Sui terreni confiscati alla mafia a Castelvetrano: la Coop “Rita Atria Libera Terra” tra lavoro nei campi e sociale

È nata un’iniziativa importante tra la Cooperativa Rita Atria Libera Terra e l’Associazione Casa famiglia “Rosetta”. Dalle terre confiscate ai boss non solo lavoro nei campi, ma anche attività sociali per soggetti svantaggiati e in difficoltà. Parola d’ordine: inclusione. Viaggio etico nella terra della nocellara, dei cereali e dei legumi biologici.

Foto Valter Molinaro

CASTELVETRANO. È nelle campagne trapanesi che nasce quello che comunemente viene chiamato “ore verde”: l’olio ricavato dalla nocellara del Belìce. Qui, dove l’economia si basa principalmente sull’agricoltura, si trovano ettari ed ettari di vigneti ed uliveti. Tra aziende agricole e Cooperative sociali, c’è anche chi dalla terra si impegna a produrre prodotti biologici di alta qualità. Eccellenze alimentari frutto di un’economia virtuosa ed etica, ovvero rispettosa dell’ambiente e delle persone. Tra Castelvetrano e Partanna, tra Salemi e Paceco, nei terreni confiscati alla mafia, a Gaetano Sansone, prestanome del Capo dei capi Totò Riina, sorge la Cooperativa sociale “Rita Atria Libera Terra”. Lavorano su dei terreni dati in comodato d’uso gratuito dal Comune. Lo Stato, dopo la confisca, ha affidato questi terreni per generare un’economia legale, quindi normale. Un circuito virtuoso che dà lavoro alle persone del posto. La filiera di distribuzione è quella di “Libera Terra”.

Libera Terra Mediterraneo e le 9 Coop del sud Italia

Libera Terra Mediterraneo è un consorzio Onlus che raggruppa cooperative sociali di “Libera Terra”, unite ad altri agricoltori biologici che ne hanno sposato la causa. Nasce nel 2008 con l’obiettivo di mettere insieme le attività agricole delle cooperative e di affrontare il mercato in maniera unitaria ed efficace. Il Consorzio coordina le attività produttive delle singole cooperative che la compongono e segue direttamente la trasformazione delle materie prime agricole in prodotti finiti, con la costante ricerca della loro massima valorizzazione e del conseguente miglior riconoscimento economico.

Foto Libera Terra

La prima Cooperativa sociale nata in Italia sui terreni confiscati alla mafia, nell’ambito di Libera Terra, è la “Placido Rizzotto” di San Giuseppe Jato, ha fatto da “apri pista” ad altre realtà che si sono messe insieme per fare impresa su beni pubblici, restituiti alla collettività grazie alle leggi volute da Pio La Torre e dall’Associazione Libera. Oggi sono nove le Cooperative sociali di Libera Terra che operano sui beni confiscati nel sud Italia, nello specifico in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, hanno un’unica cabina di regia: il consorzio “Libera Terra Mediterraneo” che aderisce a Lega Coop. Quest’ultima accompagna le Cooperative sociali di Libera Terra nel loro percorso di maturazione imprenditoriale.

Dalla “Rognoni La Torre” al riutilizzo sociale

Reportage e Landscape fotografico Libera Terra – Sicilia Giugno 2017 – Ph © GIORGIO SALVATORI – nella foto vigna a Portella della Ginestra, Piana degli Albanesi (PA)

