Quel ghiottone di Matteo Messina Denaro

Nel processo di appello dove è imputato Andrea Bonafede (classe ’69) sentiti i titolari di una salumeria di Palermo. Ascoltato anche un idraulico che si occupò della casa-covo di Campobello di Mazara

Le ghiottonerie di Matteo Messina Denaro. C’è anche questo che è venuto fuori dal processo di appello che si sta svolgendo (col rito abbreviato) dinanzi alla Corte di Appello di Palermo (presidente Sestito) e dove è imputato l’operaio Andrea Bonafede, classe ’69, dipendente del Comune di Campobello di Mazara, e che in primo grado è stato condannato a sei anni e otto mesi per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena, mentre la Procura distrettuale antimafia aveva chiesto una condanna a 13 anni per associazione mafiosa. La Procura generale è dello stesso avviso che fu della Procura antimafia di Palermo e che il ruolo di Bonafede, cugino e omonimo dell’altro Bonafede che prestò la sua identità al boss latitante Matteo Messina Denaro, è proprio di chi appartiene a Cosa nostra e il processo di appello si sta sviluppando puntando a dimostrare la consistenza di questa prova. Nell’ultima udienza le deposizioni di tre testi citati dal pg Carlo Marzella, sembrano calzanti rispetto a questa tesi. Si tratta di marito e moglie titolari di una nota salumeria di Palermo, che si trova nei pressi della centrale via Libertà, considerata specialista nella vendita di prodotti di grande qualità e che per i prezzi praticati solitamente ha una clientela di livello alto. Tra i clienti anche Matteo Messina Denaro. Il ricordo della coppia di commercianti è stato nitido e preciso. Hanno riconosciuto l’imputato Andrea Bonafede e la persona che si accompagnava con lui. Il cliente era proprio quest’ultimo, riconosciuto dopo l’arresto nel latitante Matteo Messina Denaro. Fu lui a scegliere i formaggi da acquistare, quelli di migliore qualità, spendendo già in una sola volta una cifra superiore ai 300 euro. I due testi hanno anche collocato temporalmente l’episodio tra il 2012 e il 2013. Più si va avanti nelle indagini sulla latitanza di Messina Denaro e su quando far risalire la sua comparsa a Campobello di Mazara, sempre di più si scopre che nel paesino del Belice Matteo Messina Denaro è arrivato molto tempo prima di quel 2020/2021, quando ammalatosi di tumore, che lo porterà a morire in carcere l’anno scorso a settembre, nove mesi dopo la cattura davanti la clinica “La Maddalena” di Palermo, trovò a Campobello di Mazara un rifugio sicuro e riservato. E ad accompagnarlo già dieci anni prima del suo arresto era proprio Andrea Bonafede, che a Palermo l’avrebbe anche accompagnato in uno studio di tatuaggi. I due testi sentiti hanno detto che non comprò i formaggi a casaccio, ma dimostrando una precisa conoscenza di quello che cercava e che quindi acquistò, senza badare tanto ai prezzi. Ghiottone e buongustaio il boss, che nel suo diario di spese mensili, all’incirca 10 mila euro ogni trenta giorni, comprendeva tutto quello che gli serviva per riempire frigorifero e scaffali casalinghi, e anche qualche sosta sempre in ristoranti da gran gourmet, a Palermo. A seguire è stato sentito un idraulico campobellese. Lui ha raccontato che fu proprio l’imputato Andrea Bonafede a chiamarlo per collocare un impianto di aria condizionata e ricaricare di gas un frigorifero in una casa in via San Giovanni, a Campobello di Mazara. Si tratta della casa che secondo gli investigatori fu il primo covo del boss latitante, a un tiro di schioppo dalla casa del suo autista, Giovanni Luppino e dove sarà trovata a poche ore dell’arresto, la famosa giulietta ferma in un’area chiusa da un cancello e le cui chiavi erano in possesso del latitante al momento della cattura. L’idraulico ha riferito che Bonafede gli disse che in quella casa abitava un suo cugino, un suo parente. Quando arrivò sul posto ha detto di aver notato che non c’era una sola finestra aperta, tutti infissi blindati e restio la persona che lo accolse si decise ad aprire una finestra quando l’artigiano gli fece presente che dovendo utilizzare il gas per ricaricare il frigo, si rischiava una dispersione intossicante, quindi era bene aprire le finestre. L’idraulico ha detto che l’uomo gli si presentò indossando la mascherina e portava un cappellino che lui ha riconosciuto essere quello identico a quello che Matteo Messina Denaro portava in testa quando venne filmato e fotografato mentre usciva dal comando dei carabinieri dopo il suo arresto. Per la Procura generale di Palermo si tratta di circostanze che dimostrano come l’imputato Andrea Bonafede sarebbe stato parecchio legato a Messina Denaro, difficile per la Procura generale credere che quell’atteggiamento tenuto derivava da paura, ma semmai convinta accondiscendenza, tipica, per i magistrati, di chi appartiene all’associazione mafiosa. Andrea Bonafede è il cugino ed omonimo del geometra di Campobello di Mazara, classe 63, arrestato e condannato per aver prestato la sua identità e i documenti sanitari a Matteo Messina Denaro. E l’imputato del processo in corso è fratello di Emanuele Bonafede arrestato e condannato assieme alla moglie Lorena Lanceri in quanto sarebbero stati i vivandieri del latitante nel suo soggiorno a Campobello di Mazara.
Andrea Bonafede fu arrestato dai carabinieri del Ros nel febbraio 2023, qualche settimana dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, avvenuta il 16 gennaio, e finì in manette assieme al medico (massone) Alfonso Tumbarello, oggi sotto processo a Marsala. I due avevano il compito di gestire la malattia del capo mafia di Castelvetrano, afflitto dal tumore che ne ha causato la morte il 25 settembre 2023. Era il medico Tumbarello ad occuparsi dei documenti sanitari, intestati all’altro Andrea Bonafede classe 1963, mentre Andrea Bonafede classe 1969 si occupava di andare a ritirarli (140 prescrizioni in tutto) per poi farli avere al boss, che così poteva accedere ai controlli clinici e di laboratorio. Contro Andrea Bonafede l’accusa, risultata provata secondo la sentenza di primo grado, di avere attivato due sim per un cellulare dato in uso all’allora latitante. E questo nel periodo in cui, novembre 2020, Matteo Messina Denaro è stato sottoposto presso l’ospedale di Mazara del Vallo al primo intervento chirurgico per il tumore al colon. Fu lui ad accompagnarlo, mentre il boss veniva ricoverato ma con l’identità dell’altro Andrea Bonafede, classe 1963.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.