Trapani: la Procura ottiene il rinvio a giudizio di due dipendenti del Palazzo di Giustizia e di una avvocatessa. Un’altra indagata patteggia. Dietro le quinte l’ombra della massoneria
A marzo 2017 in Tribunale a Trapani ci furono tre perquisizioni che sollevarono parecchio clamore. Un collaboratore di giustizia da Palermo aveva fatto rimbalzare su Trapani la notizia che mafia e massoneria dalle parti del Palazzo di Giustizia avrebbero avuto un paio di infiltrati, delle “gole profonde”. Un cancelliere parecchio importante sarebbe stato pienamente sotto il controllo della massoneria. Logge massoniche che notoriamente a Trapani non stanno con le mani in mano, ma hanno spesso occhi e orecchie nei posti giusti. Scattò così l’indagine, un paio di iscrizioni nel registro degli indagati, e poi perquisizioni e intercettazioni. Al centro dell’indagine anche funzionari del Tribunale che si occupavano di tenere in ordine il registro delle intercettazioni. Una indagine all’epoca coordinata dal pm Marco Verzera, che clamorosamente fu circondata dentro lo stesso Tribunale da un alone di incredulità. Le indagini portarono ad accertare altro, rapporti troppo stretti tra cancellerie e avvocati. Un cancellerie in particolare ed un paio di avvocati. Per questa indagine a formulare la richiesta di rinvio a giudizio è stata la pm Francesca Urbani. Una inchiesta firmata dagli investigatori della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza che ha condotto la Procura a scoprire tentativi di concussione, rivelazione di segreti di ufficio, falso e truffa. Uno degli originari indagati, nel troncone principale, quello su interferenze esterne subite dal Palazzo di Giustizia, il cancelliere Marcello Falsetta è stato prosciolto in istruttoria, il suo nome non è nemmeno finito nemmeno scritto nell’avviso di conclusione delle indagini e nella conseguente richiesta di rinvio a giudizio. Gli altri invece compariranno il prossimo 25 novembre dinanzi al Tribunale. Rinvio a giudizio deciso dal gup giudice Samuele Corso per il cancelliere Antonio Bologna, 60 anni, per l’impiegato del Tribunale, Paolo Sigona, 60 anni, per sua moglie l’avvocata Rosa Sanna, 46 anni. Ha scelto invece la via del patteggiamento un’altra avvocata, indagata per falso e truffa assieme al cancelliere Bologna. La posizione di quest’altra avvocata è stata stralciata, in effetti nello scenario emerso il legale non pare avere avuto alcun ruolo, per un proprio ritardo nell’adempimento di alcuni atti è rimasta coinvolta per via delle investigazioni che riguardavano il cancelliere Bologna e i suoi rapporti con l’avv. Sanna. Per Bologna, Sigona e Sanna la prima udienza è stata fissata per il prossimo 25 novembre. A svelare le vicende che saranno oggetto del processo è stata una inchiesta per fuga di notizie che riguardava direttamente il cancelliere Bologna a proposito di interferenze nell’attività giudiziaria che sarebbero state poste in essere da soggetti appartenenti anche alla massoneria. E se sui contatti con la massoneria non sarebbero emersi elementi tali da istruire un procedimento penale, così come per la fuga di notizia, una richiesta di intercettazione venne rigettata dal gip nella fase preliminare, una indagine parallela ha portato gli investigatori a scoprire ben altre cose. Intrallazzi nella gestione di un lascito ereditario e in una curatela fallimentare. Fatti diversi e distinti. Il nome che maggiormente risalta è quello dell’avvocata Rosa Sanna, che appare essere più una faccendiera che un vero e proprio legale, già al centro di altre indagini giudiziarie, condannata a due anni e sei mesi per alterazione di stato e corruzione in atti giudiziari e condannata di recente a cinque anni in un processo scaturito dalla denunzia di un altro avvocato, procedimento per il quale la Sanna venne fermata dagli agenti della sezione di polizia giudiziaria della Forestale mentre intascava una somma estorta. Risulta essere stata sospesa dall’ordine degli avvocati. In questo nuovo procedimento l’avv. Sanna è imputata di tentata concussione. Una vicenda, come si diceva, che ruota attorno alla gestione di un lascito ereditario, attorno ad un inventario per il quale lei avrebbe detto ai suoi assistiti di dover pagare mille euro da destinare al cancelliere Bologna, in effetti a Bologna sarebbero dovuti andare 100 euro, il resto avrebbe dovuto intascali lei. Il Sigona, marito della Sanna, è imputato di rivelazione e utilizzo di segreti di ufficio, per la Procura fu lui a dire alla moglie che il cancelliere Bologna era oggetto di intercettazioni. Bologna invece sarà imputato di falso e truffa, assieme con l’altra avvocatessa indagata nel procedimento e che ha deciso di patteggiare. In questo ambito gli illeciti avrebbero riguardato una procedura fallimentare. Quello emerso sembra essere la punta di un iceberg, gli illeciti contestati sarebbero un capitolo di altre condotte fuorilegge che nel tempo avrebbero riguardato il Palazzo di Giustizia di Trapani. L’attività giudiziaria spiata da infiltrati ben remunerati che si sarebbero preoccupati nel tempo di far conoscere anche i contenuti di attività investigative parecchio importanti. Uno scenario dove alcune ombre sarebbero da ricondurre a determinati cerchi magici veri gestiti da soggetti appartenenti alla massoneria. Con le sole ombre però è difficile fare processi. L’indagine giudiziaria quindi al momento è da ritenersi racchiusa nei due episodi contestati agli indagati di questo troncone investigativo, in particolare Bologna, l’avv. Sanna e il marito. Per tutto il resto restano solo aloni di sospetti.