Matteo Messina Denaro: non farò mai il pentito. Voi mi avete preso per la mia malattia

«Io non mi farò mai pentito. Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia»: lo dice senza esitazioni il boss Matteo Messina Denaro interrogato dopo l’arresto dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. L’interrogatorio in cui il boss nega di aver commesso stragi e omicidi e di aver trafficato in droga, ma ammette di aver avuto una corrispondenza con il capomafia Bernardo Provenzano, è stato depositato oggi. «Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo ma con l’omicidio del bambino non c’entro»: lo dice senza esitazioni il boss.
«Lei mi insegna che un sequestro di persona ha una sua finalità, che esclude sempre l’uccisione dell’ostaggio, perché un sequestro a cosa serve? Ad uno scambio: tu mi dai questo ed io do l’ostaggio; il sequestro non è mai finalizzato all’uccisione- spiega il boss – Sequestrano questo bambino – quindi io sono come mandante, mandante del sequestro – sequestrano questo bambino, lui (Giovanni Brusca, ndr) non dice che c’ero io».

«Ad un tratto lui resta solo in tutta questa situazione, passa del tempo, un anno/due anni, dice si trova davanti a televisione ed il telegiornale dà la notizia di… che lui era stato condannato all’ergastolo per l’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo, ci siamo?», spiega. A quel punto secondo la narrazione di Messina Denaro, Brusca, fuori di sé per la condanna all’ergastolo per l’omicidio Salvo, decreta la morte del bambino. «Ma… allora, a tutta coscienza – dice Messina Denaro –, se io devo andare in quel processo, che è ormai di Cassazione, devo andare per sequestro di persona. Quindi a me perché mi mettete – non voi, il sistema – come mandante per l’omicidio, quando lui dice che poi non ci siamo visti più?».

«Decise tutto lui, per l’ira dell’ergastolo che prese – conclude – Ed io mi sento appioppare un omicidio, invece secondo me mi devono appioppare il sequestro di persona; non lo faccio per una questione di 30 anni o ergastolo, per una questione di principio. E poi a tutti… cioè loro lo hanno ammazzato, lo hanno sciolto nell’acido e alla fine quello a pagare sono io? Cioè, ma ingiustizie quante ne devo subire?». I pm tornano a chiedergli se c’entri nella vicenda e lui ribadisce di no.

«Io non è che volevo offendere il giudice Falcone, non mi interessa… Il punto qual è? Che io ce l’avevo con quella metodologia di commemorazione. Allora, se invece del giudice fosse stato Garibaldi, la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono permettere di bloccare un’autostrada per decine di chilometri: cosi vi fate odiare» ha aggiunto il boss, commentando la chat audio in cui, fermo nel traffico per le commemorazioni della strage di Capaci, imprecava. L’audio era stato inviato a una paziente con cui faceva la chemioterapia durante la latitanza.

fonte lastampa.it

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