Indagato il sindaco Rizzo

Operazione “Cutrara”: i nomi degli arrestati, i particolari dell’indagine, i contati con Cosa nostra americana. Tra gli indagati oltre al primo cittadino di Castellammare del Golfo, l’ex vice presidente del Consiglio comunale e l’ex presidente del Consiglio comunale di Trapani

L’operazione “Cutrara” scuote i palazzi della politica. In particolare il Municipio di Castellammare del Golfo, la cittadina dove si sono concentrati per oltre tre anni l’attenzione della Procura distrettuale antimafia di Palermo e il lavoro investigativo dei Carabinieri del Comando provinciale di Trapani. La riorganizzazione della famiglia mafiosa castellammarese agli ordini di don Ciccio Domingo detto Tempesta, 64 anni, e un passato da galeotto e sorvegliato speciale, non ha lasciato fuori dagli affari la politica. C’è la notizia di un avviso di garanzia e contestuale perquisizione che riguarda l’attuale sindaco Nicolò Rizzo, ingegnere, 59 anni. Alle ultime elezioni è stato sostenuto da un forte consenso popolare, mercè, forse, ciò che in campagna elettorale si andava dicendo sulla sua vicinanza al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cui famiglia è notoriamente originaria di Castellammare del Golfo. Questa è una parte dell’indagine rimasta blindata, nulla trapela da inquirenti e investigatori circa la contestazione mossa a Rizzo che già nelle prossime ore dovrebbe essere sentito dai magistrati a Palermo. Tra gli 11 raggiunti da avvisi di garanzia vi sono l’ex vice presidente del Consiglio comunale di Castellammare del Golfo, Francesco Foderà, per un furto patito si è rivolto a don Ciccio Tempesta, ma anche l’ex presidente del Consiglio comunale di Trapani, l’avvocato Francesco Di Bono, intercettato a discutere “amabilmente” col capo della mafia trapanese Francesco Virga, 50 anni, della risoluzione di controversie, alla maniera mafiosa, e proprio nella sua veste di legale. Virga, tornato in carcere coinvolto nell’operazione “Scrigno”, sotto processo col rito abbreviato dinanzi al gup di Palermo, è tra i 14 destinatari della misura cautelare in carcere. Gli altri, oltre a lui e a don Ciccio Tempesta sono quasi tutti castellammaresi: Rosario Antonino Di Stefano, 51 anni, Camillo Domingo, 63 anni, Daniele La Sala, 40 anni, Salvatore Mercadante, 35 anni, Gaspare Maurizio Mulè, 54 anni, Antonino Sabella, 63 anni, Francesco Stabile, 61 anni, Carlo Valenti, 42 anni. La misura degli arresti domiciliari è stata applicata a Diego Angileri, marsalese, 83 anni, ed ai castellammaresi Felice Buccellato, 79 anni, a Benedetto Sottile, detto Gheddafi, 72 anni, Sebastiano Stabile, 73 anni. In manette personaggi famosi della mafia castellammarese, per averne fatto storicamente parte o perché figli o parenti di boss mafiosi, come Salvatore Mercadante figlio di don Michele, o 
Felice Buccellato nipote di don Cola Buccellato che fu anche capo della mafia trapanese che sedeva dentro la cupola regionale, fino a quando Riina non decise di farlo ammazzare. Don Ciccio “Tempesta” non è quindi quello che veniva ritenuto essere solo uno capace di fare “dammaggi”, danni, per il suo fare proprio tempestoso, criminalmente, ma si è dimostrato uno capace di tornare libero dal carcere e mettersi a capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo e con tanto di autorità. Riconosciuta da più parti. Durante la guerra di mafia che segnò l’avvento dei corleonesi subì l’uccisione dello zio mentre il padre fu “posato”, loro facevano parte dei perdenti, ma don Ciccio è stato capace di resistere e tornare dalla parte di chi comanda, in una zona poi quella di Castellammare del Golfo, dove Cosa nostra non ha alzato bandiera bianca. A distanza di anni si scopre che don Ciccio Domingo è riuscito a evitare il fatto di essere “posato” per i suoi rapporti storici con Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro, risalente ai tempi in cui su loro ordine si era dato da fare per compiere ritorsioni contro gli agenti della polizia penitenziaria impegnati nei bracci del 41 bis delle carceri in Sardegna. Appare fedele a Matteo Messina Denaro, tanto in confidenza da essere stato autorizzato a organizzare un incontro tra i latitanti Messina Denaro e l’odierno pentito Gaspare Spatuzza, e se non è tornato a mettere mano alle armi sembra proprio averlo fatto per il rispetto dovuto al capo mafia Messina Denaro latitante dal 1993. Ma si lamenta che l’organizzazione mafiosa ha perduto lo smalto di una volta. L’indagine “Cutrara”, raccolta in oltre 400 pagine dell’ordinanza del gip Nicastro, mostra il volto di una Cosa nostra arcaica quanto ancestrale, lo si coglie questo proprio dalle frasi intercettate e pronunziate da don Ciccio Tempesta. Spregevole nei confronti dei sodali che hanno osato patteggiare, quanto nei confronti dei pentiti. Nei confronti degli avversari interni don Ciccio viene ascoltato dire che a questi non augura il carcere, “manco ai cani si augura” ma semmai direttamente la morte. Uno di questi avversari sarebbe l’imprenditore Mariano Saracino, il tesoriere della cosca castellammarese, indicato come un “tragediatore”. “Sarebbe buona cosa fare un guerra ma i tempi sono diversi…non c’è … e non c’è più … più nessuno disposto a fare una cosa di questa…ci vuole un’altra botta cosi ci vuole e che minchia li cristiani vero . .. siamo stanchi!…Le cose sono cambiate perché sono cambiate anche le epoche non è solo un cambiamento è che non ci sono più li cristiani che c’erano una volta…culturalmente non ci sono più i picciotti ora sono diversi”. Interessante il capitolo dell’indagine sui contatti con Cosa nostra americana, storica capacità della mafia castellammarese a tenere rapporti con i mafiosi residenti negli States. Don Ciccio Tempesta è imparentato con il primo capo mafia italoamericano Salvatore Maranzano, figlioccio di Antonino Giuseppe Montagna, padre di Sal Montagna ammazzato in Canada nel 2011. L’indagine antimafia ha visto don Ciccio a tenere forti legami con i nuovi capi mafia americani legati ai Bonanno. Prove sono arrivate anche dall’Fbi anche a proposito di attività ordinate da don Domingo per riorganizzare alcune famiglie mafiose negli Usa. Per don Ciccio Tempesta insomma il riconoscimento di essere capo indiscusso della mafia castellammarese gli era giunto anche da oltreoceano.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.