Uno dei mandanti del delitto di Livatino aveva rilanciato la “Stidda” VIDEO

Angelo Gallea, uno dei mandanti del delitto del giudice Rosario Livatino, quando era in semilibertà aveva rilanciato la “Stidda”, l’altra mafia, da quando era in semilibertà, decisione basata sul fatto tutti i reati da lui commessi erano stati accertati e dunque sarebbe stata impossibile una sua collaborazione, così i pm di Palermo scrivono nel fermo che lo riporta in carcere .

Invece “Cosa nostra” poteva contare sull’avvocatessa di Canicattì, Angela Porcello, infatti nel suo studio, in via Rosario Livatino, si svolgevano summit di mafia e in più continuava a fare uscire dal carcere i messaggi dei padrini rinchiusi al 41 bis. Porcello era legale dello storico boss Giuseppe Falsone, il capo della provincia mafiosa di Agrigento arrestato nel 2010 a Marsiglia.

Il boss scarcerato e l’avvocatessa sono stati arrestati questa notte dai carabinieri del Ros insieme ad altre venti persone. Il provvedimento vede coinvolto anche il latitante boss trapanese Matteo Messina Denaro. Quest’ultimo ritenuto dai padrini agrigentini colui a cui “spetta l’ultima parola”.

In carcere sono finiti sei capi di Cosa nostra agrigentina, che avevano rapporti con mafiosi di tutta la Sicilia: i pm sottolineano “l’unicità di Cosa nostra”. In manette anche tre capi della rinata Stidda” e altri nove mafiosi. Arrestati un ispettore della polizia penitenziaria e un assistente capo della polizia di Stato, entrambi in servizio ad Agrigento, sono accusati di essere stati a disposizione dell’avvocata dei clan.

Cosa Nostra e Stidda e la “pace”

A differenza del passato, Cosa nostra e Stidda avevano stilato un “accordo di pace”, tuttavia, osservano gli inquirenti, “continuavano a guardarsi con diffidenza”. In gioco c’erano soprattutto tanti affari, legati alle mediazioni nel mercato ortofrutticolo della provincia di Agrigento.

Intercettazioni, dinamiche e falle nel “carcere duro”

Intercettazioni quelle alla base di quest’ultima operazione che mettono in evidenza le dinamiche interne a cosa nostra e inoltre svelano le falle nel “carcere duro”.

GLI INDAGATI. Il superlatitante Matteo Messina Denaro; Giuseppe Falsone, ergastolano al 41bis; Giancarlo Buggea, 50 anni; Luigi Boncori, 69 anni; Luigi Carmina, 56 anni; Simone Castello, 70 anni; Antonino Chiazza, 51 anni; Emanuele Diego Cigna, 22 anni; Giuseppe D’Andrea, 49 anni; Calogero Di Caro, 75 anni; Pietro Fazio, 49 anni; Roberto Gianfranco Gaetani, 54 anni; Antonio Gallea, 64 anni; Gaetano Lombardo, 65 anni; Gregorio Lombardo, 67 anni; Antonino Oliveri, 36 anni; Calogero Paceco, 57 anni; Giuseppe Pirrera, 62 anni; Filippo Pitruzzella, 62 anni; Angela Porcello, 50 anni; Santo Gioacchino Rinallo, 60 anni; Giuseppe Sicilia, 42 anni.

CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteGli aggiornamenti del 2 febbraio sul coronavirus nel trapanese: 2710 positivi
Articolo successivoUn avvocato per Virga jr