Costa il sequestratore torna in cella

Mafia: carabinieri e Dia lo hanno arrestato nella notte: era il nuovo capo della famiglia di Custonaci

Incastrato da indagini dei cacciatori dei mafiosi, scoperto ad occuparsi di affari e politica, a sedere ai summit mafiosi con i capi mafia di Trapani, a ricorrere alle maniere violente per riscuotere crediti vantati da boss mafiosi finiti in carcere. Giuseppe Costa, 57 anni, di Custonaci è stato arrestato nella notte da agenti della Dia  e dai Carabinieri del Reparto Operativo Provinciale di Trapani con l’accusa di associazione mafiosa. A disporre il suo arresto una ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Palermo, giudice Morosini su richiesta dei pm della Procura distrettuale De Leo e Ferrara. Costa è stato indicato come uno dei principali soggetti del trapanese in grado di mobilitare consenso e sostegno verso Cosa nostra. Nome pesante il suo nella storia della mafia più cruenta e violenta. Costa fu uno dei protagonisti del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino Di Matteo. Giuseppe aveva 13 anni quando fu rapito da Cosa nostra nel novembre del 1993 per indurre il padre a ritrattare le sue accuse e le rivelazioni che stava facendo su Riina e sulle stragi del 1992. I mafiosi andarono a prelevare Giuseppe in un maneggio di Piana degli Albanesi, si presentarono come agenti della Dia, gli dissero che l’avrebbero portato dal padre. Lo tennero sequestrato sino all’l’11 gennaio del 1996, quando fu ucciso e il suo corpo, oramai provato da una lunga detenzione, tenuto anche attaccato al muro come un animale, fu sciolto nell’acido. Un atto di grande brutalità. E per questo sequestro fu condannato anche Giuseppe Costa, rimasto in carcere tra il gennaio 1997 e il marzo 2017. Fu Matteo Messina Denaro, il super ricercato oggi di Cosa nostra, latitante dal 1993, a chiedere al capo mafia di Trapani, Vincenzo Virga, di trovare un luogo sicuro dove tenere prigioniero Giuseppe Di Matteo. Per un periodo di tempo il piccolo Giuseppe fu nascosto in una casa di Costa, nella frazione di Purgatorio, territorio del Comune di Custonaci. A indicare la disponibilità di Costa fu Vito Mazzara, il già riconosciuto killer di Cosa nostra trapanese, all’ergastolo anche per avere ucciso il 23 dicembre 1995 l’agente penitenziario Giuseppe Montalto, e di recente assolto dall’omicidio del giornalista Mauro Rostagno. Costa fece realizzare una vera e propria cella nella sua casa. I pentiti che hanno raccontato del sequestro di Giuseppe Di Matteo hanno indicato Costa presente all’arrivo del ragazzino nella sua casa, arrivò rinchiuso nel bagaglio di un’auto e incappucciato, e che nei mesi successivi ogni giorno Costa si occupava di fare da vivandiere ai mafiosi che facevano da custodi del sequestrato. Durante la sua detenzione in carcere Costa ha ricevuto il sostentamento dei mafiosi, una volta tornato libero è stato accolto come una sorta di figliol prodigo, si era fatto il carcere senza mai parlare, uomo d’onore promosso sul campo. Lui ha ricambiato mostrando “affectio societatis”. Tornato libero non ha avuto difficoltà a reinserirsi nel tessuto sociale di Custonaci. Nonostante la brutalità del suo comportamento, invitato di eccezione a riunioni e matrimoni. Dal 2017 fino a pochi giorni addietro Dia e Carabinieri lo hanno monitorato, evidenziando che era andato ad occupare un posto di rilievo, a capo della famiglia mafiosa di Custonaci, soprattutto dopo aver sposato la nipote del killer Vito Mazzara. Durante il suo matrimonio, novembre 2017, è stato intercettato a discutere con il mafioso trapanese Franco Virga, di affari della cosca. Sempre presente a summit di mafia, è stato intercettato ad occuparsi di controllo di aziende, in particolare quelle per la produzione del cemento, di società per la vendita di carburanti agricoli, di campagne elettorali e compravendite di voti. I fatti contestati a Giuseppe Costa risalgono fino a poche settimane addietro, ascoltato a discutere di controversie da risolvere impugnando armi o “buttando un poco di taniche di nafta” per colpire un’azienda che non si sarebbe voluta abbassare ai suoi voleri. Dialoghi sono stati intercettati anche con la moglie dell’ergastolano Vito Mazzara, apparsa ben consapevole delle dinamiche mafiose del marito e del nipote. Il nome di Costa era emerso già nell’indagine denominata “Scrigno” e che portò i Carabinieri ad arrestare mafiosi del calibro di Franco e Pietro Virga, di Franco Orlando e altri soggetti indagati per mafia. Una inchiesta che fotografò l’interesse di Cosa nostra per il mercato dei voti. Costa fu uno dei referenti per l’imprenditore Ninni D’Aguanno, all’epoca in cui, nel 2017, questo aveva la moglie candidata alle regionali. D’Aguanno è stato condannato poche settimane addietro. A Custonaci la scorsa estate l’amministrazione comunale, tirando fuori dai cassetti un’antica proposta, ha intitolato una piazza in periferia al piccolo Di Matteo, nel corso della cerimonia però si sono dimenticati di ricordare che Di Matteo fu tenuto sequestrato a qualche chilometro da quel luogo.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.