Dalla legge Rognoni La Torre sulla confisca dei beni ai mafiosi, alla 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. Qui nasce la Cooperativa “Rita Atria”, in contrada Seggio Torre a Castelvetrano, nel cuore della nocellara del Belìce. Non è certo l’unica che riesce a lavorare sui beni confiscati, ce ne sono tante altre, ma è l’unica in provincia di Trapani ad aderire al circuito Libera Terra. Non tutte le terre confiscate alla mafia nel trapanese però ad oggi sono riutilizzate e valorizzate. Ci sono ancora ettari di vigneti e di uliveti lasciate all’incuria, non assegnati o assegnati e non utilizzati. I costi sono tanti, troppi forse per riqualificare queste terre. Ma spesso quelli “abbandonati” dallo Stato fanno più scrusciu di quelli che producono ricchezza. Oggi la “Rita Atria”, dopo sei anni dalla nascita e dopo tantissime difficoltà per riqualificare le terre abbandonate per oltre trent’anni, è cresciuta molto e si rinnova con tecniche e mezzi ogni anno. “Nel corso degli anni, grazie a investimenti e sacrifici siamo riusciti a dotarci di un adeguato parco macchine (trattori e attrezzi agricoli).- spiega il Presidente della Cooperativa Vito Mazzara –  Oggi la realtà è cambiata rispetto al passato. Non abbiamo mai ricevuto ritorsioni o danneggiamenti, anzi molti ci riconoscono e ci stimano per il nostro lavoro e impegno. La credibilità si costruisce con il tempo, con il duro lavoro e il rispetto delle terre e dei lavoratori”, sottolinea Vito Mazzara che oltre ad essere Presidente della Cooperativa è anche Agronomo. La pandemia non li ha fermati, il settore agricolo, con grande difficoltà, ha continuato a lavorare per garantire i prodotti di eccellenza sugli scaffali dei supermercati e quindi sulle nostre tavole.

Etica, biologico, territorio

Foto Rita Atria Libera Terra

Qui i soci hanno investito denaro, risorse, sudore. Investimenti su terreni di cui non sono proprietari. Con il duro lavoro hanno dato un valore aggiunto ai prodotti della terra. Prodotti biologici realizzati assicurando tutti i diritti ai lavoratori, in una terra in cui il fenomeno del caporalato è ancora presente e radicato, come dimostrato da recenti indagini della Procura della Repubblica di Trapani, la “Rita Atria” lo combatte con l’unico strumento a loro disposizione: il lavoro regolare. Da qui nascono prodotti di eccellenza: buoni, ma soprattutto dal sapore unico, quello della normalità “perché in un Paese civile dovrebbe essere normale il rispetto delle regole” – spiegano i soci.

“Libera Terra è la dimostrazione pratica che si possa creare impresa, che sia strumento di un progetto di natura sociale e di interesse collettivo, capace di auto sostenersi e stare sul mercato grazie all’impiego di professionalità specifiche e di alto livello e alla costante tensione al miglioramento continuo. Lo scopo del progetto – afferma ad Alqamah.it Valentina Fiore, Amministratore delegato del Consorzio Libera Terra Mediterraneo – è quello di restituire valore e bellezza ai beni che gestiamo, attraverso le cooperative sociali che sappiano al contempo essere rispettose delle risorse umane e dell’ambiente, e il cui scopo è la realizzazione di prodotti agroalimentari dalle indiscusse qualità organolettiche, il tutto per avviare e consolidare percorsi di cambiamento sociale, economico e culturale dei territori in cui i beni si trovano. Partendo da questi presupposti – sottolinea Fiore ad Alqamah.it – Libera Terra, nei territori dove opera, si è dimostrata un’impresa sociale capace di ridistribuire ricchezza attraverso la creazione di un indotto occupazionale, e non solo, basato sui principi della legalità/normalità e della sostenibilità”.

Foto Rita Atria Libera Terra

Siamo andati nel piccolo baglio tra Castelvetrano e Partanna, in cui la Cooperativa sociale agricola gestisce alcuni dei terreni confiscati. In una fredda mattinata di gennaio abbiamo camminato sotto la pioggia sui sentieri sterrati, tra uliveti e campi appena seminati. Da queste terre nascono le olive che producono l’oro verde del Belìce, oltre a cereali e legumi. Tutto rigorosamente biologico. L’intero raccolto viene conferito a “Libera Terra Mediterraneo” per poi entrare nella grande distribuzione e nelle botteghe eco-solidali e altri punti vendita specializzati in prodotti biologici. Prodotti d’eccellenza con un’alta garanzia di qualità. Prodotti 100% etici per un acquisto responsabile. Il Consorzio “Libera Terra Mediterraneo” adotta un disciplinare che prevede un prodotto biologico, quindi, senza utilizzo di pesticidi o sostanze chimiche di sintesi, una manodopera regolare che garantiscono processi di trasformazione e prodotti finiti di qualità.

