Quelle insegnanti a un passo dal boss e quell’assessorato all’Istruzione che non vigila

Laura Bonafede e Martina Gentile, tra scuola e mafia. E al solito nessuno si è accorto di nulla

Indagata per favoreggiamento al boss Matteo Messina Denaro ha mantenuto l’incarico a scuola. In quella che oggi viene appellata la scuola del merito, viene da chiedersi quale possa essere stato il merito di mantenere in servizio un donna indagata per fatti di mafia, concedendo a lei quello che già era stato permesso alla madre. Cosa che fu detto non doveva più accadere e invece si è ripetuta. E’ incredibile ma è così: nessuno nel mondo della Pubblica Istruzione, da Roma a Palermo, passando per Trapani e infine a Pantelleria, pare aver mai collegato il nome della professoressa Martina Gentile alla Martina Gentile il cui nome già da gennaio scorso era saltato fuori a proposito della latitanza di Matteo Messina Denaro (il boss l’aveva citata nei suoi messaggi vocali con le “colleghe” di chemio, a proposito del necrologio dedicato al nonno -boss, Nanai Bonafede), diventata famosa per quella foto dedicata al Padrino messa in evidenza sulla sua pagina sociale e che ad aprile la Procura di Palermo aveva già chiesto di arrestare per favoreggiamento. Arresto (ai domiciliari per via del fatto che è mamma di una bambina) concesso ieri dal gip, dopo che si è scoperto che lei come sua madre, Laura Bonafede, con il boss Messina Denaro dividevano affetti , segreti e affari. Martina Gentile, 31 anni, l’ultima in ordine di tempo ad essere stata fatta arrestare dalla Procura di Palermo per aver coperto nella “Macondo” di Campobello di Mazara, la latitanza di Matteo Messina Denaro, è stata fermata dai Carabinieri del Ros ieri sull’isola di Pantelleria. La donna non era sull’isola in vacanza, ma lì perché insegnante, incaricata di una supplenza nell’ambito della locale scuola media. Nonostante tutto quello che era emerso sul suo conto, dall’aprile scorso indagata per favoreggiamento con l’aggravante mafiosa, mentre si era molto saputo sull’affetto tanto che per i familiari quanto per il contesto mafioso nel quale è cresciuta, è rimasta dipendente della Pubblica Istruzione, senza che nessun dirigente risulta essersi posto un problema di compatibilità tra l’insegnamento e l’indagine antimafia. La figlia come la madre. Anche in questo. Laura Bonafede è infatti rimasta in servizio presso la scuola dove insegnava sino al giorno del suo arresto, sebbene già in precedenza, tempo prima della cattura del latitante, il suo nome era finito sui giornali come indagata nell’ambito delle ricerche del boss/amante Messina Denaro. Nessuna sospensione dall’insegnamento. La circostanza, della mancata sospensione, suscitò scandalo quando ad aprile la donna venne arrestata, ma nonostante il can can , la figlia, Martina Gentile, è rimasta titolare della cattedra. Insegnante in una classe di scuola media. Passata indenne da ogni bufera.

