmelitano. Una flotta di Turchi recò l’ultima strage a Licata nel 1553. Sotto Filippo IV cedette per due anni a signore particolare che ne aveva sborsato il prezzo nel regio erario, ma richiamata poi al Demanio, commessa nuovamente alla cura di 4 decurioni, un Sindaco, e di un Ispettore per le armi, accrescesi di giorno in giorno; poiché contava sotto Carlo V 1.496 case e 7.229 anime dopo cioè l’eccidio dei Turchi; e circa altrettante ne contava nella metà del secolo seguente, sebbene alquanto diminuito ne rechi questo numero il Pirri; ma nel 1713 leggonsi segnati 9.209 cittadini, tra i quali si contano molti di nobili famiglie ed ascritti ad ordini cavallereschi…. Il territorio di Licata produce il tutto che si è necessario ai comodi  ed alle ricchezze della vita, quindi copiose ne sono le biade che esposte al nobile pubblico carcatojo  esportansi oltremare ed arricchiscono le altrui provincie.

            Riporto in orinale la nota (1). Riassumo i dati che ci interessano. La città è un capo-circondario di 2° classe in provincia distretto e diocesi di Girgenti. Sul castello che prende il nome da S. Angelo è posto un telegrafo. Il territorio è unito ad un sotto-comune di Bifara ed è di salme 10.775,753 delle quali 3.082,165 in pascoli.

 Non è escluso che questi pascoli appartenevano al demanio e quindi i percorsi dalla mandria al pascolo necessariamente erano brevi.

TROINA

Con un colpo d’occhio la carta stradale sopra riportata ci mostra tutto il territorio di Troina. Vediamo che è  un comune nel Parco dei Nebrodi, proprio al confine con la provincia di Messina che è delimitata dal lago di Ancipa.  Capizzi che si trova a sinistra del lago è già provincia di Messina. Invece Troina che in mappa e poco più sotto è provincia di Enna. Osservando i quattro punti cardinali, Troina che sorge già ad un’altitudine  m. 1.121  sta al centro di un cerchio circondata da numerosi monti di altezza anche superiore alla città. Solo a Sud la città di Gagliano Castelferrato ha un’altitudine di m. 651. Subito al fianco destro della carta stradale c’è il Monte Salici alto m. 1.142. E’ abbastanza chiaro che in questi territori l’attività economica principale non può che essere la pastorizia perché il freddo e la neve (sia pure per brevi periodi) non fa coltivare i campi; mentre gli animali si trasferiscono nelle pianure solo per svernare. In questi luoghi la transumanza allora è un fenomeno naturale (voglio ricordare la transumanza abruzzese. Vedi capitolo II-parte IV pubblicato il 5 marzo 2016). Il bando, che abbiamo visto sopra, che stabilisce la larghezza della trazzera, mi sembra grosso modo pure giustificato.

TROINA altitudine m. 1.121 s.l.m.

Dal nostro autore Vito Amico possiamo cogliere buone informazioni in merito alla città. Il Dizionario Topografico così presenta Troina: “Città cognominata vetusta nei regi libri, che sembra appartenere alle estreme radici del Mongibello stendendosi verso occidente, poiché sorge nei colli  di la non distanti, nella medesima latitudine che l’Etna, ed in 38° 10’ di longitudine…Costruita in un giogo la novella città di figura semicircolare, è rivolta in gran parte ver mezzogiorno oriente ed occidente, è tende al sobborgo da settentrione. Il tempio maggiore, costituito cattedrale dal conte Ruggero, cui volle fosse presieduto Roberto primo vescovo ordinato da papa Gregorio VII…Ci hanno attualmente 1576 case, 8.314 cittadini, che nel 1713 accorsero 5.588 nel censimento: sotto l’imperatore Carlo contavansi 929 fuochi (tetto di case antiche Siciliane), che erano però 1.064 con 4.225 anime nel 1595: finalmente nella metà dello scorso secolo XVII si ebbero 1.527, 5.610 anime.