Foto Libera Terra

La Cooperativa gestisce circa 170 ettari di terre dislocate in quattro Comuni: Castelvetrano (circa 40 ettari), Partanna (circa 20 ettari), Salemi (circa 60 ettari) e Paceco (circa 40 ettari). Oltre alla nocellara del Belìce, sono impegnati nella semina di cereali e legumi. Il 2021 sarà l’anno della semina più consistente di legumi. Qualche tempo fa anche l’esperienza della coltivazione del melone giallo a Paceco. Dal grano raccolto nei terreni confiscati vengono poi prodotti farine e pasta biologica, ma anche legumi da zuppa, farina di ceci e olio.

“Qui dal 2014 – come spiega Vito Mazzara che ci ha accolto nella struttura, – la Cooperativa è riuscita a recuperare ettari di uliveti che rischiavano di perdersi per sempre”. Pochi anni fa grazie ad un importante investimento sono riusciti a realizzare un sub impianto di irrigazione per diversi ettari di ulivi, valorizzando ulteriormente il bene pubblico.

Nelle terre dei boss una seconda possibilità

Il baglio e i terreni sono stati affidati dal Comune alla Cooperativa nel 2014; dopo la creazione della Cooperativa mediante bando pubblico promosso oltre che da Libera anche dai Comuni del circondario, da Trapani a Mazara del Vallo. La Cooperativa, che aderisce alla rete di Libera, negli anni non ha soltanto lavorato, investito e prodotto per restituire alla collettività le terre sottratte dallo Stato ai boss mafiosi, ma ha creato un valore aggiunto: una ricchezza culturale e sociale. Sono diversi i progetti rivolti al sociale, soprattutto con la collaborazione di associazioni no profit. La Cooperativa negli anni ha assunto lavoratori proveniente da Comunità di recupero per tossico dipendenti, disabili psichici, soggetti svantaggiati o inseriti in percorsi di rieducazione.

La “Rita Atria Libera Terra” infatti è una Cooperativa sociale di tipo B- agricola. Questo prevede che almeno il 30% dei lavoratori debbano essere categorie svantaggiate: con disabilità, ex tossicodipendenti, con disagio economico, inseriti in un percorso di recupero. Tutti vengono pagati con un regolare contratto di lavoro; tutti hanno la possibilità di rimettersi in gioco e poter lavorare con dignità, anche chi ha difficoltà fisiche. Qui si azzerano le differenze e le disabilità. La parola d’ordine è inclusione. “È sicuramente un modo per dare un impiego a chi rischierebbe di rimanere fuori dal mondo del lavoro. Per questo motivo – spiega Vito Mazzara ad Alqamah.it mentre ci mostra i cereali appena seminati poco distante dal baglio – lavoriamo in collaborazione con altre associazioni  e Cooperative del territorio.”

Grazie alla collaborazioni con varie associazioni e Cooperative, tra queste “La Forza”, Castello Libero Ets, e adesso anche “Casa famiglia Rosetta”, si sviluppa, quindi, una delle mission della Cooperativa: lavorare in maniera etica, dando lavoro a chi altrimenti resterebbe fuori dal mercato. In particolare con la Comunità “La Forza” si è creato un legame importantissimo. “La nostra è una Comunità Terapeutica rivolta al trattamento riabilitativo finalizzato al reinserimento sociale e lavorativo di soggetti dediti all’abuso di sostanze psicotrope o di alcool. – spiega ad Alqamah.it la Dott.ssa Valeria Arancio, assistente sociale e responsabile della Comunità “La Forza” – La collaborazione con la “Rita Atria Libera Terra” per noi è stata molto positiva, perché gli ospiti si sono sentiti inclusi, trovando quindi la giusta distrazione, e siamo riusciti ad andare oltre i pregiudizi della società. Anche per loro ci può essere una seconda possibilità e grazie al lavoro i nostri ragazzi si sono sentiti inclusi: il lavoro li riabilita e per loro rappresenta la miglior forma di riscatto”.

Reportage e Landscape fotografico Libera Terra – Sicilia Giugno 2017 – Ph © GIORGIO SALVATORI – nella foto grano e diga a Contrada Capparrini, Roccamena (PA)

Ma c’è anche una seconda mission: la memoria. La Cooperativa, infatti, porta il nome della giovane partannese Rita Atria, la picciridda che decise di collaborare con il giudice Paolo Borsellino, morta suicida dopo la strage di Via D’Amelio. Un nome importante, che rappresenta il coraggio e il riscatto di un intero territorio ancora soffocato dalla presenza mafiosa del super latitante Matteo Messina Denaro. A pochi chilometri dalle terre confiscate che producono, infatti, sorgono terreni e proprietà in cui un tempo don Ciccio Messina Denaro, padre del super latitante ricercato dal 1993, lavorava e imponeva il suo potere.

