Le lezioni di laboratorio virtuali nella classe vuota, la solitudine della prof: “Mi mancano i miei ragazzi”

Alunni davanti uno schermo e una professoressa che prepara la lezione di laboratorio. Nonostante la solitudine dell’aula deserta, osserva, da remoto, le faccine sorridenti dei suoi studenti. “I nostri ragazzi hanno bisogno della scuola”. La lezione di Fisica “in tempo di pandemia” al “Caruso” di Alcamo

ALCAMO. Nessuna campanella a scandire l’inizio delle lezioni. La campana non suona più, ma la scuola è più viva che mai. Non è la solita lezione, nonostante il programma sia sempre lo stesso. Non lo è, non lo sarà ancora per molto tempo. La pandemia ha stravolto le vite di tutti, soprattutto quelle di studenti e insegnanti. Ed è così anche per la Professoressa di Fisica Giovanna Galuppo, trapanese da quattro anni al l’ITET G. Caruso di Alcamo, una delle scuole più all’avanguardia del panorama siciliano. La incontriamo qualche minuto prima di iniziare la sua lezione di laboratorio con i ragazzi di prima. Ci guida tra i vialoni deserti e i corridoi silenziosi dalle palazzina C, quella che ospita molti laboratori, tra cui quello di fisica. Tutto ormai avviene da remoto, tranne per gli studenti più fragili che svolgono ancora una didattica in presenza.

La solitudine dello streaming

Potrebbe essere una lezione come le altre, se non fosse per un dettaglio: in aula mancano gli studenti. La Prof. Galuppo entra in aula in anticipo, alle 11:30 inizia il collegamento con la “classe virtuale”. Si siede al suo posto, tra i banchi monoposto arrivati da poco dal Ministero. Banchi vuoti, ancora non usati dagli studenti. Nell’aula regna un silenzio assordante. Il tempo è scandito soltanto dallo schermo luminoso della docente, in attesa della lezione. Sembra tutto congelato, sospeso, come del resto le vite di tutti noi. La dad, anche se al Caruso si parla di ddi (didattica digitale integrata), è l’unica strada percorribile per garantire la didattica. Proprio della ddi il “Caruso” di Alcamo è pioniere e negli anni ha ispirato diversi istituti scolastici, anche fuori dai confini nazionali, all’utilizzo di questo metodo. Il sapere adesso corre in streaming, da remoto, ma con tantissimi limiti.

“Ma è necessario resistere il più possibile, i nostri ragazzi hanno bisogno della scuola, e noi di loro”, afferma la Prof Galuppo in attesa del collegamento con la classe. Resistere è proprio il verbo giusto. Mai nulla è stato più appropriato: oggi la scuola deve resistere per tenere stretto quel legame tra il sapere, la cultura, la didattica e gli studenti che rischiano di smarristi dietro una videocamera disattivata, davanti un microfono spento o davanti uno schermo pieno di caselle vuote. Non ci sono più volti, ma numeri dietro una “finestrella” digitale. La scuola oggi è un atto di resistenza. La didattica nelle case degli studenti, ad ogni costo, è fondamentale per non smarrire l’orientamento, la bussola della conoscenza. “Ammetto che avverto un po’ di solitudine quanto entro in aula. – spiega la Prof.ssa Galuppo ad Alqamah.it – L’insegnamento è una vocazione, oltre che passione. Stare in mezzo ai ragazzi, aiutarli a crescere, crescere con loro, è l’essenza stessa dell’insegnamento”.

Solita cattedra, solito laboratorio

Le lezioni adesso durano 40 minuti, per non costringere gli studenti a restare troppo tempo al pc. “Tramite la piattaforma possiamo condividere con i ragazzi materiali e appunti. La lezione che facciamo in streaming potrà essere rivista anche in un secondo momento. – spiega la Prof.ssa Galuppo ad Alqamah.it – Durante la lezione abbiamo anche a disposizione una chat per interagire. Diciamo che per loro, nativi digitali, è tutto molto familiare: la scuola parla la loro lingua. L’aspetto positivo di questo modo di fare lezione è la possibilità di creare foto e video con dimostrazioni e spiegazioni che facilitano l’apprendimento, soprattutto per i più fragili. Bisogna soltanto non essere noiosi, cercare di renderli partecipi stimolando la loro curiosità.” La dad o la ddi chiaramente non sono perfette, ma in tempo di emergenza sono l’unica alternativa possibile.