Infine, è interessante leggere che è una città ricca di prodotti di ogni genere, abbonda di pascoli ed si allevano greggi, armenti e maiali. L’abbondanza di pascoli è riferito al territorio e sicuramente è escluso territori oltre i propri confini. Nessun accenno a transumanza. Quest’ultimo brano lo riporto qui sotto in originale.

CAPIZZI

            La carta stradale sottostante mostra chiaramente che Capizzi è situata al centro di un segmento obliquo ove alla punta estrema di Nord-ovest troviamo Mistretta ed alla parte opposta a Sud-Est, troviamo Capizzi nel cuore della catena montuosa dei Nebrodi. L’intero territorio delle tre città è circondato di altissimi monti superiori a m. 1500. A sud di Capizzi troviamo il monte Lo Serro alto m .809 che è il monte più basso l’intero territorio che mostra la carta.

Localizzata con chiarezza la zona, passiamo alle notizie storiche della città. A tale scopo utilizzo sempre il “Dizionario Topografico dell’abate Vito Amico. Ecco la foto panoramica di Capizzi imbiancata di neve.

Veduta di Capizzi-altitudine  m.1.100 s.l.m.

Amico scrive: “Lat. Capitium. Città appartenentesi a Gabriello Lancellotto Castello Principe di Torremuzza, insigne oggi pel titolo di Aurea città e gli onori di marchesato, un tempo di Contea. Occupa il giogo di elevato colle verso Libeccio. E’ nel superbo vertice una antichissima rocca, ma ruinosa, nobilitata una volta dalla dimora  di Pietro II di Aragona; e mostra il regio stemma col vessillo in giorni stabiliti dell’anno”. Queste le notizie storiche, adesso indaghiamo sull’economia del paese.

            Nel 1595 esistevano 879 case e 4.503 abitanti. Nel 1.713 case 830 e 2.622 abitanti ed oltre la suddetta data 3780. Il Territorio è ricco di oliveti, vigneti e more; abbonda di pascoli tanto che arricchisce la pastorizia.

Queste poche righe ci fa capire che l’attività prevalente è la pastorizia ed a causa della neve la transumanza per i brevi periodi nevosi e per brevi percorsi è un fenomeno naturale.

Riporto in chiusura, il brano delle risorse economiche pubblicato dal nostro autore Vito Amico.

MISTRETTA

Parco dei Nebrodi: cascata del Bosco di Mistretta

La carta stradale qui sotto riportata ci aiuta a comprendere la posizione geografica della citta. Anch’essa come Capizzi si trova nel cuore dei Nebrodi ad una altezza di m. 900  che è tra le più basse rispetto al territorio circostante: a Nord-Ovest Santa croce di Mistretta m. 1030, poco sotto di Mistretta dal lato sinistro segue Pizzo stazione Catarinella m.1128, a sud i monti più alti sono monte Sambughetti m. 1558, monte Castelli m. 1566, monte Trippaturim.  1451, gli altri monti sono quasi tutti superiori ai 1100 metri. Interessante il Bosco di Mistretta ove si ammirano ben 9 cascate.

Il territorio così come lo vediamo ci mostra con immediatezza che la transumanza è solo un fatto occasionale. Gli animali non svernano per nevicate brevi ed occasionali ad un’altitudine di m. 900.

            Nelle vicinanze c’è il bosco che è il luogo più adatto per pascolare in tutte le stagioni. Per tutte le evenienze la mappa ripresa da Google Earth, qui sotto riportata, ci mostra la vicinanza di Mistretta al mare (appena Km.20).

Mappa Google Earth  mostra la vicinanza di Mistretta e Capizzi dal mare.

La foto qui sotto riportata ci mostra che la città sorge sulla vetta di un colle nei boscosi monti dei Nebrodi ricchi di selvaggina e famosi fin dall’antichità per la loro bellezza. La città è anche denominata Sella dei Nebrodi, l’attuale distanza dal mare è appena Km. 15, e da più parti si ammira un panorama spettacolare con lo sguardo fino al mare e nello sfondo lo scenario delle isole Eolie davvero incantevole.