Se da un lato ci sono le terre date in gestione alla “Rita Atria Libera Terra” e non solo, altre oggi sono ancora abbandonate, finendo per danneggiare l’immagine anche di quelle virtuose. Tra incuria e abbandono, gli Enti pubblici faticano ancora a gestire o affidare i tantissimi beni confiscati alla mafia. Uno spreco che crea un danno economico all’intero territorio. La “Rita Atria” oggi è una delle poche realtà virtuose, tanti altri beni attendono ancora una seconda vita.

“Rosetta”, per dare un futuro a chi è rimasto indietro

Partirà a breve un nuovo progetto che vede coinvolti la “Rita Atria” e la Casa famiglia “Rosetta”. Il progetto è rivolto ai soggetti in difficoltà delle comunità terapeutiche e mira al reinserimento nel mondo del lavoro. “Sono previste 500 ore di formazione di cui 240 di stage, poi l’inserimento nel mondo dell’agricoltura”, spiega ad Alqamah.it Giuseppe Marascia, riferimento della Casa famiglia “Rosetta” per le province di Trapani e Palermo.

L’Associazione “Casa Famiglia Rosetta”, fondata da don Vincenzo Sorce a Caltanissetta negli anni ottanta e presieduta da Giorgio De Cristoforo, oggi vanta un gruppo di volontari che si occupano di servizi alla persona. “Siamo oltre 220 operatori a tempo indeterminati nei vari servizi, e circa 70 collaboratori esterni”. Le sue aree di intervento si estendono a diversi settori dell’area socio-sanitaria, psico-sociale, psicopedagogica, socio-culturale e spirituale-pastorale con un approccio globale al disagio.

“L’associazione si basa principalmente su tre pilastri: rispondere al bisogno degli ultimi, la formazione e la spiritualità. Con spiritualità – spiega Giuseppe Marascia ad Alqamah.it – non intendiamo soltanto la religione cattolica, noi non facciamo distinzione di razza, religione o orientamento sessuale”.

“Nell’ottica di fare rete siamo entrati in contatti con la Coop “Rita Atria Libera Terra” e insieme abbiamo deciso di collaborare per una serie di progetti. Uno di questi, finanziato dall’Assessorato Regionale alla Famiglie e alle Politiche del Lavoro, si rivolge all’inserimento lavorativo di soggetti vulnerabili. Questo progetto – sottolinea Giuseppe Marascia ad Alqamah.it – coinvolgerà 12 soggetti del trapanese e 12 del nisseno che fruiranno di un corso di formazione nel campo agricolo, con conseguente attestato di qualifica, con una grossa componente di stage pratico sui terreni della “Rita Atria”. Le fase del progetto saranno: orientamento, formazione e inserimento lavorativo dei fruitori in aziende locali”.

L’associazione gestisce diverse strutture: centri di riabilitazione, case famiglia, comunità alloggio e comunità terapeutiche, centri di ascolto, centri diurni, centri ambulatoriali, offrono accoglienza, assistenza, riabilitazione e reinserimento sociale a persone affette da disabilità fisica e/o psichica, a persone con problemi di dipendenza da alcool, droghe e gioco d’azzardo, a minori a rischio o in condizione di disagio familiare, ad anziani, a persone che vivono con HIV/AIDS, a donne in difficoltà, attraverso servizi residenziali, ambulatoriali, domiciliari, extramurali e diurni. Ma non solo. La Onlus offre anche diversi servizi di consulenza e diagnostica come il laboratorio di genetica familiare, il centro di consulenza per la famiglia e il laboratorio di neurofisiopatologia, oltre ad essere convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale, con molte università italiane e con la Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” dell’Università Pontificia. “Oggi l’associazione ha assunto un carattere internazionale, infatti – conclude Marascia – siamo membri consultivi all’ONU per le politiche della lotta alle dipendenze patologiche e alla prevenzione. Lavoriamo con due villaggi in Brasile e uno in Tanzania: tutti rivolti a soggetti svantaggiati”.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.