Condanato in via definitiva per diffamazione Enrico Rizzi per accuse infondate su maltrattamenti di un cane

È arrivata la condanna in via definitiva dalla Cassazione per Enrico Rizzi, accusato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Danilo Catania e dell’associazione da questi rappresentata. (Associazione Guardie Ecozoofile). Una condanna che mette fine ad una querelle giudiziaria durata circa sei anni. La Quinta sezione penale della Suprema Corte, nei giorni scorsi, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Rizzi contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che aveva confermato la condanna emessa dal Tribunale di Trapani a mille euro di multa oltre al risarcimento del danno alle parti civili costituite.

La vicenda nasce da alcuni post pubblicati intorno alla fine del 2016 su Facebook da Enrico Rizzi sul proprio profilo personale in ordine ad una segnalazione dell’animalista circa le condizioni in cui veniva tenuto un cagnolino in una abitazione di Trapani. In proposito Rizzi, che asseriva presunti maltrattamenti su un piccolo simil Jack Russel dallo stesso visto al balcone di una abitazione di via Castelvetrano e che aveva effettuato numerose segnalazioni, invitava il responsabile delle guardie Ecozoofile di Trapani e addirittura anche la Questura e la Polizia Municipale di Trapani a vergognarsi per il proprio operato, poiché, a suo dire, non si erano attivati a seguito della segnalazione.

Il processo dibattimentale di primo grado aveva fatto chiarezza sulla vicenda, dimostrando la piena colpevolezza del Rizzi e l’infondatezza di tutte le accuse da lui rivolte. È stato infatti acclarato dagli organi di P.G. e pubblici ufficiali più volte intervenuti presso l’abitazione di via Castelvetrano, su segnalazione del Rizzi, che quei paventati maltrattamenti non si erano mai verificati.

Nei post diffamatori Rizzi affermava di avere ricevuto molteplici segnalazioni e che addirittura “non si contavano più le testimonianze” che dimostravano i maltrattamenti subiti dall’animale. A seguito delle indagini della Procura della Repubblica di Trapani, invero, ne scaturì un processo attraverso il quale si acclarò l’esatto opposto. Il cagnolino, infatti, si scoprì con palmare evidenza essere in realtà accudito con amore e ben nutrito dai proprietari. A fronte delle molteplici segnalazioni dell’animalista, erano più volte intervenuti presso l’abitazione la Polizia Municipale e la Polizia di Stato, con l’ausilio delle Guardie Ecozoofile e dei veterinari dell’ASP di Trapani. Puntualmente gli operatori, a seguito dell’accesso in casa, non potevano far altro che constatare che il cagnolino sostava al balcone per sua volontà, uscendo ed entrando a suo piacimento, avendo una porta lasciatagli sempre aperta, nonché una copertura a protezione dal sole. Inoltre i veterinari del’ASP constatavano anche che il cane aveva un ottimo rapporto relazionale con i proprietari. A seguito dei vari interventi, taluni avvenuti anche alla presenza di Rizzi e del suo legale, quindi gli operatori non potevano fare altro che accertare le perfette condizioni di vita dell’animale che, peraltro, aveva cibo ed acqua freschi sempre a disposizione. Nonostante tutto, ne seguì un post su Facebook che ebbe vasta eco e che costrinse l’allora responsabile delle Guardie Ecozoofile, Danilo Catania, tutt’oggi impegnato nel Comune di Trapani quale ausiliario di polizia giudiziaria, a sporgere querela anche a tutela dell’immagine propria e dell’associazione da lui rappresentata, costituendosi anche quale parte civile nel processo, assistito e difeso dagli avvocati Antonino Gucciardo ed Ernesto Leone del Foro di Trapani.

A seguito del dibattimento, nel corso del quale i testimoni hanno dimostrato l’infondatezza delle accuse additate da Rizzi, ne fu acclarata la sua penale responsabilità mediante la condanna del Tribunale di Trapani, la cui sentenza fu in seguito integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo e della Suprema Corte di Cassazione. Rizzi dovrà ora scontare una condanna a mille euro di multa e tremila euro alla cassa delle ammende, oltre al pagamento di tutte le spese processuali e di costituzione di parte civile che ammontano ad oltre novemila euro, e per via dei diversi precedenti penale sul casellario giudiziale non gli è stata concessa la pena sospesa. La vicenda potrebbe dar vita ad ulteriori strascichi giudiziari perché, all’esito del giudizio dibattimentale, l’avvocato di parte civile Antonino Gucciardo aveva anche chiesto la trasmissione degli atti alla Procura di Trapani per vagliare delle ipotesi di calunnia e falsa testimonianza a carico sia di Rizzi che di alcuni testimoni, tra cui la madre e la compagna di quest’ultimo, per le dichiarazioni rese.

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