Capaci, dove la mafia non si arrende

Viaggio nella cittadina segnata dalla strage del maggio 1992. Eredità pesante per la nuova amministrazione. L’affare di un centro commerciale e i suoi nomi “pesanti”

C’è una Sicilia che vuol resistere al cambiamento, e questo si sa. Gli esempi non mancano, ma stupisce che questo avvenga anche laddove lo sfregio mafioso è stato pesante, tragico.

Percorrendo l’autostrada A29 tra Palermo e Trapani, ci sono le due alte stele nel punto esatto in cui il 23 maggio 1992 la mafia uccise Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Capaci è indubbio che rappresenti nella coscienza civile un emblema del male stragista e un punto da cui guardare avanti nella geografia della lotta contro la mafia – anzi contro le mafie, possiamo dire, visto il significato che oramai in tutta Italia si dà alla data del 23 maggio – e mai indietro.

Adesso a Capaci c’è una amministrazione nuova, guidata dal dem Pietro Puccio. Il neo sindaco fu già primo cittadino di Capaci proprio dopo la strage del maggio 1992. Ciò che seminò il sindaco Puccio però nel tempo si ha l’impressione che sia andato perso e che oggi è come se debba ricominciare daccapo. Girando oggi infatti per il paese, guardando e parlando con la gente, si coglie qualcosa di incredibilmente grave, c’è chi confida come la precedente amministrazione, guidata da Sebastiano Napoli, avrebbe addirittura rischiato lo scioglimento per inquinamento mafioso. Questo però non è successo, può ben vantare l’ex sindaco Napoli. Ma il sindaco Puccio ha raccolto una eredità pesante. Lui stesso però già durante la campagna elettorale è apparso essere ben consapevole, dal tenore dei suoi interventi, e non solo suoi ma anche di altri candidati, durante la vigila del voto.

La campagna elettorale a Capaci per le ultime amministrative ha registrato infatti parole schiette proprio sul tema di certi contatti pericolosi e di politici che non avrebbero rispettato la distanza di sicurezza da alcuni soggetti poco raccomandabili. Un esempio. Salvo Puccio, neo eletto consigliere comunale, in campagna elettorale schierato con il candidato Pietro Puccio, non è andato tanto per il sottile contro l’uscente Giunta, puntando il dito verso i precedenti pubblici amministratori. Le sue dichiarazioni sono ancora ben leggibili sui social: “Era – ha detto Salvo Puccio rivolto all’uscente Giunta – un’amministrazione dove in tanti si coprivano l’uno con l’altro”, come se tutto fosse finalizzato solo e soltanto alla spartizione del potere.

Capaci, come territorio, in particolare, pare faccia “gola” a tanti uomini del malaffare, a sfregio di ciò che Il comune rappresenta nella realtà della rivolta antimafia. In particolare, uomini delle famiglie mafiose dell’hinterland palermitano avrebbero da tempo messo in questa parte di territorio il cappello su tante cose: movimento terra, edilizia, distribuzione carburanti. Uomini legati ai clan mafiosi di Brancaccio, e che erano parecchio operativi a Capaci, sono stati arrestati proprio l’anno scorso da Polizia e Guardia di Finanza. Tra questi, furono arrestati Gaetano Lo Coco e Francesco Paolo Clemente che si occupavano anche della gestione di un lido capacense, con tanto di gara bandita dal Comune e vinta. In giro per il comune è facile incontrare Giuseppe Vassallo, già condannato per reati di mafia riguardanti affari della famiglia di Palermo San Lorenzo. Nell’ambito delle principali attività economiche di Capaci, uno dei più influenti costruttori edili è Vincenzo Billeci, figlio di Rocco, un soggetto coinvolto per intestazione di beni del boss Badalamenti. Il nome dei Billeci, padre e figlio, compare all’interno di una confraternita religiosa del posto, che prima dell’arrivo di mons. Pennisi a capo della Diocesi di Monreale, nella processione del Venerdì Santo era solita fermarsi davanti casa di Rocco Billeci, dove il sacerdote saliva per impartire dal balcone di questi la benedizione a chi stava in processione. Mons. Pennisi , fattosi subito ben ascoltare a proposito di contrasto alla mafia nella terra della sua Chiesa, durante l’ultima processione, ha imposto la modifica del percorso: niente più sosta sotto all’importante “balcone”.

Ma a Capaci c’è fermento anche per altro. La nuova amministrazione del sindaco Pietro Puccio ha ereditato dalla precedente una variante urbanistica legata alla costruzione di un centro commerciale. L’area in questione, a destinazione artigianale, estesa trenta ettari, è la cosiddetta ex Vianini, si trova in via Vittorio Emanuele, dove c’è un oramai diroccato fabbricato nel quale si costruivano pali in cemento, un’area che una volta era destinata, in un piano triennale delle opere pubbliche del Comune di Capaci, quello 2013/2015, per costruire una caserma. È stata chiesta la modifica per destinarla a insediamento commerciale.

