Confermate le condanne dalla Cassazione per fughe di notizie durante la latitanza di Matteo Messina Denaro

La Cassazione mette la parola fine alla vicenda sulla fuga di notizie durante la latitanza di Matteo Messina Denaro, e conferma la condanna a quattro anni di carcere per il tenente colonnello dei Carabinieri Alfio Marco Zappalà. Secondo l’impianto accusatorio, confermato dalla Suprema corte, l’ufficiale allora in forza alla Dia , avrebbe ricevuto dall’appuntato Barcellona, addetto alla trascrizione delle intercettazioni presso la compagnia di Castelvetrano, alcuni “screenshot” di conversazioni tra due soggetti sottoposti ad indagine in cui si commentavano alcuni aspetti del funerale di Lorenzo Cimarosa, collaboratore di giustizia, e parente di Messina Denaro, morto nel gennaio 2017. A sua volta il tenente colonnello della Dia avrebbe inviato il contenuto degli “screenshot” all’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino. Per i giudici di merito la rivelazione «del contenuto di una intercettazione riservata e relativa ad un procedimento penale in fase di indagine» era stata fatta ad un personaggio «già condannato per mafia e in contatto con Matteo Messina Denaro all’epoca già latitante». Vaccarino a sua volta, libero di fare uso delle informazioni «ne ha illecitamente divulgato il contenuto, mettendone al corrente altro pregiudicato legato ai clan mafiosi, Santangelo Vincenzo». Questo mentre il diretto superiore gerarchico dell’imputato, il tenente colonnello Pisano aveva escluso di aver autorizzato «tale attività di indagine e persino di essere informato».

Lo scopo della cattura del super latitante
Non passa per la Cassazione la richiesta di applicare la scriminante di aver agito nell’adempimento del dovere, perchè l’operato del militare «palesemente criminoso» non è stato svolto nell’adempimento di un dovere «imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità». La corte d’Appello, sottolineano i giudici di legittimità, si è soffermata con motivazione corretta «sulla profonda gravità della condotta tenuta dall’imputato, che ha più volte violato norme penali non disdegnando di diffondere notizie di estrema delicatezza in un contesto criminale di spessore». E anche se lo scopo era di arrivare alla cattura del super latitante, non sono giustificati i mezzi. È, infatti, considerato fuor di luogo invocare l’applicazione della circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale – tra l’altro tecnicamente inammissibile perchè non richiesta tempestivamente – «dovendosi escludere – si legge nella sentenza – che la ostensione di verbali di intercettazione ambientale a soggetti malavitosi da parte di un alto ufficiale dei Carabinieri, incaricato di delicate indagini contro la criminalità organizzata, possa in qualsiasi modo rappresentare una ragione condivisa da generali valori etici fatti propri dalla collettività».

fonte ilsole24ore.it

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