Storie d’Italia: il magistrato “outsider” e la “malia del Male”

Il pm De Falco uscito dalla fantasia letteraria di un vero pm, il procuratore aggiunto Maurizio Agnello

Un sostituto procuratore si aggira per Palermo, ma non è di quelli a cui la cronaca ci ha abituati. Non è un “eroe”, ma non è neanche un “fessacchiotto”. Ha bussato alla porta di un magistrato il giorno in cui quest’ultimo litigò con un procuratore della Repubblica, e lui gli ha dato anima e corpo in una scrittura densa di ironia. E’ Fabio De Falco, “antieroe” dei tre romanzi, tra il giallo e il noir, di Maurizio Agnello, procuratore aggiunto a Trapani, il cui “Il ritratto del demone” (Leima edizioni) è da qualche mese in libreria. Fabio De Falco, spiega Agnello all’AGI, è un magistrato “sempre in bilico tra il bene e il male, dilaniato tra queste due sponde. E’ bravo, conosce la legge e spesso la usa a suo uso e consumo. E’ recalcitrante alle norme, alle regole. E’ un simpatico, un single con rapporti complicati con le donne”.
Attratto nell’ultima avventura dal fascino del Male ma ancora in grado di resistervi, De Falco non è, tiene a precisare Agnello, l’alter ego dell’autore. Incarna, più semplicemente, la necessità di “sperimentare una forma di scrittura diversa dal ‘giuridichese’ usato ogni giorno”. E dal bisogno di uscire da una routine: “Ebbi una lite con un procuratore della Repubblica. Mi chiusi nella mia stanza, per un moto di rabbia, scrissi la prima pagina del primo dei miei libri”, mettendo in scena storie che, però, “non possono non trovare posto e scenario in Sicilia”. Palermo, sottolinea il magistrato-scrittore, è “protagonista”, sebbene De Falco “soffra sempre il fatto che non è la sua città”. “Le mie sono storie di pura fantasia – tiene a sottolineare Agnello – ma in esse c’e’ del reale: i rapporti con la stampa, quelli con i colleghi, con le forze di polizia. De Falco è critico con un’antimafia di facciata. Odia una certa politica siciliana, con i questuanti a chiedere. Non volevo costruire a macchietta, ma un personaggio credibile, con storie credibili”. Come si sarebbe orientato De Falco nel caso Palamara? “Lui non ha rapporti con i colleghi, li disprezza e dunque non sarebbe rimasto coinvolto”, spiega Agnello, che svela un dettaglio che lo riguarda delle chat dello scandalo: “In una di queste Palamara mi definisce ‘incomprensibile outsider’. Per me è una medaglia al valore”. Se un magistrato siciliano scrive romanzi, se trova oggi la voglia di creare e inventare storie, è forse anche perchè la cappa di piombo che ha pesato sull’isola, e su Palermo in particolare, è scomparsa. “Mio padre – ricorda Agnello – era presidente dei Corte d’assise e i soldati li avevamo sul pianerottolo di casa. Le cose sono cambiate, e questo certamente ci ha resi un po’ più liberi. Esserci allontanati da quel modo di vivere ha aperto la nostra fantasia. Da ex componente della Dda di Palermo le posso dire che oggi la mafia è fatta da ‘scassapagghiari’, gente non all’altezza. Chi nel 2000 era rapinatore me lo sono trovato come capofamiglia, ma io so che si tratta di poca cosa. La mafia non è stata sconfitta, ma è stata messa in condizioni di non nuocere. Poi c’è la mafia del pizzo, che cerca di conquistare le grandi commesse, i grandi appalti, e lì c’è ancora tanto da fare”. De Falco sarà il protagonista del prossimo romanzo? “Sì. Nel prossimo volume, se sarà pubblicato, è sulle orme di un superlatitante mafioso e agisce in un intreccio tra mala politica, criminalità mafiosa e criminalità comune. Come è tipico in Sicilia, si trova alle prese con qualcosa di diverso da ciò che appare. Alla fine riuscirà a sbrogliare la matassa, ma ha imparato a misurarsi con apparati infedeli dello Stato. Emerge, però, tutto il fascino del ‘lato oscuro della Forza’, per dirla con Guerre stellari: cerca di venire a patti con un criminale. Si lascia ammaliare dal male”.

Fonte AGI autore Fabio Greco

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