L’area ex Vianini oggi è di proprietà di una società, P.R. srl, quella intenzionata a costruire il centro commerciale. Costo dell’area: 3 milioni di euro. Sono due le società che compartecipano alla P.R., la A.P. service e la C.D.S. spa; della prima è amministratrice Angela Pisciotta, della seconda Massimo Michele Romano, titolare della catena di supermercati Mizzica-Carrefour Sicilia.

Leggendo i nomi si capisce che si tratta di un “gioco grosso assai”. Romano è nome diventato ancor più famoso da quando è tra gli indagati dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta “Double Face” , quella che ha travolto l’ex numero uno di Confindustria Sicilia Antonello Montante, indagine arrivata dinanzi al gup per il rinvio a giudizio. Ma in questa vicenda non c’è solo il nome di Romano che porta all’indagine nissena. Anche per la società dell’area ex Vianini salta fuori lo studio legale Schifani Pinelli, il cui fondatore è il senatore Renato Schifani, ex presidente del Senato, altro indagato dell’inchiesta nissena “Double Face.” Indubbiamente possiamo dire che si tratta di casuali coincidenze. Però si tratta anche di qualcosa dove tanti sono gli interessi. È cosa nota che in Sicilia tante vicende sulla realizzazione di centri commerciali si sono incrociate in indagini antimafia, cominciando dai famosi Despar di Grigoli e Messina Denaro. Sui centri commerciali parecchi sono gli interessi ad alta tensione, e potrebbe accadere di prendere una forte scossa a toccare questi fili. E sull’area ex Vianini di Capaci pare che prendere la scossa è cosa possibile.

Per completare l’iter della variazione di destinazione urbanistica serve una nuova delibera che incida sul Piano regolatore. Ma questo è un passaggio rimasto in sospeso dall’amministrazione del sindaco Napoli. Un passaggio che non si è compiuto per evidenti tensioni dentro l’allora maggioranza, soprattutto dopo che sulla proposta di “variante urbanistica” per il centro commerciale nell’area ex Vianini si sarebbe aperta una indagine.

A Capaci nessuno, ancora oggi, conferma l’indagine ma se ne colgono alcuni spunti. Per esempio il presidente del precedente Consiglio comunale Giovanni Carlo Puccio fu convocato dai carabinieri dopo un’animata seduta consiliare. Da quello che risulta dal verbale della seduta del 10 novembre 2017 sulla delibera 78, un consigliere, rivolto al presidente Puccio, sollecitava la messa in votazione della delibera che serviva a riconoscere interesse pubblico al progetto ed esclamava: “mettilo ai voti…mettilo ai voti…Presidente mettilo ai voti…non fare ostruzionismo e non fare il fango, te lo dico in italiano”. Un anno prima era successo che un altro consigliere, durante la seduta del 23 novembre 2016, durante la discussione di una delibera propedeutica a dare il lasciapassare tecnico per l’area ex Vianini, aveva sollevato dubbi anticipando la richiesta di trasmettere ogni cosa alla magistratura. Poi d’improvviso sulla vicenda sembra essere calato il silenzio. Nessuno ne parla più, né negli ambienti politici che in quelli investigativi. I nomi in campo, a cominciare da quello dell’imprenditore Romano, non suscitano più adeguata attenzione, e l’iter burocratico va avanti.

Adesso ogni cosa dovrà deciderla la nuova giunta che però deve anche tenere conto di un parere vincolante del progettista del Piano Regolatore.

Ma l’aria che tira, fondata sulle norme di legge, pare non essere a sfavore del nuovo centro commerciale. Certamente, conoscendo il sindaco Pietro Puccio, che senza successo abbiamo cercato di interpellare su tutta questa vicenda, tutto questo dovrà risultare compatibile con il lavoro della nuova amministrazione che è anche altro: quello di riportare Capaci al centro dell’azione di contrasto a Cosa nostra. L’azione del sindaco Puccio è apparsa subito chiara e un funzionario è stato già rimosso dall’incarico.

Per adesso ci fermiamo qui in questo viaggio a Capaci. Ci sono altre cose da raccontare. Una la anticipiamo subito. Capaci per certi versi ci è apparso essere il paese de “Il giorno della civetta” dove tanti si inchinavano a don Marianino che al di sopra di ogni potere pubblico ricompensava sempre i suoi compaesani di attenzioni. In ultimo facendo trasferire il capitano Bellodi, un carabiniere che con le sue indagini dava fastidio, a don Marianino e al suo paesello. Fastidio assai. E’ una storia di ieri ma potrebbe essere una cronaca di oggi.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.