“I nostri ragazzi”, nonostante tutto   

“Oggi parleremo di misure ripetute eseguite con il calibro digitale” – spiega la prof, mentre l’assistente di laboratorio mostra un bullone da misurare. “Errore assoluto, valore medio,” gli studenti impareranno come usare le misure con il calibro, un passo alla volta. Ecco che spunta la lavagna digitale, la Prof Galuppo inizia a scrivere. Lo schermo è condiviso, i ragazzi vedono quello che scrive la docente come se fossero davanti alla lavagna. Rispondono alle domande dell’assistente e della Prof, sono bravi, hanno studiato. “È chiaro che ci sono difficoltà, ma non possiamo fermarci. La scuola deve andare avanti per far sentire i nostri ragazzi meno soli” – spiega la Prof.ssa Galuppo. Quando parla degli studenti ripete sempre “i nostri” ragazzi, perché è questo che contraddistingue un docente: considerare i ragazzi come propri figli. Anche se in questo momento si trovano dietro uno schermo, magari nascosti dietro una casella vuota con soltanto la lettera del proprio nome. E l’amore per questo mestiere lo si intravede negli occhi della professoressa, anche se ha il volto parzialmente coperto dalla mascherina. E questo i ragazzi lo hanno capito. È l’Italia che con garbo e gentilezza tende la mano verso gli altri, che non lascia indietro nessuno. Anche in tempo di pandemia.

Continua la lezione, tra piccoli intoppi. C’è chi scrive di assentarsi un attimo per andare in bagno, chi ha problemi di connessione e chiede di ripetere il concetto. “Nessun problema Simone, vi passerò tutti gli appunti della lezione che, tra l’altro, sarà condivisa con voi per rivederla successivamente, nessuno rimarrà indietro”, rassicura la Prof. “Capita che qualcuno riscontri problemi di connessione durante la lezione e questo mi dispiace molto, ma sono inconvenienti che abbiamo messo in conto. Per questo motivo condividiamo con loro tutto il materiale didattico e l’intera lezione che abbiamo svolto in diretta.”

Alle 12:10 si conclude la lezione di laboratorio. Dopo le raccomandazioni per la verifica che svolgeranno l’indomani, la prof. saluta “i suoi” ragazzi uno per uno e si appresta a condividere tutto il materiale didattico nella bacheca di classe.

“Resistere per non perdere l’orientamento”

“Non poter avere una classe piena di vita, anche rumorosa, è un po’ una stretta al cuore. La scuola oggi è un presidio di resistenza, mantiene stabilità in un periodo di grande disorientamento. In presenza – sottolinea la Prof. Galuppo – è chiaramente tutto diverso, c’è empatia, ci sono emozioni, sguardi, il contatto umano non si può sostituire, soprattutto tra docente e studente. La condivisione, il capirsi a vicenda, i rimproveri, ma anche le gratificazioni, lo stare fianco a fianco, manca tutto questo. Fare lezione in ddi vuol dire essere ancora parte integrante della comunità scolastica. Quando tutto sarà passato, speriamo presto, avremo sicuramente molto da recuperare.”

Finisce così la giornata del prof.ssa Giovanna Galuppo, spegne il pc, spegne le luci e va via chiudendosi la porta dell’aula alle spalle. Percorre i vialoni esterni un tempo affollati di studenti rumorosi che schizzavano fuori dalle palazzine. Oggi quei vialoni sono deserti, vuoti, ma la voglia di tornare ad affollarli è viva. “La scuola deve andare avanti; torneremo tutti insieme ad animare queste palazzine oggi vuote, ne sono sicura”.

“La scuola cambia, ma non si ferma”

“Siamo faccine su un monitor, l’iniziale dei nostri nomi. Tutto cioè crea distanza, manca il contatto e si crea esclusione, la scuola, invece, è inclusione” – afferma ad Alqamah.it la Dirigente scolastico Prof.ssa Vincenza Mione. La incontriamo nell’ufficio di Presidenza, prima di raggiungere la docente nel laboratorio di Fisica. “La didattica non è per tutti uguale, noi lavoriamo su una personalizzazione della didattica che si differenzia in base allo studente. Online tutto si annulla. Manca l’empatia, manca la condivisione degli spazi e delle esperienze. Ci siamo, ma non ci siamo. Manca il calore umano, quei dettagli tipici della scuola in presenza: gli schiamazzi, le pacche sulle spalle, anche il semplice suono della campanella. Non riesco ad abituarmi a questo silenzio, è innaturale.” È davvero un silenzio anomalo per chi lavora nel mondo della scuola, sembra di essere estranei a casa propria.

“Sono sicura che tutto andrà bene, ma stiamo perdendo qualcosa. L’isolamento digitale può creare isolamento umano. È innegabile, – sottolinea la Dirigente Mione ad Alqamah.it – si sono sconvolti tutti i nostri modi di vivere, anche di approcciarsi al prossimo, soprattutto per noi siciliani abituati al “contatto fisico di un abbraccio o di un bacio”. Questo difficilmente sarà come prima. Ho paura di come torneremo alla vita di prima, – conclude la Dirigente Mione – è una situazione nuova e bisogna capire come rinascere. Ma ce la faremo.”

Foto Emanuel Butticè per Alqamah.it