Patrick Zaki scarcerato dopo 668 giorni di rinvii, ma non è assolto

Il padre ai diplomatici italiani: “Vi sono grato”. Il 30enne dalla gabbia degli imputati prima della sentenza: «Sto bene, grazie Italia». La sospensione dopo 4 minuti, poi la firma sul foglio di scarcerazione

Patrick Zaki è libero. Già oggi, anche se al momento non si hanno certezze: lo studente sarà prima trasferito da Mansura al carcere egiziano di Tora, poi si procederà con la scarcerazione. Non ci si credeva quasi più, dopo 668 giorni di rinvii. Invece la nuova, ennesima udienza di questa mattina al tribunale di Mansura contro lo studente egiziano dell’Università di Bologna, in carcere dal 7 febbraio 2020, è finita con la decisione di rimetterlo finalmente in libertà. Ma senza assoluzione, con l’appuntamento rimandato a febbraio per l’ultima parole fine. Presenti in aula, come sempre, i rappresentanti diplomatici dell’ambasciata italiana al Cairo e alcuni colleghi di altri paesi alleati. Un segnale della crescente attenzione internazionale suscitata dal caso dello studente, arrestato al suo arrivo all’aeroporto al Cairo.

Zaki era stato trasferito per l’occasione dal carcere di massima sicurezza di Tora, dove stava scontando la sua odissea, a quello di Mansura. Le accuse nei suoi confronti, con il passare del tempo, erano quasi tutte decadute: restava soltanto quella di diffusione di notizie false, per la quale rischiava fino a 5 anni. Amnesty International ha organizzato per il pomeriggio di oggi un sit-in in piazza a Roma e in diverse altre città in sostegno dello studente. Si terrà il primo febbraio la prossima udienza del processo, anche se a Zaki, secondo quanto si apprende, non è stato imposto l’obbligo di firma in vista della prossima udienza, fissata il primo febbraio. Ma fonti diplomatiche avvisano: «Dovrà presentarsi». Sul momento in cui verrà scarcerato, appunto, restano incognite: «Abbiamo appreso che la decisione è la rimessa in libertà ma non abbiamo altri dettagli al momento» ha spiegato la legale Hoda Nasrallah all’Ansa.
La madre dello studente si è limitata a dichiarare: «Salto dalla gioia».

Subito dopo l’annuncio della scarcerazione del figlio, invece, il padre di Patrick Zaki ha abbracciato anche i due diplomatici italiani presenti a Mansura e li ha ringraziati per l’impegno profuso dall’Italia al fine di ottenere questo risultato. «Vi siamo molto grati per tutto quello che avete fatto» ha detto George Zaki secondo quanto riferito da una persona che era vicina ai due durante i concitati minuti seguiti all’annuncio.

«Un enorme sospiro di sollievo perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare poi ad un provvedimento di assoluzione». Così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha commentato la notizia. «L’idea che Patrick possa trascorrere dopo 22 mesi una notte in un luogo diverso dalla prigione ci emoziona e ci riempie di gioia. In oltre dieci piazze italiane questa sera scenderemo con uno stato d’animo diverso dal solito e più ottimista».

Draghi: «Grande soddisfazione»
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi «esprime soddisfazione per la scarcerazione di Patrick Zaki, la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del Governo italiano». Lo rende noto palazzo Chigi.

Di Maio: «Primo obiettivo raggiunto»
«Primo obiettivo raggiunto: Patrick Zaki non è più in carcere. Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico». Lo scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio su Facebook.

Bonaccini: «Bella notizia dopo 2 anni di sofferenza, ma non basta»
«Una bellissima notizia, la prima dopo due anni di sofferenza e privazione della libertà». Così il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini commenta la notizia della scarcerazione di Patrick Zaki. «Il rilascio di Patrick Zaki in attesa della prossima udienza premia in primo luogo la sua tenacia, la sua forza e quella dei suoi familiari e dei suoi amici e compagni di studi, che mai si sono arresi di fronte a una detenzione inaccettabile, perché non si possono certo processare le idee – scrive Bonaccini sui social – È un primo spiraglio, ma non ci basta».

Le parole di Patrick prima dell’udienza: «Sto bene, grazie Italia»
«Bene, bene, grazie», alzando il pollice. Così Patrick Zaki ha risposto a un diplomatico italiano che gli chiedeva come stesse poco prima dell’inizio dell’udienza. Si è appreso, in quei concitati minuti, che il diplomatico ha potuto parlagli brevemente per rappresentargli la vicinanza delle istituzioni italiane e Patrick ha ringraziato per quello che l’Italia e l’Ambasciata stanno facendo per lui. Il diplomatico italiano si era intrattenuto anche con i genitori di Patrick poco prima.

A presenziare all’udienza di oggi, oltre ai diplomatici dell’ambasciata italiana al Cairo, ci sono anche rappresentanti di Canada, Usa e Spagna oltre a una legale della delegazione dell’Unione europea al Cairo, secondo quanto apprende l’Agi. L’avvocata dell’Ong Eipr, con cui Patrick Zaki collabora e che si è assunta la difesa dello studente egiziano da quando è stato arrestato all’aeroporto del Cairo di ritorno da Bologna per un periodo di pausa dagli studi, attende che il giudice si pronunci sulle sue richieste di acquisizione di atti.

La sospensione dopo 4 minuti e la lunga attesa
Registrazioni di telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo, verbali redatti da un agente della Sicurezza nazionale e da uno della polizia, oltre a copie di verbali di un processo civile e la convocazione di un teste: sono questi gli atti che una legale di Patrick Zaki, Hoda Nasralla, ha chiesto al giudice di acquisire al processo in corso a Mansura. Lo ha sintetizzato un altro legale a margine dell’udienza. Le registrazioni video servono per dimostrare che Patrick fu arrestato all’aeroporto del Cairo e non a casa propria a Mansura, come invece sostenuto dalla Procura, ha aggiunto la fonte. I verbali richiesti sono quello del funzionario della sicurezza nazionale che documentò la cattura al Cairo e quello dell’agente di polizia che ha registrato il fermo a Mansura, ha precisato, aggiungendo che i due documenti dovrebbero dimostrare l’illegalità del fermo. Gli atti del processo civile riguardano un cristiano che sarebbe stato discriminato impedendogli di testimoniare in un caso di eredità contesa del 2008, come sostenne Patrick nell’articolo del 2019 sulle discriminazione dei copti in Egitto e incriminato in questo processo. Sempre in relazione all’articolo, Nasrallah ha chiesto che venga acquisita la testimonianza del fratello di un soldato cristiano ucciso da terroristi islamici e al quale sarebbero stati negati adeguati onori, sempre secondo l’articolo scritto dallo studente del quale la legale vuole dimostrare la veridicità, ha riferito ancora la fonte.

Le condizioni di vita in carcere
Intanto sono uscite nuove informazioni sulle condizioni di vita di Zaki in carcere. «Si sta meglio a Tora, dove almeno c’è il bagno nella cella» ha detto una fonte egiziana informata sulle condizioni carcerarie al Cairo e nella città sul delta del Nilo riferendosi al trasferimento di Patrick Zaky in una prigione di Mansura. «Qui a Mansura – ha aggiunto – dopo le quattro del pomeriggio si può usare solo il bugliolo, il secchio usato come latrina dentro la cella».

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