“E’ Possibile” non essere “indifferenti”

La XXVIII Giornata dedicata al ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Dal palco di Milano don Ciotti (Libera) ha ricordato la storia di un senatore legato a Cosa nostra e di un prefetto cacciato da Trapani

Le vittime innocenti delle mafie con i loro nomi ieri scanditi nelle piazze d’Italia, da quella di Milano sino a quella di Trapani, ieri ci hanno chiesto di non essere più indifferenti. Semmai di comprendere che girarsi dall’altra parte, dire “a me non interessa”, significa non stare sopra le parti, ma diventare conniventi del potere mafioso. E Trapani troppo spesso ha creduto che esiste un luogo diverso dove poter stare, credendo che tra mafia e antimafia si può stare da un’altra parte. Trapani la città dove un sindaco diceva che la mafia non esiste, oggi qui troppo spesso si sente dire che la mafia è stata sconfitta. E oggi dopo la cattura del latitante Matteo Messina Denaro tante volte si ascolta dire che a maggior ragione Cosa nostra non esista più. Trapani è stata sempre abituata e indotta a sottovalutare, e così mentre si sottovalutava i capi mafia frequentavano i circoli, i palazzi della politica e delle istituzioni, i mafiosi diventavano imprenditori e certi parlamentare diventavano anche sottosegretari nei Governi di Roma. I trapanesi sottovalutavano e accettavano supinamente quello che si decideva dentro certe logge della massoneria, tra quelle segrete e quelle ufficiali. Don Luigi Ciotti dal palco di Milano ieri ce lo ha ricordato quando ha letto un paragrafo della sentenza che ha condannato in via definitiva l’ex parlamentare e banchiere Tonino D’Alì, e quando ci ha ricordato che quel politico, colluso con la famiglia mafiosa dei Messina Denaro, ha contributo , se non spinto, alla “cacciata” da Trapani dell’allora capo della Squadra Mobile Giuseppe Linares, promosso e mandato dal ministro dell’Interno Alfano a guidare la Dia di Napoli, perché la camorra e non la mafia era la nuova emergenza, e poi al trasferimento deciso in 24 ore del prefetto Fulvio Sodano. La piazza di Milano ha conosciuto così una storia della quale poco si è saputo. E l’informazione in questo ha una grande responsabilità. La realtà che il prefetto Fulvio Sodano si è trovato a fronteggiare nei due anni di permanenza a Trapani, tra il 2001 e il 2003, non è stata descritta già in quegli stessi anni in modo adeguato, ancora meno quel trasferimento, e poi il processo al senatore D’Alì, sottoposto alla sordina mentre lui, il politico, continuava a spadroneggiare per la città e la provincia. I giorni della sentenza e poi della sua consegna in carcere, hanno ricevuto appena un paio di righe nelle cronache. Trapani giammai deve valutare ma deve sempre essere abituata a sottovalutare. Ma “è possibile” cambiare l’andazzo delle cose. “Trapani alzati non sei terra di conquista” è lo slogan che fu di un grande politico, il deputato repubblicano Nino Montanti, ed è una affermazione che può, deve, essere adottata in tante circostanze. Anche adesso. Soprattutto adesso che ci dicono che la mafia è stata sconfitta con la cattura del latitante Matteo Messina Denaro. I racconti investigativi successivi all’arresto del capo mafia di Castelvetrano ci stanno mostrando quanto infetta è questa terra. Dove la mafia ha ricevuto copertura ad ogni livello sociale, da quello basso della gente sino a quello più alto. Convivenza che è diventata connivenza, con il capo mafia che distribuiva pillole di saggezza con la stessa voce che intanto aveva ordinato stragi e omicidi, parole che trasudavano di intimidazione ma che servivano pure a ottenere consensi. Trapani ha ascoltato spesso da certe tribune, anche dai social, letture inadeguate riguardanti Cosa nostra e questo mentre Cosa nostra sparava e poi diventava protagonista dei depistaggi, così fu per tanti, da Ciaccio Montalto per arrivare a Mauro Rostagno, un magistrato il primo ucciso mentre inseguiva i grandi riciclaggi di denaro e si schierava contro il “ventre molle” del Tribunale, un giornalista l’altro che contro la mafia ogni giorno si schierava apertamente e che voleva indagare giornalisticamente sulla massoneria segreta trapanese. Trapani è la città dove Cosa nostra pianificò l’attentato col tritolo contro il magistrato Carlo Palermo, provocando la morte di Barbara Rizzo e dei suoi gemellini, Salvatore e Giuseppe Asta, e dove questa strage per decenni è stata dimenticata. Proprio perché la lettura dei fatti era inadeguata, mentre i boss arrestati per quel tritolo stragista in carcere si occupavano di mandare messaggi all’esterno per essere liberati, riuscendo in questo loro piano con una assoluzione che continua a gridare scandalo. Ne abbiamo di storie da riscrivere e da raccontare, non è difficile, è possibile! A quanti giovani ci siamo rivolti in questi anni, lo si deve continuare a fare. “Giovani meravigliosi” li ha indicati ieri da Milano don Luigi Ciotti, “giovani meravigliosi” ieri pomeriggio erano a Trapani a leggere i nomi delle oltre mille vittime innocenti delle mafie. Da queste pagine imploriamo questi giovani a crescere così a non fare come i giovani di ieri che da adulti sono diventati o conniventi o indifferenti. E’ Possibile schiacciare la piovra mafiosa che non è scomparsa ma da tempo è invece cambiata, abbandonando coppole e lupare, per abbracciare nuove strategie. La mafia che sa sparare bene quando è ora di sparare è quella che sa spostare i capitali e sa votare bene quando è ora di votare. Non è vero che sia impossibile riconoscerla, lo si può fare, è possibile farlo. Guardiamoci intorno e li vediamo i nuovi mafiosi, anche a Trapani, che stanno agli angoli ad aspettare che la gente passi a salutarli. Non hanno coppole e lupare, ma vestono bene, sono professionisti, dai cognomi pesanti. Li possiamo vedere, anche in altre nostre città. Cosa nostra è sempre come l’araba fenice, capace di risorgere dalle ceneri, ma perchè ci sono pezzi di società pronti a dare aiuto. E’ Possibile cambiare. Allontaniamo i politici che parlano con i boss, che li ossequiano o li incotrano segretamente, non saranno colpevoli davanti alla giustizia ma dinanzi alla società si che lo sono. Diciamo no ai politici cresciuti all’ombra di senatori che convivevano con Cosa nostra e anche a quelli che andavano dai boss a comprare i voti, diciamo no ai politici che facevano parte di certi cerchi magici. Ma questo bisogna chiederlo non certo per propaganda elettorale, ma perchè dobbiamo essere coscienti che le istituzioni sono così sacre che non possono essere inquinate e se questo avviene il danno è per tutti non per alcuni. Mafie e corruzione devono diventare i nostri nemici. E poi, non dobbiamo essere più omertosi, a Trapani c’è chi conosce perché ci sono stati certi omicidi, perché la mafia volle fare la strage a Pizzolungo, basta silenzi, serve la parola, serve la verità. E se i silenzi resteranno tali è possibile indicare uno per uno chi ancora oggi sta dalla parte della mafia, indicare chi ha scelto di restare a vivere da latitante della cittadinanza invece di rispettare e vivere pienamente i diritti e i doveri che la nostra Costituzione ci indica per potere essere dei veri cittadini. E’ Possibile!

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.