Veduta di Mistretta-Altitutine m.900 s.l.m.

Adesso vediamo di cogliere qualche breve notizia di storia e di economia. Ci fa da lume sempre il Dizionario Topografico di Vito Amico.

Amico scrive: Mistretta. Antichissima città, Amestrata un tempo e Milistratum o Mitistratum. Siede in un colle elevato, sotto il monte dove stava un tempo Mytistratum, di cui bagna le radici il fiume Pittineo o l’Aleso. E’ dunque l’odierno sito del paese  nel piano vertice di un colle in gran parte, e nei fianchi verso oriente ed occidente; la rocca poi ne occupa il sopraciglio a picco di ogni parte… Risiede il regime di Mistretta presso 4 padri giurati, il capitano, il sindaco ed i giudici e i giudici; presiede al clero il vicario del Vescovo di Cefalù. E’ registrata nel secolo XIV tra le città demaniali, occupa il XXXII posto nel Parlamento, è decorata del titolo d’Imperiale nei regi libri; è capo comarca, presenta effigiata nello stemma un’aquila con una croce al petto, e computata parte della prefettura militare di S. Filadelfio, reca sotto le bandiere  3 cavalieri e 70 fanti. Sotto Carlo imperatore fu il censo di essa Mistretta di 1196 case coi municipii, poi di 1407 verso la fine del secolo e di 5978 anime; nell’anno 1652 contaronsi 1561 case, 4271 cittadini; nel 1713 poi 1500 fuochi, 5774 abitanti, che pervennero ultimamente 10.184. E’ talmente adatto il territorio al sostentamento del bestiame, che per precipui pastori in Sicilia intendonsi comunemente quei di Mistretta; e piantato inoltre in biade di ogni genere, vigne, olive, mori ed altri alberi domestici, e nulla nega in sostegno e comodo della vita; vi è celebre una fonte da cui sgorga olio bituminoso o bitume alle acque mescolato.

 

Continuando la lettura della lettera di “Consulta” alcuni ufficiali delle seguenti città relazionavano sullo stato delle trazzere:

Catania – per voce di popolo la larghezza della trazzera  è canne 10; si osservano usurpazioni con tracce di antichi vestigi;

Agosta – non c’è usurpazione, ma tracce di sospette vecchie trazzere;

Castroreale – pervenuta lettera anonima con la quale sono richiesti provvedimenti a carico degli invasori di trazzere;

Acireale – le esistenti sono sufficienti, ma si ritrovano costruite case di comudità ai viaggiatori;

Marsala – non vi sono reclamanti, ma usurpazioni dei proprietari contermini. Da Mazzara si resgistrano antiche usurpazioni, però a volerli reintegrare si creerebbe un danno ai possessore e molte spese a carico dell’erario;

Naro – numerose usurpazioni perché si riscontrano larghezze di appena canne 10 invece di canne 18. Tuttavia, le porzioni di trazzere occupate sono state migliorate con piante e colture. Vengono richiesti ordini di comportamento verso gi occupatori;

L’istesso per San Filippo.

Collettore di Siculiana – le usurpazioni delle trazzere sono stati tali da impedire anche il cammino e rendere pericoloso il passaggio delle vetture verso il caricatore ove vengono trasportate i generi prodotti.

Come sopra evidenziato nell’elenco non figurano risposte delle contee di Modica e  Ragusa ed in generale della Valle di Noto. E’ possibile che in quei territori non ci fossero Segrezie? A mio giudizio lo escludo, anche se non sono in possesso di documenti che ne confermano l’esistenza. Spero che qualcuno ci informi.

