Marsala, boss e imprenditori: tutti condannati I NOMI

Furono coinvolti nel blitz denominato “Visir

PALERMO – L’impianto accusatorio regge. Arrivano solo degli sconti di pena. La seconda sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui, il 9 aprile 2020, il Tribunale di Marsala ha condannato quattro dei 14 presunti appartenenti alla famiglia mafiosa di Marsala arrestati dai carabinieri il 10 maggio 2017 nell’operazione “Visir”.

Queste le pene: 15 anni a Michele Giacalone, di 52 anni, imprenditore edile, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di tentata estorsione in danno di un’altra impresa che si era aggiudicata un appalto pubblico. Giacalone, in primo grado, era stato condannato a 19 anni. Ad 11 anni (16 anni in primo grado) è stato, invece, condannato il 30enne Alessandro D’Aguanno, mentre 9 anni a testa sono stati inflitti Andrea Antonino Alagna, di 42, e Fabrizio Vinci, di 52, entrambi di Mazara del Vallo.

Tra i fatti contestati dalla Dda, il tentativo di estorsione del Giacalone ai danni della Billeci Immobiliare di Borgetto (Pa), al cui amministratore sarebbe stato intimato di affidare in subappalto alla Geral Immobiliare (riconducibile al Giacalone) una parte dei lavori di manutenzione della piazza Guglielmo Marconi di Marsala.

La sentenza di appello ha confermato la condanna di primo grado al risarcimento danno di 30 mila euro in favore Salvatore Billeci, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Accardo.

Confermato anche il risarcimento danni di 15 mila euro in favore di Francesco Billeci e della Billeci Immobiliare, assistiti dall’avvocato Francesca Tolomeo, che ha dichiarato: “Con questa sentenza si è fatta chiarezza in maniera definitiva sulla vicenda e sul coraggio che hanno avuto le vittime ha denunciare prontamente l’accaduto alle autorità”.

Soddisfazione è stata espressa da Nicola Clemenza, punto di riferimento di Libero Futuro Antiracket in provincia di Trapani, che ha commentato: “La storia dei fratelli Billeci deve essere portata ad esempio come storia di imprenditoria sana che non si piega alle richieste estorsive e che, anzi, non esita a denunciare, le combatte a viso aperto nelle aule di Tribunale e vince”.

Fonte livesicilia.it

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