La storia dei fratelli Amato

Produttori oleari da oggi sono ai domiciliari per bancarotta. Anche Cosa nostra si interessò ai loro debiti

Dapprima hanno avuto a che fare con Cosa nostra che nei loro confronti si è comportata da “agenzia recupero crediti” e adesso con lo Stato che ha loro presentato il conto per denari sottratti all’erario e alla curatela fallimentare. E’ la storia di due produttori oleari di Partanna, centro della Valle del Belice, in provincia di Trapani. Con l’accusa di bancarotta fraudolenta, la Guardia di finanza di Castelvetrano  ha infatti arrestato due produttori di olio di oliva, i fratelli Leo e Tommaso Amato, adesso  posti agli arresti domiciliari su disposizione della Procura della Repubblica di Sciacca. I due produttori sono accusati di “plurime condotte di bancarotta fraudolenta, per debiti insoluti per oltre 3 milioni di euro”. Secondo le indagini della Finanza i due fratelli al fine di continuare a beneficiare di finanziamenti bancari ed operare senza debiti commerciali, hanno distratto le poste attive della società dichiarata fallita a beneficio di altre due aziende, una società agricola già esistente e ad essi intestata ed una nuova società costituita ad hoc, intestata ad una prestanome. Per operare negli stessi spazi aziendali dell’impresa fallita gli indagati hanno simulato contratti di comodato d’uso del capannone con la neo costituita società, a cui hanno anche ceduto a prezzi stracciati macchinari e attrezzatura, la cui fattura di vendita non è stata nemmeno saldata. In quest’ultima società hanno poi assunto gran parte dei dipendenti della fallita, alcuni dei quali, sentiti dai finanzieri, hanno dichiarato addirittura di disconoscere di essere passati alle dipendenze della new company, che di fatto veniva gestita direttamente dai due fratelli Amato  i quali, come accertato attraverso mirate intercettazioni telefoniche, si rapportavano quotidianamente con i clienti italiani ed esteri, con cui stabilivano prezzi, modalità di spedizione e di fatturazione. E’ stata altresì accertata “la sottrazione di rimanenze di magazzino per un valore di circa mezzo milione di euro”. I finanzieri le hanno individuate analizzando i codici numerici riportati su alcuni lotti sequestrati in ambito nazionale nel corso di un parallelo contesto penale, curato da altri organi ispettivi, inerente al delitto di frode in commercio che ha coinvolto sia la società fallita che la new company, derivante dalla accertata vendita di olio “Nocellara del Belice D.O.P. Il nome dei fratelli Amato è emerso anche nel corso di recente indagini antimafia nel trapanese. Ne è venuto fuori uno spaccato interessante, di come Cosa nostra si sia occupata di fare recuperare il denaro dovuto a un paio di creditori dei fratelli Amato.  I due odierni arrestati infatti avevano pendenze debitorie con alcuni coltivatori della zona belicina, che avevano concesso la loro produzione di olive presso il loro oleificio. Pendenze debitorie per le quali era intervenuta la cosca mafiosa di Castelvetrano e in particolare Gaspare Como, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro ed il capo della cosca mafiosa di Partanna, Nicola Accardo. Richiamati all’ordine e appellati dai mafiosi come dei “ladri”  i due fratelli Amato alla fine hanno dovuto cedere alle pressioni del clan mafioso, pagando quanto dovuto ai loro creditori che si erano rivolti a Cosa nostra.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.