Le città da prendere in considerazione rispetto a quelli elencati sono solamente due: Castroreale e Naro e in qualche maniera S. Filippo perché sono paesi montani, con pastorizia e con qualche possibilità di transumanza. Invece Catania, Agosta, Acireale,  Marsala e Mazara sono città marinare dove non ci può essere transumanza. Per Siculiana dato che si parla di trasporto con carri di derrate per il caricatore certamente sono state considerate le strade pubbliche e non le trazzere.

Dopo questa premessa il Segreto fa presente al Re che in ogni parte della Sicilia è desiderata da coloro “che tragittano  il Regno li corrieri, li capitani d’armi, li delegati, e le lettiche vedendosi sospesa la esecuzione han ricorso a me per farla adempiere” . Ritengo che vuole indicare che i viaggiatori reclamano strade migliori, infatti, il contenuto del periodo è ambiguo: c’è un miscuglio tra strade pubbliche e trazzere; viandanti, capitani d’armi e lettiche tragittano, non si lagnano per le trazzere, ma per le strade che sono disastrose ed impercorribili, se non a piedi, come abbondantemente dimostrato dai viaggiatori stranieri e italiani del ‘700 Siciliano (Vedi l’intero capitolo IV) .

Adesso il Buglio mette in chiaro al Re alcune difficoltà e nello stesso tempo suggerisce i relativi rimedi per sistemare e risolvere definitivamente i problemi delle trazzere.

Siamo arrivati al punto centrale e nevralgico di tutto l’operato del Segreto, perché il Re dopo aver letto la “consulta” gli dà come si suole dire “carta bianca”. Pertanto questo brano che costituisce il primo passo di una notevole serie di atti successivi deve essere particolarmente ricordato allo scopo di verificare la coerenza o la falsità dei successivi atti.

Con profonda visione del fenomeno il Marchese scrive giustamente che come primo passo occorre dare una definizione alla trazzera e alla via pubblica e “decidere” che larghezze attribuire ad entrambi. E’ scritto a chiare lettere che le larghezze di strade e trazzere è una decisione del Re. Peraltro, al momento,  osserviamo che il Maestro considera trazzera e via pubblica appunto due distinte strade, e le relative larghezze sono decisioni in piena autonomia  del Re, senza tenere conto dello stato in cui si trovano o furono in passato costruite. Il Buglio rapporta al Sovrano che i Segreti ed i Proconservatori  del Regno non riflettendo su quanto gli fu ordinato credettero che le trazzere erano tutte le vie, comprese pure le vicinali, che da un posto pubblico portano ai rispettivi luoghi privati. Osserviamo che proprio adesso il Secreto tiene ben distinte trazzere, vie pubbliche e vicinali mettendo in piena evidenza la confusione dei Proconservatori. Questo è un punto focale merita una precisa attenzione per due motivi: il primo che è il più eclatante, tanto che nel proseguo dei provvedimenti il Maestro dimentica completamente questa distinzione tra Trazzere e Vie, e poi, qui di seguito, il Marchese fornisce al Re le seguenti definizioni: trazzera è quella via, che da un luogo abitato costituente università porta ad un altro simile luogo”. Per via pubblica quella che porta a mulini, paratori, o pure fiumi pubblici”.

A mio giudizio sono definizioni ambigue. La dimostrazione per me è abbastanza facile utilizzando  peraltro il quadro d’unione di Alcamo dello stesso Ufficio Trazzere, qui sotto riportato.

Quadro d’Unione di Alcamo realizzato dell’Ufficio Trazzere scala 1:20.000 (2001)

