Mafia: Governale, sapevamo tutto e ora c’è nuova sensibilità

PALERMO. Non si può dire che sia mancata la conoscenza della mafia.

da sin: Il sostituto procuratore nazionale antimafia Diana de Martino, il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, il comandante del Ros dei Carabinieri gen. Giuseppe Governale e il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, durante la conferenza stampa in merito ad alcuni arresti effettuati in Europa per un’operazione antiterrorismo, Roma, 12 novembre 2015.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Ma più dell’azione repressiva dello Stato, che solo negli ultimi tempi è stata forte e decisa, conta il coinvolgimento di altre forze civili: la scuola, la chiesa, i media.

Il generale dei carabinieri Giuseppe Governale, che è stato capo del Ros e fino al 2020 ha diretto la Direzione investigativa antimafia, coglie l’importanza del ruolo della società civile nel suo libro “Sapevamo già tutto”, edito da Solferino, presentato a Palermo in un incontro con la scrittrice Stefania Auci e con Felice Cavallaro giornalista del Corriere della Sera.
Governale ci tiene a smontare quella che chiama la “vulgata Buscetta” secondo cui solo le rivelazioni del grande pentito a Giovanni Falcone hanno descritto un quadro cognitivo della struttura e delle strategie della mafia. Non è così. Governale ricorda che della mafia “si sapeva già tutto” grazie alle indagini e ai rapporti del questore Ermanno Sangiorgi alla fine dell’Ottocento e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa all’inizio degli anni Ottanta. Cos’è mancato allora? C’è stata, secondo Governale, una lunga convivenza della classe dirigente con il potere criminale e in qualche misura una insufficiente capacità delle forze di polizia di colpire al cuore Cosa nostra.
A partire dagli anni Ottanta gli scenari sono cambiati. Si è compreso che la mafia è “un’organizzazione complessa che ha una dimensione sistemica e quindi va combattuta non solo dalla magistratura e dalle forze di polizia”. Siccome non è “un’organizzazione criminale e basta” è necessario che la risposta dello Stato, che in questi anni non è certo mancata, coinvolga tutte le componenti della società civile. Occorrono anche “funzionari affidabili e una classe dirigente di grandi capacità”.
Ora ci sono le condizioni non per considerare la mafia sconfitta ma per cogliere le opportunità costituite da un quadro normativo adeguato (“L’Italia è un modello per tanti paesi”) e da una forte sensibilità civile. “Per questo credo – dice ancora Governale – molto intelligente l’osservazione dello scrittore Gesualdo Bufalino secondo cui la mafia si può sconfiggere con legioni di maestre”. (ANSA).

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