“La libertà di informazione”

L’intervento del Presidente Mattarella oggi al Qurinale in occasione della cerimonia della consegna del “Ventaglio” da parte della stampa accreditata

Di seguito vi proponiamo il testo dell’intervento del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Una autorevole difesa dell’articolo 21 della Costituzione.

La ringrazio, Presidente, per il bel Ventaglio, per le sue interessanti considerazioni e per gli auguri di buone vacanze, che ricambio per tutti i presenti con molta cordialità.

Incontrare i giornalisti della stampa parlamentare rappresenta un’occasione per ribadire l’importanza primaria della libertà di informazione.

Questa non è un prodotto ma un diritto fondamentale, tutelato dalla Costituzione.

L’art. 21 garantisce, con sobria efficacia, determinata, questo diritto, che fornisce sostanza alla democrazia dei moderni.

La libertà di informazione e i diritti che vi sono collegati – e il sostegno, funzionale ad assicurarla in concreto – alimentano il circuito democratico.

Attraverso l’informazione i cittadini acquisiscono elementi di conoscenza per elaborare opinioni, che devono essere libere e consapevoli.

I media stanno attraversando una stagione di grandi trasformazioni, con nuovi mezzi di ampia diffusione.

L’abbondanza informativa, offerta dal web, è preziosa ma occorre evitare che, con essa, si riduca il livello dell’approfondimento e la capacità di stimolare riflessioni. Insomma, evitare che ne derivi una forma di povertà critica o di rifiuto del confronto con le altrui opinioni.

Questo è il compito di quella che chiamiamo libera stampa, che ricomprende, ovviamente, anche l’informazione radio, tv e digitale.

La dimensione digitale costituisce per molti aspetti – largamente prevalenti – un grande contributo all’unità del Paese: realizza una connettività che lo rende più integrato e più saldo nei vincoli che lo tengono insieme.

Siamo tutti consapevoli, naturalmente, che vi sono usi distorti – talvolta allarmanti – del web.

Vi appaiono segni astiosi, toni da rissa, che rischiano di seminare, nella società, i bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell’ostilità preconcetta che puntano a sottoporre i nostri concittadini a tensione continua.

Sta a chi opera nelle istituzioni politiche – ma anche a chi opera nel giornalismo – non farsi contagiare da questo virus, ma contrastarlo, farne percepire, a tutti i cittadini, il grave danno che ne deriva per la convivenza e per ciascuno. Vi è il dovere di governare il linguaggio.

Con il coraggio, se necessario, di contraddire opinioni diffuse.

L’Italia non può diventare- non diverrà – preda di quel che Manzoni descrive, con efficacia, nel trentaduesimo capitolo dei Promessi Sposi, a proposito degli untori e della peste: “Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.

La Repubblica vive dell’esercizio delle responsabilità da parte di ciascun cittadino: ognuno faccia uso dei suoi diritti e adempia ai suoi doveri.

Vale per me, anzitutto, chiamato a rappresentare l’unità del Paese e a concorrere all’ordinato funzionamento degli organi istituzionali. Così come a me compete ricordare, a ciascuno, il rispetto dello stesso principio.

Le finalità sono tracciate, con chiarezza, nel testo della Costituzione e verso di esse devono convergere le pubbliche amministrazioni, nell’imparzialità della loro funzione, diretta a servizio di tutti i cittadini.

Il limite dell’intervento dello Stato è indicato, limpidamente, laddove è pienamente riconosciuto, alla società civile, di esprimersi in tutte le forme organizzate della vita economica e sociale, senza interferenze da parte delle autorità pubbliche tese a influenzarne l’attività.

Da questo patrimonio nasce la reputazione di un Paese ordinato, bene amministrato, coeso.

La reputazione è un bene comune, collettivo. Indisponibile. Sottratto a interessi di parte perché costruito, nel tempo, con il contributo del nostro popolo.