Ho segnato con un punto di colore nero la Regia Trazzera (R.T. abbreviata) n. 452-Trapani-Palermo; il tratto con 5 punti neri costituiscono una deviazione segnata anch’essa come R.T, n. 452. Questo stesso tratto è la strada che porta al Mulino Marcione sito a pochi metri dal fiume S. Bartolomeo. Allora al dire del Maestro Segreto il tratto che dal Mulino o vuoi dal Fiume S. Bartolomeo fino all’incrocio con la R.T. 452 sarebbe una “Via pubblica”. Certamente “si”, però in seguito per il nostro Marchese anche questo tratto avrà una larghezza di una Regia Trazzera, così come ha fatto l’Ufficio Trazzere di Palermo. Assurdo! Ma il discorso non si esaurisce qui, possiamo ancora continuare: i punti di colore bianco indicano la R.T. 659 Alcamo-Calatafimi che attraversa il fiume Freddo; i 5 punti bianchi indicano il collegamento tra la R.T. 659 e R.T. 488 e per il Segreto non sappiamo che tipo di Via potrebbe essere, dato che non collega né due Università, né porta ad un Mulino o a un Fiume forse e credo improbabile una via vicinale; per l’Ufficio Trazzere è Regia Trazzera di collegamento con un’altra Regia Trazzera che entrambi arrivano a Calatafimi. Altro che Favole!!! Due trazzere collaterali che conducono alla stessa città. Ed ancora per la stessa città di Calatafimi oltre 488 Rosignolo (Calatafimi)-Alcamo (oggi la Via Kennedy), la medesima R.T. 452 Trapani-Palermo, in discorso, attraversa, a qualche kilometro dalla città il territorio di Calatafimi. Quindi da Alcamo tre Trazzere Regie per il piccolo paese di Calatafimi.

             Nella città di Alcamo ci sono in ballo altre numerose trazzere e per l’argomento in parola ne prendo in considerazione solo altre due. La R.T. n. 486 Spiazzo Madonna delle Grazie-Madonna dell’Alto e la R.T. n. 409 Alcamo-Magazzinazzi.  Queste due strade (Madonna dell’Alto e Magazzinazzi) che collegano la città  con le due contrade  del medesimo territorio come li classificherebbe il Secreto? Forse Vie cittadine? Dato che  non uniscono due Università, non  conducono ad un fiume o un mulino e non sono vie vicinali ma soltanto collegate con la piazza cittadina della Madonna delle Grazie. In verità per le definizioni del Segreto il nome resta indeterminato, ma non per l’Ufficio Trazzere.

Con questi esempi sul territorio di Alcamo, valevoli anche per numerose altre città della Sicilia che ciascun Comune eventualmente può verificare, viene pure dimostrato che quelle definizioni che abbiamo letto sono di comodo al Marchese e mirano, come vedremo in seguito, solo a realizzare un preciso progetto: in primo luogo vuole accaparrarsi il consenso del Re. e poi trasformare,  con queste definizioni, qualsiasi strada in trazzera. Infatti, Guirati e Proconservatori avevano certamente intuito questo suo scopo.

            Andiamo avanti e passiamo adesso alla larghezza delle trazzere e vie. Così scrive il Maestro: “la trazzera deve avere una larghezza per quanto potesse tragittare lo bestiame, e perciò si vede che in alcuni luoghi ove ne abbonda è più larga degli altri luoghi, ove non vi è abbondanza di armenti, e perciò deve stabilire V.E. quanta ne deve essere la larghezza e rendersi uniforme in tali luoghi che tragittano gli armenti; siccome minorarsi per tutte quelle arti ove  non vi è di grandi armenti il traffico.”

             In questo brano il Maestro  ammette che la trazzera deve essere larga abbastanza  per far transitare  comodamente gli animali, ammette pure che sono più larghe nei luoghi ove c’è grande pastorizia, mentre sono di larghezza inferiore ove la pastorizia è scarsa. Discorso corretto e logico. Infatti é assurdo ritenere il contrario. Dove non c’è pastorizia è inimmaginabile credere che hanno creato strade larghe metri 38 circa. Da tenere ben presente che a partire dall’epoca romana, che furono, nella storia, i primi costruttori di strade; la larghezza è stata m. 4, cioè il passaggio di due vetture nei due sensi.  Stando così i fatti, il Marchese prospetta al Re una misura uniforme per tutte le trazzere dato che dove non c’è pastorizia le trazzere sono molto strette. Quindi la larghezza delle trazzere era una decisione, come sopra chiarito, del Re, volta a stabilire un’unica misura valida per tutta la Sicilia, senza tenere conto della pastorizia e del numero degli abitanti.

