Alcart 2013: Simona De Simone, responsabile del centro antiviolenza di Alcamo, parla con la redazione di Alcart in occasione del seminario “donne e società”

Di Federica Vicari

Come nasce il centro antiviolenza di Alcamo? E di cosa si occupa?

Il centro antiviolenza di Alcamo nasce in seguito ad un protocollo d’intesa stipulato nella provincia di Trapani tra diversi comuni. Fino al 2007 non esisteva nessun centro antiviolenza nella nostra provincia che, forse fra l’altro, è l’ultima che si è decisa ad istituire tali servizi in tutta la Sicilia, in ritardo di trent’anni rispetto a tutta l’Italia. Dopo il protocollo sono sorti quattro centri compreso quello di Alcamo. Da circa sette anni ne sono nati anche altri; così, quello che era un fenomeno alquanto sommerso sta cominciando pian piano ad emergere.

Come ha influito l’apertura di questo centro sul nostro territorio?

Inizialmente c’è stata molta diffidenza. Abbiamo provato a fare sensibilizzazione soprattutto nelle parrocchie e presso gli studi dei medici di medicina generale per pubblicizzare il centro. Purtroppo molte parrocchie hanno strappato la nostra locandina, e anche per quanto riguarda i medici di famiglia, se da una parte abbiamo incontrato assistenza e disponibilità, dall’altra abbiamo dovuto scontrarci ancora una volta con una forte diffidenza. La difficoltà che abbiamo riscontrato riguardano l’approccio culturale alla questione; molta gente è convinta che particolari situazioni di violenza debbano essere risolte in famiglia senza chiedere aiuto all’esterno.

Quante richieste d’aiuto, in media, avete raccolto?

Riceviamo in media una cinquantina di chiamate l’anno, anche se non tutte si concretizzano in interventi, in quanto spesso riceviamo segnalazioni da terzi, ma poi non entriamo in contatto il diretto interessato.

Come agite concretamente nell’aiutare gli utenti in difficoltà?

Agiamo attraverso un sostegno di tipo psicologico e legale. Spesso, però, i due percorsi non si attivano insieme anche in base alle richieste di intervento dell’utente.

Quali sono i vostri programmi futuri circa lo sviluppo e la crescita del centro?

Cercare di mantenere attivo il servizio nonostante tutte le difficoltà del caso perchè siamo un’associazione di volontariato, quindi ci autofinanziamo e ci aiutiamo come capita. Il comune ci ha perlomeno concesso una stanza e un numero verde. Speriamo inoltre di fare qualche progetto con il ministero o sfruttando i finanziamenti europei e poi continuare con il processo di sensibilizzazione. Diverse volte infatti siamo stati nelle scuole per parlare di stereotipi, pregiudizi e della violenza nello specifico.

Se si vuole entrare a far parte di questo centro come volontari, cosa bisogna fare?

E’ sufficiente chiamare il numero che forniamo per l’assistenza alla violenza. Ovviamente facciamo un minimo di selezione per verificare che tipo di competenze hanno i richiedenti.

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