#Ijf19, Raffaele Cantone e la corruzione come “furto di futuro”

#Ijf19, Raffaele Cantone e Amalia De Simone sulla corruzione in Italia

PERUGIA. Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione, combatte da anni la corruzione in Italia e ieri, al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia, ha spiegato che la prevenzione è più efficace della cura. Insieme alla giornalista di inchiesta del Corriere della Sera Amalia De Simone, ha tracciato le linee guida per riconoscere la corruzione e per prevenirla.

Stimolato dalla giornalista De Simone, si è soffermato su quella che lui definisce una “idiosincrasia” italiana: “In Italia i controlli non piacciono. Il punto è che con i soldi pubblici bisogna fare massima attenzione, perché sono soldi di tutti. Il nuovo meccanismo dei sub appalti non mi fa paura, l’Italia è piena di piccole imprese, non mi spaventa il nuovo testo che alza i sub appalti fino al 50%, occorre però alzare le pene per questo tipo di reati. Un furto d’auto non può essere più grave di un caso di corruzione. Un furto di un bene privato non può essere considerato alla stessa maniera di un furto di denaro pubblico. Non credo che la sola prevenzione della corruzione sia sufficiente, può funzionare solo con la repressione. Non godo se qualcuno va in carcere, ma non è scandaloso che un condannato per corruzione sconti la pena in carcere invece di giocare a scopone”. Il miglior poliziotto è la luce, cioè la trasparenza deve essere sempre più il tema principale. Chi non ha niente da nascondere perché dovrebbe avere paura della trasparenza? Regolarità e trasparenza camminano insieme. Dove c’è trasparenza è molto più difficile commettere illeciti. Io voglio sapere come vengono spesi i soldi pubblici perché sono di tutti, è giusto che i cittadini sappiano. La trasparenza non può essere derogata in democrazia”.

Cantone ha messo l’accento sulla legge italiana sulla trasparenza, una legge molto giovane. “La nostra legge è del 2013, siamo molti in ritardo rispetto agli altri Paesi. Chiaramente stiamo facendo molti passi avanti, ma ancora i controlli fanno paura. L’ANAC invece è un modello per molti Paesi esteri, dove le mafie ormai investono e trasferiscono ingenti capitali. Su questo tema c’è un vuoto normativo che chiaramente va colmato. Per anni c’è stata una sottovalutazione internazionale su questi tempi. Quando ci dicono che “Italia uguale mafia” rispondiamo che l’Italia è anche, e soprattutto, antimafia. Falcone e Borsellino, per esempio, erano italiani”.

Sulla questione dei giornalisti ha posto l’accento su un paradosso tutto italiano: “Oggi i giornalisti possono divulgare atti giudiziari pubblici ma non possono averne copia. Devono chiederli a qualcuno: questo riduce la loro libertà. Per questo i giornalisti dovrebbero poter accedere direttamente agli atti giudiziari pubblici”.

Cantone infine ha tracciato un piccolo bilancio sul lavoro dell’ANAC: “Riceviamo tantissime segnalazioni e denunce. Ma c’è un tema culturale da superare, che va oltre la legge. L’ANAC è ben conosciuta da tutti, ma forse ancora poco capita: ci dicono che non possiamo arrestare? Ma non è il nostro compito. Ci dicono che la corruzione si combatte con il buon senso? Si tratta di un’affermazione senza senso. È stato detto anche che sono i controlli che stimolano la corruzione, mi sembra davvero paradossale. Chi denuncia e segnala fatti di corruzione, non può rischiare di rimanere isolato o licenziato, è il tema culturale che bisogna superare”.

La corruzione ci ruba il futuro. Influenza, per esempio, sulla cosiddetta fuga di cervelli. Perché non premia la meritocrazia”. Sul decreto “sbloccacantieri” si è espresso senza mezzi termini: “Non credo che il decreto rimuova tutti gli ostacoli dell’economia italiana.”

Sulla costituzione parte civile del Viminale nel processo all’ex Sindaco di Riace Mimmo Lucano ha detto: “Trovo giusto la costituzione di parte civile, ma spero lo faccia sempre”.

Infine, alla nostra domanda sul ruolo della massoneria segreta in Italia nei casi di corruzione ha spiegato: “Su questo abbiamo pochi dati sicuri. Molte delle indagini sulla massoneria si sono chiude con pochi risultati significativi. I polveroni ci interessano poco, però chiaramente ci sono meccanismi di scarsa trasparenza. Al di là della parola massoneria, sono ambienti in cui si incontrano lobby affaristiche che si muovono verso affari, appalti, consulenze, incarichi professionali e nomine. Son meccanismi pericolosi, a prescindere dalla massoneria. La massoneria non va criminalizzata, ma io personalmente parteciperei ad un’associazione soltanto se è trasparente”.

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Emanuel Butticè
Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.