            Rapportando e uniformando, per tutte le trazzere della Sicilia, la misura più grande e più sicura della transumanza delle località a vocazione pastorale, l’intento è pienamente realizzato. Il Secreto crea così migliaia di trazzere, senza tenere conto né della millenaria storia, né dei passati provvedimenti. Infatti, a partire da Federico II, come abbiamo più volte letto e annotato, fino a quest’epoca, nessun dei Re ha mai fatto riferimento a misure di larghezza di qualsiasi strada, Regalie comprese. Più avanti e sempre con lettera del 30 agosto 1788 il nostro Maestro peraltro comunica al Re,  che nella Segreteria non esistono documenti di sorta che stabiliscono le larghezze delle trazzere con esclusione dei Bandi di Troina, Capizzi e Mistretta.         Adesso fa un cenno sulle vie pubbliche; quindi il Secreto conosce benissimo e distingue le trazzere dalle vie pubbliche. Infatti così scrive: “Per le enunciate (vale come conosciute) uniforme è il sentimento dover essere large quanto possono tragittar coll’andare e venire due vetture da soma”. Il Segreto, come già detto, ammette l’esistenza delle vie pubbliche e larghe appena m. 4.

            La l’epistola continua con le usurpazioni è chiede al Re se dove vi sono alberi, coltivazioni e muri e terre migliorate da vetusto tempo, devono essere diroccate o lasciate agli usurpatori, oppure fare pagare loro un’annualità  all’Università.

Infine accenna alle spese necessarie per la reintegra delle usurpazioni, in particolare alle spese per l’agrimensore e per i pileri da sistemare nelle trazzere.. La lettera chiude aspettando una risposta con le norme di comportamento. Firmato devotissimo servo Francesco Buglio. Palermo 1° febbraio 1788.

Per chiudere “La Consulta” che rappresenta una   lettera propedeutica di una miriade di futuri provvedimenti, è necessario tenere ben presente i seguenti concetti fondamentali che il Maestro Secreto ha scritto al fine di verificare le sincerità o le contraddizioni dei futuri provvedimenti. Essi sono:

  1. a) perfetta distinzione delle trazzere e vie pubbliche e relative definizioni (le trazzere collegano due Università, le vie pubbliche portano ai mulini o fiumi);
  2. b) La larghezza delle trazzere che è una autonoma decisione del Re giustificata dalle istruzioni di Licata e dai bandi Troina, Mistretta e Capizzi, poiché dove c’è pastorizia le trazzere sono larghe e negli altri luoghi ove la pastorizia è scarsa le trazzere sono assai ristrette , quindi è opportuno creare uniformità di misura per tutta la Sicilia applicabile anche dove non ci sono allevamenti di rilievo.
  3. c) la perfetta conoscenza della larghezza delle vie pubbliche tale fa fare transitare due vetture nei due sensi opposti, cioè m. 4.
  4. d) l’inesistenza nella Real Segreteria di documenti di sorta che stabiliscono le larghezze delle trazzere con esclusione dei Bandi di Troina, Capizzi e Mistretta.

            Se il Maestro Segreto il 1° febbraio 1788 scrive che nella Real Segreteria non esistono documenti di qualsiasi genere che fissano la larghezza delle trazzere, che documenti di sorta potrebbe possedere l’Ufficio Trazzere  che comprovano le 11.500 Km  trazzere disegnate negli anni 1950 in poi  in tutta la Sicilia?  Rispondo subito! nessun documento, fatta esclusione dei paesi soggetti  ai bandi, se per caso citate nelle relative “Relazioni di Demanialità”. La risposta è perentoria e non consente altra argomentazione o dibattito. A tal proposito rimando il lettore a rileggere: INTRODUZIONE-PARTE VII, pubblicata nel lontano 11 aprile 2015, per non perdere di vista la mia richiesta rivolta all’Ufficio Trazzere al fine  di ottenere i titoli probatori di alcune trazzere di Alcamo. Per buona memoria e con mia soddisfazione, riporto qui sotto, le testuali lettere di risposta dell’Ufficio.