Quello che emerge oggi è la conferma che ne dal ministero dell’Istruzione ne dall’assessorato regionale della Pubblica Istruzione, dal ministro Valditara all’assessore Turano, sono stati condotti i dovuti approfondimenti, è stata mantenuta all’insegnamento una donna che secondo la Procura di Palermo con Cosa nostra avrebbe avuto forti rapporti. Eppure all’epoca del caso che riguardò Laura Bonafede, l’assessore regionale all’Istruzione era stato parecchio severo. E aveva garantito massima vigilanza da parte dei suoi uffici, da Palermo a Trapani. E invece, “Lupetta”, così la prof. Martina Gentile veniva appellata dal boss nei suoi pizzini, tra una supplenza e l’altra portava i pizzini nascosti anche nella carrozzella con la quale portava in giro la figlia appena nata, un’altra bimba che faceva gioire il capo mafia, il boss a chiamava “Cromatuccia” e alla sua nascita le regalò una collana Bulgari da 2 mila euro. A indurre il gip a disporre l’arresto per favoreggiamento aggravato di Martina Gentile, sono stati i nuovi elementi investigativi emersi a suo carico. I cellulari sequestrati all’indagata, a sua madre e a Lorena Lanceri, altra favoreggiatrice di Messina Denaro e la documentazione sequestrata all’ex latitante, molta scritta con linguaggio cifrato, hanno dipinto un quadro più completo del ruolo avuto dalla donna nell’assistenza del capomafia allora ricercato. Nel covo di Messina Denaro sono state inoltre scoperte le impronte digitali di Gentile. In un calendario, ritrovato nel suo ultimo nascondiglio, Messina Denaro inoltre appuntava in alcuni giorni un puntino o la parola Tan: gli inquirenti hanno scoperto che si trattava di una abbreviazione di Tania, lo pseudonimo usato per indicare Martina Gentile. In un caso il boss aveva scritto anche la frase «invio Tany». Nelle date segnate dal capomafia, attraverso Gentile avveniva dunque lo scambio di «posta» per e da il latitante. E puntualmente il giorno successivo Laura Bonafede comunicava al capomafia di aver ricevuto le sue lettere: «ieri sai quando ho potuto leggere la tua? Alle 22», si legge in uno dei biglietti sequestrati nel corso dell’indagine. E’ la prova che Gentile aveva consegnato il messaggio del padrino alla madre. Lo scambio dei pizzini di Messina Denaro tra Martina Gentile, arrestata oggi per favoreggiamento della latitanza del capomafia, e Lorena Lanceri una delle donne del boss, finita in manette nei mesi scorsi, sarebbe avvenuto nello studio di architettura dell’ex assessore all’urbanistica di Campobello di Mazara, Stefano Tramonte, in cui le due donne lavoravano. E’ uno dei particolari emersi nell’inchiesta del Ros che ha portato all’arresto della Gentile. L’architetto, che si è dimesso dalla Giunta di Campobello di Mazara nei mesi scorsi, è da oggi indagato. «Chiedo ogni volta al Tramite cosa ha mangiato la sera prima mi fa sentire in qualche modo più vicina a te. E’ l’unica persona con cui parlo più liberamente, con cui sono più me stessa», così scriveva a Matteo Messina Denaro Martina Gentile. Il pizzino ritrovato dopo l’arresto del padrino è uno degli elementi che dimostrano il legame che c’era tra l’indagata e Messina Denaro. Dietro allo pseudonimo di Tramite, hanno scoperto i carabinieri, era Lorena Lanceri che ha
ospitato il capomafia latitante e ha condiviso con lui molto tempo nella sua abitazione. Sia Lanceri che Gentile lavoravano nello studio dell’architetto Tramonte, così si scambiavano pizzini e notizie del latitante. Per il gip Martina Gentile ha avuto uno specifico ruolo nella fondamentale sequenza dello «scambio posta» di Messina Denaro, «quel riservato, sofisticato ed efficacissimo sistema di raccolta e smistamento dei pizzini che il latitante ha sfruttato per comunicare anche con Laura Bonafede, uno dei perni nella gestione della clandestinità, di importanza vitale anche per mantenere i contatti con altri associati mafiosi e, in definitiva, per consentire al latitante di esercitare il suo ruolo di vertice dell’associazione mafiosa trapanese». Secondo il gip la Gentile avrebbe portato i pizzini del boss fino a Palermo, posta “speciale” per un soggetto ancora rimasto sconosciuto. Il ruolo di Martina Gentile nella latitanza di Matteo Messina Denaro, potrebbe essere molto più complesso. «Martina Gentile – scrivono i magistrati – può vantare un tale patrimonio di conoscenze sui meccanismi di controspionaggio adottati dal latitante e sulla sua rete di coperture, tanto da porla strategicamente al centro, accanto alla madre, del suo sistema di assistenza e protezione del latitante e, in tal modo, in grado di condizionarlo, inquinarlo o comunque renderlo ancora oscuro nelle molte parti ancora non svelate».

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.