Il villaggio costruito dalla mafia

Retroscena della confisca contro l’imprenditore Di Giovanni, il racconto del faccendiere Vito Roberto Palazzolo

Per anni, per decenni, è stato considerato uno dei grandi custodi dei segreti di mafia. Ma ora Vito Roberto Palazzolo, 74 anni, alias Robert Von Palace Kolbatschenko, il cosiddetto «manager della mafia», riciclatore di grosse somme di denaro tra Berna e Città del Capo.

Palazzolo è tornato in Italia con le manette ai polsi nel dicembre del 2012, dopo 25 anni trascorsi in quel paradiso dorato che per lui era diventato il Sudafrica, dove faceva da intermediario a grandi mafiosi. Contro di lui trovò una condanna definitiva a nove anni che, come scrisse Giovanni Falcone, fa di Vito Roberto Palazzolo, uno dei più grandi e importanti riciclatori di Cosa Nostra.

Palazzolo ha deciso di rispondere alle domande dei giudici, ma per carità non ditegli che è, o è stato, un mafioso men che meno che oggi sia un pentito, «io non sono né un pentito, né un collaboratore, né qualcuno che accusa le persone, oppure un calunniatore… racconto le vicissitudini nelle quali mi sono ritrovato dal 1961». E poi aggiunge, «la mafia ieri come oggi mi fa schifo».

Lo ha anche detto ai giudici del Tribunale del riesame di Trapani che lo hanno sentito come teste nel procedimento che ha portato alla confisca di beni ai danni di un imprenditore palermitano originario di Monreale, Calcedonio Di Giovanni. Confisca pari a 100 milioni di euro appena confermata dalla Corte di Appello. Il grosso del patrimonio sequestrato è costituito da un maxi villaggio turistico sulla spiaggia di Torretta Granitola a Campobello di Mazara. Quel villaggio per la Dia di Trapani fu costruito con i soldi della mafia, 5 miliardi di vecchie lire. Non solo. Lì dentro, una volta costruito hanno trascorso la latitanza, al mare, tutti i big di Cosa nostra, da Riina a Provenzano, sino a Ciccio e Matteo Messina Denaro, il super capo di Cosa nostra trapanese ricercato dal 1993. Tra le proprietà censite anche quelle appartenenti agli eredi del capo mafia di Mazara, il boss don Mariano Agate.

Cosa c’entrano Kartibubbo e Di Giovanni con Palazzolo? C’entrano eccome. Perché mentre per le indagini della Dia , Palazzolo, artefice negli anni ’70, poco più che ventenne, di quel progetto da 4 miliardi di lire, assieme ad una cordata di imprenditori svizzeri, cedette a Di Giovanni il progetto e licenza per farlo costruire in nome e per conto di Cosa nostra. Lui, Palazzolo, ha invece raccontato che quel progetto la mafia glielo tolse dalle mani, anzi ha raccontato ai giudici che lui sino a quei giorni «la mafia non lo aveva mai incontrata».

Ha dovuto però ammettere che fu suo nonno a portarlo dall’allora capo mafia di Partinico Nino Geraci che in cambio di 20 milioni lo fece mettere d’accordo con Di Giovanni che lo ricompensò per quel progetto con 400 milioni e una villetta. Palazzolo ha raccontato che fu l’allora sindaco di Campobello di Mazara Antonino Passanante a fare da «compare» nell’affare a Di Giovanni, «si inventò pretesti per farmi fermare i lavori… poi seppi che anche Passanante era mafioso: un suo antenato nel 1909 ammazzò il poliziotto italo americano Joe Petrosino appena giunto a Palermo».

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.