Cancellare le misure del PNRR per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie lancia un messaggio chiaro: la lotta alle mafie non è prioritaria

La decisione assunta dal Governo di cancellare dalle misure del PNRR quella dedicata alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie è molto grave e lancia un messaggio chiaro: la lotta alle mafie non è una priorità.

Alla Sicilia verrà negata la possibilità di realizzare i 64 progetti, 57 attraverso bando e 7 attraverso procedura negoziale, che erano stati approvati per un finanziamento complessivo di oltre 83 milioni di euro.
Un colpo di spugna che significa, non soltanto rinunciare alla possibilità di valorizzare dei beni pubblici funzionali a garantire dei servizi per la comunità dando concretezza al valore del riutilizzo sociale dei beni confiscati, ma anche cancellare l’opportunità occupazionale che la realizzazione degli interventi previsti dai progetti avrebbe comportato nei territori dove questi beni insistono.
Abbiamo sperato che questi finanziamenti fossero spesi presto e bene, invece sono spariti. Registriamo solo tanta rabbia al pensiero che tutto il lavoro svolto dagli enti locali per presentare i progetti sia stato vano, nonché la delusione degli enti del terzo settore che con loro avevano collaborato in modo sinergico per la presentazioni di progetti che rispondessero ai bisogni delle comunità o funzionali a un potenziamento rispetto al loro riutilizzo sociale.
Riportiamo il commento di Tatiana Giannone, responsabile beni confiscati Libera nazionale: “Stiamo parlando della cancellazione del più grande investimento su questi beni pubblici degli ultimi 40 anni. Soldi che sarebbero diventati asili nido, centri antiviolenza, presidi di mutualismo in territori colpiti dalla violenza mafiosa e che avrebbero potuto rappresentare una vera e propria svolta nel processo di restituzione alla collettività dell’enorme patrimonio confiscato alla mafia e destinato a tornare ai cittadini sotto forma di lavoro, economia, welfare, servizi, rigenerazione urbana e sociale. Una scelta sbagliata che penalizza tutte quelle Amministrazioni comunali che in questi mesi hanno progettato, impiegato risorse pubbliche e attivato manifestazioni di interesse con l’ANBSC, e improvvisamente, si trovano senza risorse previste per trasformare il tesoro dei boss in beni pubblici per la comunità. Quello che doveva essere un investimento per gli enti locali si è trasformato in uno spreco di risorse pubbliche e di tempo lavorativo. Un esempio su tutti: a Castelvetrano, grazie a questa decisione, non vedrà più la luce un centro per giovani con disabilità all’interno di un immobile confiscato. In un territorio già difficile, è un segnale devastante”.

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