Audizioni dinanzi al Copasir

Il caso dei pescatori sequestrati in Libia: il comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti convoca il premier Conte assieme al ministro Di Maio, al capo Aise e al portavoce Casalino

Inizieranno la prossima settimana a Palazzo San Macuto a Roma le audizioni chieste dall’ufficio di presidenza del Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica,  in relazione alla vicenda dei pescatori di Mazara sequestrati in Libia e poi rilasciati dopo 108 giorni di ingiustificata prigionia. Il Copasir ha infatti deciso di ascoltare il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, il direttore dell’Aise, Gianni Caravelli e il Capo Ufficio Stampa di Palazzo Chigi e portavoce del Presidente del Consiglio Ing. Casalino. Già lo scorso 18 dicembre nell’immediatezza della liberazione dei pescatori della flotta mazarese, il senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, aveva chiesto  questa audizione  per chiarire le modalità della liberazione dei 18 marittimi. Si vuole capire se “si sia trattato di un rapimento politico,  l’eventuale prezzo politico che l’Italia ha pagato per ottenere  la liberazione, dei pescatori. Il Copasi punta a conoscere le eventuali condizioni imposte dal leader libico Haftar, la cui milizia sequestrò lo scorso 1 settembre i motopesca mazaresi Antartide e Medinea e i relativi equipaggi. “Ora è evidente quel che il governo ha sempre smentito – dice il vice presidente Copasi Urso .- Si è trattato di un rapimento politico che ha raggiunto il suo obiettivo, la sottomissione dell’Italia”. E ancora: “Il prezzo politico (altissimo) che l’Italia ha pagato per ottenere finalmente la liberazione, dopo 108 giorni, dei nostri pescatori, dimostra senza ombra di dubbio che il sequestro è stato effettuato solo al fine di costringere l’Italia a consacrare Haftar come unico interlocutore della Cirenaica conferendo a lui quel ruolo centrale nelle trattative di pace in corso, che ormai tutti gli negavano. L’Italia ne esce umiliata, relegata a comparsa laddove era sempre stata protagonista. L’on. Carmelo Miceli, responsabile Sicurezza del Partito democratico, ha dichiarato a sua volta: “Che l’intelligence non possa e non debba mai diventare un affare personale lo sa per primo il presidente del Consiglio. Ciò che in questi giorni abbiamo detto è quello che sosteniamo da sempre: le questioni legate a vario titolo alla sicurezza obbligano ad un costante confronto, coordinamento e coinvolgimento di tutti quei soggetti istituzionali a vario titolo coinvolti”.

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