Il “fortino” dei gioiellieri

Castelvetrano: ai domiciliari Tommaso e Antonio Geraci

In codice l’hanno chiamata “operazione Fort Hnox” e il fortino assaltato è stato quello di due gioiellieri di Castelvetrano, specialisti nei “compro oro”, Tommaso e Antonio Geraci, padre e figlio, di 65 e 37 anni, rispettivamente fratello e nipote del pentito di mafia Francesco Geraci, gioielliere anche lui, custode del tesoro di Toto’ Riina e braccio destro del latitante Matteo Messina Denaro. Geraci fu tra i primi pentiti che raccontò l’ascesa del capo mafia Messina Denaro, fu a lui che l’allora giovane Messina Denaro confidò che con i suoi delitti avrebbe potuto riempire un cimitero. I fratelli Geraci furono poi coinvolti nella finta compravendita di un vigneto di proprietà della famiglia D’Alì a Castelvetrano in contrada Zangara, a firmare l’acquisto fu proprio Francesco Geraci ma il vero proprietario era Totò Riina. L’ordine di arresto eseguito stamane è stato spiccato dal gip del Tribunale di Marsala su richiesta della Procura. Le indagini e in particolare quelle condotte dal Nucleo di Polizia economico finanziaria hanno portato al sequestro di beni per oltre un milione e settecentomila euro, una lussuosa villa, dimora dei Geraci, una imbarcazione, autovetture di ingente valore, oltre alla loro società GIA srl, operante nel settore dei metalli preziosi, e infine conti correnti. Le accuse per i due sono quelle di riciclaggio e false fatture. I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale hanno puntato l’attenzione sui due perché gestori di negozi di “compro oro” a Castelvetrano e Mazara, lì era stata creata una rete per il riciclaggio e al reimpiego di notevoli quantità di oro di provenienza illecita, rubato, tanto vasta la rete che nell’indagine sono indagate tredici persone. Tra questi noti soggetti malavitosi che cedevano ai Geraci l’oro proveniente da furti e rapine, indagati inoltre alcuni titolari di negozi “compro oro” che, attraverso numerose fatture per operazioni inesistenti, consentivano di occultare la provenienza illecita  dell’oro permettendo per se e per i Geraci di ottenere un notevole risparmio di imposta.  Secondo le indagini di Carabinieri e Finanza l’oro proveniente da furti e rapine finiva sotto il controllo di Tommaso Geraci, che cercava di celare la originaria provenienza criminale attraverso fatture per operazioni inesistenti. Oro poi venduto ad alcune fonderie. Ottenendo così somme di denaro perfettamente ripulite.L’indagine ha  dimostrato un consolidato sistema di riciclaggio di denaro, dimostrato dal rilevantissimo ammontare delle  fatture per operazioni inesistenti.  Le articolate e penetranti investigazioni esperite in sintonia da Carabinieri e Finanzieri, diretti dalla Procura della Repubblica di Marsala, hanno di fatto permesso di svelare questa ben oleata rete, ricca di complicità, ove tutti i soggetti guadagnavano illecitamente ingenti somme di denaro a discapito delle vittime dei furti e delle rapine nonché dei contribuenti. Tra i 13 indagati poi vi sono soggetti accusati di ricettazione e impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita.

CONDIVIDI
Commenti Facebook
Articolo precedenteAlcamo, a rischio le somme per il Castello di Calatubo: “In attesa di risposte dal Comune”
Articolo successivoSalaparuta, incidente sul lavoro per operaio edile. Tumbarello (Uil): “Misure di sicurezza e prevenzione insufficienti”
Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.