Inchiesta “sorella sanità” in Sicilia: cinque arresti e cinque indagati

Corruzione: coinvolti funzionari, imprenditori e professionisti. La Guardia di finanza e la procura di Palermo hanno scoperto irregolarità in cinque appalti, per un totale di 700 milioni di euro. Coinvolto anche un rappresentante delle forze dell’ordine

Di redazione*

Dopo tante indecisioni, un anno e mezzo fa, avevano deciso di vuotare il sacco sulle mazzette che attraversano gli appalti della sanità siciliana. Ora, sappiamo cosa hanno detto. Le rivelazioni di Fabio Damiani, l’ex responsabile della centrale unica di acquisto, e del suo faccendiere di riferimento, Salvatore Manganaro, hanno fatto scattare all’alba un blitz del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Palermo. Una persona è finita in carcere, in quattro sono andati ai domiciliari, ad altri cinque indagati è stato notificato l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagine della procura di Palermo oggi diretta da Maurizio de Lucia svela le combine dietro cinque appalti assegnati fra il 2017 e il 2020 e coinvolge funzionari, professionisti, imprenditori, anche un rappresentante delle forze dell’ordine. Un importante seguito dell’operazione “Sorella sanità” che nel maggio 2020 aveva fatto scattare le manette per Fabio Damiani e Antonino Candela, osannati bipartisan come i manager del rinnovamento nella sanità siciliana. “Sorella” era il nome in codice di Damiani nelle comunicazioni riservate.
Anche oggi, sono pesanti le accuse contestate a vario titolo dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, il coordinatore dei reati contro la pubblica amministrazione, e dai sostituti Giovanni Antoci e Giacomo Brandini: corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Il Gruppo tutela spesa pubblica, un team specializzato di indagine del nucleo Pef guidato da colonnello Gianluca Angelini, ha esaminato una montagna di file criptati e documenti sequestrati nel corso del primo blitz: in quell’archivio segreto sono emerse irregolarità in altri appalti, Damiani e Manganaro si sono trovati in un angolo e hanno deciso di collaborare, una mossa che gli ha consentito di ottenere uno sconto di pena (nell’agosto del 2021 sono stati condannati rispettivamente a 6 anni e mezzo e 4 anni e mezzo).
La nuova indagine fa scattare adesso un nuovo sequestro, per 700 mila euro, tanto avrebbe intascato Damiani, tramite Manganaro, per far aggiudicare a una ditta la gara per la realizzazione e la gestione del sistema informatico dell’Asp 6 di Palermo. Una gara da 12,4 milioni. Il nuovo sequestro è nei confronti di Damiani, Manganaro e dell’imprenditore che pagò la tangente.
Ma quella fu un’eccezione. Le mazzette hanno ormai cambiato aspetto. Troppo rischiosi i contanti. E allora i tangentisti della sanità siciliana avevano escogitato un contratto molto particolare, per la manutenzione di apparecchiature che generalmente non si guastano mai. Un falso contratto, per giustificare il pagamento di altre tangenti su due maxi gare, complessivamente appalti da 220 milioni di euro per la forniture di strumentazioni elettromedicali.
Per pilotare l’ennesima gara milionaria, Damiani si sarebbe fatto pagare anche un soggiorno da 9000 euro in un lussuoso albergo sul lago di Como. Così anche l’appalto per il servizio di ossigenoterapia domiciliare nella Sicilia Occidentale (un appalto da 66,4 milioni di euro) fu pilotata. Adesso, per tre aziende è scattato anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, per un anno.
Dice un comunicato del comando provinciale della Fiamme gialle, diretto dal generale Domenico Napolitano: “L’attività odierna testimonia la costante attenzione e il perdurante impegno profuso dalla Guardia di finanza nell’ambito delle indagini delegate dalla procura di Palermo nel contrasto ad ogni formale di illegalità e di corruzione che altera le regola della sana competizione tra imprese, danneggia gli onesti e fa aumentare i costi dei servizi pubblici a danno della loro efficienza”.

Fonte Repubblica.it autore Salvo Palazzolo

I nomi

In carcere è finito Giovanni Luca Vancheri, 53 anni, di Caltanissetta, funzionario dell’Asp di Enna, indagato per corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.

Ai domiciliari finiscono Stefano Mingardi, 57 anni, commercialista di Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano, indagato per riciclaggio ed emissione di fatture false; Loreto Li Pomi, 59 anni, nato a Palermo, luogotenente dei carabinieri, in servizio al Nas, indagato per tentata turbata libertà degli incanti; Giuseppe Bonanno, 45 anni, di Caltanissetta, referente della società Althea spa, indagato per corruzione; Cristian Catalano, classe 1982, di Palermo, anch’egli referente della Althea e accusato di corruzione.
Questi gli indagati a cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo ha imposto l’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria: Luigi Ianazzo, 55 anni, di Catania, amministratore delegato della società Dedalus Italia spa (corruzione); Giuseppe Gallina, 54 anni, nato a Carini nel Palermitano, amministratore della società Healtech srl (riciclaggio ed emissione di fatture false); Alberto Vay, 49 anni, di Villarbasse, in provincia di Torino, dirigente della società Viviso srl (turbata libertà degli incanti e corruzione); Claudio Petronio, 67 anni, di Molteno, in provincia di Lecco, dirigente della Vivisol srl (turbata libertà degli incanti e corruzione); Massimiliano D’Aleo, 47 anni, di Altavilla Milicia, nel Palermitano, referente della società Generay srl (tentata turbata libertà degli incanti).

Fonte Live Sicilia.it autore Riccardo Lo Verso

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