Le spese del vescovo Miccichè

Udienza oggi a Trapani del processo dove l’ex capo della Diocesi di Trapani è imputato di peculato

Messa al bando la libera concorrenza, dal 2004 e sino alla fine del 2013 la Diocesi di Trapani aveva una ditta ad hoc per eseguire i lavori nelle proprie proprietà e parrocchie. Lavori anche importanti come la ristrutturazione dell’edificio che ospita la Curia a Trapani o ancora lavori per la realizzazione di un teatro nella sede della Fondazione Auxilium, a Valderice, Villa Betania. Circostanza che non è legata all’ imputazione di peculato per la quale l’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè sta comparendo dinanzi al Tribunale di Trapani (presidente Messina, a latere Corleo e Badalucco), ma che è emersa nell’udienza di oggi, dalla testimonianza di Vincenzo Maniscalchi, ex presidente della cooperativa edilizia Ceal di Alcamo, il quale rispondendo alle domande del pm Sara Morri ha detto che nel 2004 a suggerirgli la costituzione della cooperativa fu proprio mons. Miccichè. Da allora in poi tanti lavori sono stati eseguiti da questa cooperativa, specializzata in lavori di recupero e manutenzione di chiese e comunque edifici ecclesiali. Maniscalchi ha detto che personalmente dal 1984 ha collaborato con la Diocesi di Trapani, per progettazioni e cantieri di lavoro, per giungere alla costituzione della cooperativa. Ad aprire l’udienza è stata la testimonianza del consulente della Procura, ing. Attilio Masnata. E’ a sua firma la consulenza su quanto mons. Miccichè e i suoi familiari, la sorella Domenica e il marito di questa, Teodoro Canepa, hanno speso per la manutenzione e trasformazione delle proprie proprietà. Nel periodo 1998 (data di insediamento di mons. Miccichè a Trapani) al 2014, l’ammontare delle spese superò i 700 mila euro. L’accusa contestata all’ex vescovo di Trapani riguarda l’utilizzo a fini personali di somme sottratte dai conti correnti della Curia e provenienti dai fondi provenienti dall’8 x mille, destinati a “Interventi Caritativi” ed “Esigenze di culto pastorale”. Il reato contestato è il peculato perché il denaro sarebbe stato sottratto in violazione della legge 222 del 20 maggio 1985 e del regolamento che prevede l’impegno delle somme derivanti dall’8 x mille per “esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo”. Il particolare emerso è quello che una buona parte di questa somma è stata spesa per una villa di Monreale di proprietà di mons. Miccichè, lavori di ristrutturazione, edilizi anche di una certa importanza, realizzazione di una piscina, in un edificio di oltre 800 metri quadri attorniato da un terreno di oltre 5 mila metri quadrati. Ebbene il consulente della Procura ha detto che non ha rinvenuto una sola fattura della esecuzione di queste opere, e che la sorella dell’ex vescovo ha riferito che sono stati lavori condotti in economia. Racconto della sorella apparso poco credibile. La difesa dell’imputato, avvocato Caputo, ha posto domande al consulente tese a dimostrare la possibilità che questi lavori potevano essere stati eseguiti da operai non per forza specializzati, ma il consulente ha risposto negando questa possibilità. Tra i fatti emersi quella della contemporanea presenza di grosse pietre ornamentali sia nella villa di Monreale quanto all’interno di Villa Betania a Valderice. La Procura ha sentito sia oggi come in istruttoria un trasportatore, Salvatore Nola, che ha detto di avere trasportato questi massi, oltre che a Valderice a Villa Betania anche a Monreale, dove era in costruzione un edificio da parte della Curia di quel centro, e questo in due occasioni, ma che al secondo trasporto si rese conto che i massi trasportati prima non erano più in quel sito.Domande sui lavori eseguiti nella Villa di Monreale sono state rivolte dal pm Morri anche a Maniscalchi che ha negato in maniera categorica di avere mai fatto eseguire lavori in proprietà del vescovo: guardando poi le foto della Villa di Monreale ha anche escluso che i lavori eseguiti possano essere stati condotti da propri operai, risultando la collocazione delle pietre nel prospetto non del tutto regolare, “certamente – ha detto – non le avrei collocate in questa maniera, la manodopera poteva essere migliore”. Poi una risposta che più delle altre potrebbe non far piacere all’ex Vescovo: “questo prospetto è destinato a crollare”. Prossima udienza a fine marzo.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.