            Per la risposta di cui sopra, non mi resta che rinnovare i ringraziamenti per avere  indirizzato le mie ricerche verso  l’Archivio di Stato,  visto il risultato ottenuto.

            La risposta  dell’Ufficio Trazzere del 29 ottobre 2012 è semplicemente meschina e non è  non rispetta le leggi nazionali e regionali sulla trasparenza amministrativa.

Come ultima disavventura, è inaudito che un Assessore possa scrivere nei decreti di demanialità usando le seguenti testuali parole: che l’Ufficio Tecnico Speciale per le Trazzere di Sicilia possiede titoli inoppugnabili… Per rinfrescare la memoria, ripropongo al lettore la puntata già pubblicata il 18 marzo 2015 (Introduzione-parte IV ).

Prossimamente analizzeremo i primissimi immediati provvedimenti adottati in pochi mesi dopo la consulta che sono i seguenti: Dispaccio patrimoniale del 7 marzo 1788 a firma del principe Caramaico; Dispaccio del 15 aprile 1788 che fa seguito alla Consulta; Dispaccio del vice Re Caramaico del 24 maggio 1788; Nuova lettera di risposta al Re del Maestro Segreto del 30 agosto 1788; Piano delle Trazzere e Vie Regie del 1788.

ANTONINO MESSANA

Auguro a tutti i miei amati lettori buone vacanze  e buone ferie. La prossima puntata verrà pubblicata sabato 16 settembre 2017.

NOTE

Le universitates (dal latino universitas, -tis), definite anche università del Regno (o semplicemente “università”), erano i comuni dell’Italia meridionale, sorti già sotto la dominazione longobarda e successivamente infeudati con le conquiste dei Normanni. La loro evoluzione storica è differente rispetto ai liberi comuni sorti nell’Italia centrosettentrionale nel Medioevo.

Nel linguaggio comune la parola universitas era usata dai Romani per designare sia una totalità sia un “complesso” od “unità complessiva”, trascendente le unità singole componenti. Lo stesso duplice significato si riscontra nel campo del diritto. Così si parla di universitas fundi come tutto, ma anche universitas agrorum come territorio della civitas, ossia come complesso dei terreni compresi nei confini della predetta. (fonte Nuovissimo Digesto Italiano-volume XX, pag. 122

La paratoia è un sistema regolabile di sbarramento idraulico, che viene posto su un corso d’acqua naturale o su un canale per regolarne il deflusso e quindi la portata.

Paratoia, Sistema mobile di sbarramento di una corrente acqua (naturale), destinato a produrre differenza di livello tra il pelo liquido a monte e quello a valle, che permette di regolarne la portata. Fonte:  Grande Dizionario Enciclopedico Fondato da Pietro Fedele , III edizione – Editore UTET Torino 1970. Pagina 139.

BIBLIOGRAFIA

Lo Presti Antonino– Monografia di DIRITTO PUBBLICO SULLE TRAZZERE DI SICILIA. Palermo Stamperia di G.B. LORSNAIDER 1864, pagg.36 e segg.

Maestro Segreto-Archivio di Stato di Palermo, busta 275.

Secrezia Wikipedia-Enciclopedia on line

Voce Istruzione-Nuovissimo Digesto Italiano diretto da Antonio Azara e Ernesto Eula, volume III, UTET Torino 1957, pagina 248.

-Mappa stradale – Editore Liberia Geografica-Novara 2016

Voce Bando o Banno-Nuovissimo Digesto Italiano diretto da Antonio Azara e Ernesto Eula, volume II, UTET Torino 1957, pagina 271.

 

 

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