E’ patrimonio di storia, di cultura, di valori che disegna il ruolo dell’Italia nella comunità internazionale. Ovunque si vada, si registra un gran desiderio di collaborazione e di interlocuzione stretta e concreta con l’Italia.

Tutto ciò che intacca questo patrimonio ferisce l’intera comunità.

Mi ha molto colpito un fatto di cronaca di questi giorni.

L’Italia non può assomigliare al Far West, dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione.

Il buon senso manzoniano ci suggerisce – come lei ha fatto poc’anzi, caro Presidente – di occuparci delle grandi questioni che abbiamo di fronte, esercitando il dovere, ineludibile, della responsabilità.

Rischi del nucleare e corsa agli armamenti mettono a prova ulteriore la tenuta della pace nel mondo, già gravemente ferita da conflitti in corso e da occupazioni militari di territori altrui. Non sono episodi lontani, che non ci riguardano: il mondo si è ristretto e si tratta di segnali allarmanti.

Si avvertono incrinature dell’ordine internazionale. Questo ha, periodicamente, – come è ovvio – bisogno vitale di essere aggiornato, adeguato, migliorato ma destrutturarlo, vanificandone i principi di convivenza fra Stati liberi e uguali, provocherebbe incertezza e instabilità.

Vengono ogni tanto preannunziate guerre commerciali. Queste, nel corso del tempo, hanno spesso condotto ad altro genere di guerre.

Affiorano, talvolta, concezioni e pulsioni proprie dell’Ottocento e della prima parte del Novecento; seduzioni che sembrano rimuovere le lezioni della storia.

Grandi conquiste della storia e della civiltà dei rapporti internazionali, come la scomparsa della frontiera tra Francia e Germania, tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord rappresentano patrimonio dell’umanità.

Emblematica, a questo riguardo, la trasformazione del Brennero da elemento di separazione ad anello di congiunzione e di vita comune, che improvvide iniziative, paradossalmente a un secolo dalla fine della prima guerra mondiale, rischiano di contraddire.

Si tratta, in definitiva, di contrastare tendenze alla regressione della storia.

Sessantacinque milioni di profughi in varie parti del mondo danno la misura di un fenomeno epocale, collegato anche ai diversi andamenti demografici.

Su questo piano l’Italia ha, tante volte, chiesto all’Unione Europea di far fronte alla propria responsabilità rispetto al fenomeno migratorio. Registriamo adesso, sulla ripartizione dei migranti, segnali finalmente positivi da parte di diversi Paesi dell’Unione. Passo dopo passo, occorre che l’Unione elabori, definisca e predisponga un piano di interventi per governare il fenomeno e non per subirlo.

Su tutti i fronti aperti e le grandi questioni, in realtà, l’Unione deve esprimere con vigore il suo ruolo.

Attraversiamo un periodo di instabilità, e le scelte di questo periodo determineranno la convivenza mondiale per lungo tempo: o gli europei ritrovano le ragioni del rilancio dell’Unione o è prevedibile il declino del continente rispetto ai grandi protagonisti della vita internazionale, mentre in molte parti del mondo si guarda all’Unione europea come a un modello da imitare, con cui dialogare e collaborare.

Marianna Degli Esposti – alla quale esprimo un grande apprezzamento per il bel ventaglio – ha disegnato l’Europa come legata da un tessuto connettivo inestricabile, insuscettibile di separazione, e indicando la stampa come elemento portante di questa connessione.

E’ una raffigurazione efficace; e aderente alla realtà. La libera stampa è uno dei elementi che contrassegnano l’Europa e costituisce un suo grande contributo alla civiltà del mondo.

Voi accompagnate, narrate, analizzate, criticate le vicende della vita politica e istituzionale e, in questo modo, contribuite alla sua qualità e al suo buon livello.

Una vita politica e istituzionale che fosse priva di questa condizione sarebbe inevitabilmente distorta, e a rischio di involuzioni.

Per questo gli auguri per voi sono particolarmente intensi.

fonte quirinale.it

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